Dall'altra parte dello schermo, collegato via Zoom, Dwayne Johnson ci accoglie con un sorriso, pronto per l'intervista. Ci chiama per nome, rompe immediatamente le distanze, anche grazie alla sua consueta calma. Dietro le sue parole, però, si intuisce che The Smashing Machine non è stato per lui un progetto qualunque. Anzi. Interpretare Mark Kerr - leggenda dell'MMA segnata da successi, crolli e dipendenze - ha richiesto una trasformazione che l'attore definisce "Un salto spaventoso e necessario". Fin dalla presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, The Rock ha sempre precisato quanto il film, diretto da Benny Safdie, sia stato per lui qualcosa di profondamente ispirante, fondamentale per la sua carriera.
The Smashing Machine: intervista video a Dwayne Johnson
The Smashing Machine, nel quale ritrova l'amica Emily Blunt (l'attrice interpreta Dawn Staples, compagna di Kerr), si regge su due elementi: dolore e forza. Entrambi gli elementi sono fondamentali nel cinema, nello sport e nella vita. Su questo spunto, Dwayne Johnson non esita e dice: "Il dolore? Oh, credo che non sia negoziabile. Tutti, in un modo o nell'altro, lo attraversiamo. Solo negli ultimi due anni ho capito davvero che va bene così. Il dolore e la sofferenza ci rendono migliori".
Johnson riflette anche sul significato del dolore quando si parla dei figli. "Non vuoi che soffrano troppo, li vuoi proteggere. Ma un po' di dolore è importante. Essere abbattuti, vivere una perdita... Bisogna sperimentare il dolore per crescere". Quello che fa la differenza, tuttavia, è come affrontiamo ciò che ci ferisce. "Dobbiamo gestire il nostro dolore nel miglior modo possibile, non in modi che poi si ritorcono contro di noi. E Mark Kerr ha lottato proprio con questo: demoni, dipendenze, incapacità di elaborare il dolore".
La sfida emotiva e fisica di The Rock
The Rock, che per il ruolo ha affrontato una trasformazione fisica non indifferente, sparendo dietro il profilo di Kerr, si è poi concentrato sull'importanza di lasciare la zona di comfort. "È fondamentale lasciare le certezze", sottolinea. "La verità è che mi mancava sentirmi a disagio. È uno dei motivi principali per cui ho voluto questo ruolo". Il lavoro svolto per incarnare Kerr non è stato semplice: "sapevo che mi avrebbe messo paura. Ho preso tredici chili, cambiato voce, scavato dentro emotivamente. E stavo interpretando un uomo vero, ancora vivo, che ha affrontato overdose e dipendenze. Non è una storia di vittoria scintillante. È l'altra metà della medaglia: perdita, dolore"_.
E prosegue: "volevo buttarmi dalla scogliera. Essere così a disagio da pensare: 'Se sopravvivo a questo salto, posso farlo ancora'". Un salto creativo che lo sta spingendo a collaborare con alcuni dei registi che più ammira. "Ora sto lavorando con Martin Scorsese, e sto sviluppando un progetto con Darren Aronofsky (Breakthrough ndr.). Sono tutti precipizi, e io voglio saltare con questi registi. Non si tratta solo di sfidare me stesso: speriamo di creare film e opere che durino nel tempo"_.
La forza, oltre i muscoli
Sul tema della forza, Dwayne Johnson è altrettanto chiaro. Scandisce le parole, le soppesa, riflette. "La forza è il catalizzatore che ci aiuta ad attraversare le difficoltà. Lo dico sempre ai miei amici: 'Resta forte.' È difficile, perché il mondo è rumoroso, caotico, pieno di pressioni. Ma la forza è fondamentale". Poi indica prima il braccio, poi il petto, infine la testa. "La forza non è solo fisica. È qui nel cuore. E soprattutto qui in testa. Questo è il muscolo più importante"_.