Se pensiamo alla saga di Dune di Denis Villeneuve, la prima cosa che ci viene in mente è l'incredibile impatto visivo, oltre alla potenza delle immagini e alla forza iconografica di alcuni elementi, come i vermi delle sabbie. Così, sapere dell'arrivo di Dune: Prophecy e della lavorazione della serie tv, ci aveva lasciati un pizzico perplessi, perché con i budget di una produzione seriale, per quanto solida e ambiziosa come possono essere quelle HBO, si rischiava di ridimensionare quella ricerca visiva, delundedoci.
C'era però un elemento a contrastare quel dubbio e darci speranza e stuzzicare la curiosità: Dune è anche grande fantascienza, intesa nel senso più puro del termine, di quelle storie che sono capaci di parlare del nostro mondo guardando altrove, indagando realtà differenti in cui far riecheggiare la nostra. E questo abbiamo ritrovato anche in Dune: Prophecy, ancor più che nei film per il grande schermo, perché lo spazio di una narrazione seriale permette di approfondire i personaggi, la loro umanità, le loro debolezze e subdole ambizioni e intrighi.
Nel passato di Dune
La premessa della serie (disponibiile su Sky e NOW), basata nello specifico sul romanzo Sisterhood of Dune, è intrigante per chi ama la storia che è già stata raccontata negli ultimi anni al cinema, perché ci porta in un passato remoto: siamo infatti 10000 anni prima dell'ascesa di Paul Atreides a cui stiamo assistendo nei lungometraggi di Villeneuve e seguiamo il percorso di due personaggi altrettanti magnetici, le due sorelle Valya e Tula Harkonnen. Le seguiamo mentre fronteggiano forze che minacciano il futuro dell'umanità e, soprattutto, mentre danno vita a quella potente sorellanza che si sottopone a un intenso addestramento fisico e condizionamento mentale per arrivare a ottenere delle abilità al di là dell'umano: le Bene Gesserit che ci hanno già conquistati su schermo per la resa dei due recenti film.
Intrighi, mistero e ambizioni nel gioco di potere della serie
In Dune: Prophecy ci si muove allora tra intrighi e sotterfugi, trame da ordire e intrecci da seguire. È buono il lavoro di scrittura che supporta questo background lungo cui muoversi, al netto di una sensazione che per noi è stata positiva ma che potrebbe spiazzare qualcuno: più volte nel corso della visione sono emerse suggestioni e reminiscenze da Game of Thrones, facendoci pensare quasi a una versione in sala sci-fi delle serie tratte da Martin(e parliamo anche di House of the Dragon).
Per noi è ovviamente un parallelo positivo, perché evocare una delle eccellenze seriali dei tempi recenti non può non esserlo, ma può però destabilizzare, almeno in prima battuta. Chi ama i film potrebbe avere un'idea differente di cosa aspettarsi dalla serie HBO. Si resta comunque intrappolati in questo intreccio, affascinati dalle figure che lo navigano e dei loro interessi.
Un cast magnetico per Dune: Prophecy
E questo succede anche per la qualità del cast nel suo complesso, tra cui dobbiamo necessariamente citare le due protagoniste Emily Watson, che interpreta Valya Harkonnen, e Olivia Williams, che porta su schermo sua sorella Tula. Le due attrici guidano un insieme di interpreti che assicura credibilità e spessore al racconto e si dimostra capace di dar vita in modo solido ai tanti dialoghi della serie, che però ci riserviamo di valutare con maggior completezza quando avremo visto anche gli ultimi episodi della prima stagione (in anteprima ne abbiamo visionato quattro su sei).
Dune: Prophecy non è però solo una serie molto parlata, non è solo su dialoghi e intrighi che basa il suo fascino, perché i valori produttivo sono elevati, come sempre in casa HBO, e la costruzione visiva cerca di mantenere la continuità estetica con i film, creando qualcosa che abbia una proprio personalità e dignità. Si punta meno sull'impatto estetico, ma quando ci si concede spazio per inquadrature e sequenze di maggior respiro, il risultato è in ogni caso notevole. Se da una parte la serie ci ha incuriositi per la sua volontà di costruire qualcosa di autonomo e indipendente dai film, dall'altra ha soddisfatto almeno in parte la voglia di tornare nel mondo inventato da Frank Herbert. Un compromesso raggiunto con equilibrio che ci ha sorpresi in positivo.
Conclusioni
È una buona produzione che ci ha prima spiazzato e poi sorpreso Dune: Prophecy, perché da una parte non è il prequel che ci aspettavamo per i film di Denis Villeneuve (di cui enfatizza alcuni aspetti a discapito di altri), ma dall’altra ci ha catturati nei suoi intrighi e le sue macchinazioni. Buona la prova delle due protagoniste Emily Watson e Olivia Williams, che ci conducono nel cammino che porterà a quel gruppo di personaggi così affascinanti che sono le Bene Gesserit.
Perché ci piace
- I valori produttivi elevati, che riescono a tener testa alle incarnazioni cinematografiche del franchise, quando si concedono lo spazio per farlo.
- La prova delle protagoniste Emily Watson e Olivia Williams.
- Tutto il cast, che dà valore e spessore ai tanti dialoghi della serie.
- Intrighi, macchinazioni e intrecci che sanno de Il Trono di Spade e House of the Dragon...
Cosa non va
- ... e per questo potrebbero spiazzare chi si aspetta qualcosa di differente.
- Non avendo visionato il finale, non sappiamo se e quanto le linee narrative che stiamo seguendo arriveranno a compimento.