La diatriba sul doppiaggio nel nostro paese è una querelle infinita che probabilmente non troverà mai pace. In maniera non troppo differente - anche se infinitamente meno importante, ci mancherebbe - dal conflitto che da decenni sta angosciando e terrorizzando il mondo intero, esistono due fazioni di estremisti "armate fino ai denti" che spesso finiscono col perdere di vista la questione vera e propria per lanciarsi in insulti, provocazioni inutili, spesso tantissimi luoghi comuni. Abbiamo avuto una dimostrazione di tutto questo proprio nei giorni scorsi quando due noti esponenti del cinema nostrano - Gabriele Muccino e Pino Insegno, rispettivamente un regista e un attore/doppiatore, un pro visione in originale e un degno rappresentante della scuola italiana di doppiaggio - se ne sono dette di tutti i colori su Facebook proprio "discutendo" su questo argomento.
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Che, come già detto, è un argomento caldo da sempre, ma lo è ancor di più su Internet, come ci è stato dimostrato in più occasioni. Anche per il sottoscritto vale la stessa cosa: le prime discussioni sul doppiaggio risalgono probabilmente ai tempi del liceo (e allo stupore che alcuni compagni provavano nel sapere che musical quali West Side Story o Jesus Christ Superstar fossero tutti in inglese o che le canzoni di Grease addirittura aggiungessero qualcosa alla trama del film oltre che balletti e ritornelli orecchiabili), ma inevitabilmente fu col finire degli anni '90, e il contemporaneo arrivo nelle nostre (o almeno nella mia) vite dei DVD e di Internet che i primi battibecchi, spesso anche feroci, iniziarono davvero. E in questi 15 anni, tra newsgroup, forum, siti, social e vis-à-vis con amici, colleghi, lettori e perfetti sconosciuti, le occasioni non sono certo mancate, anzi sembrano aumentare con il passare del tempo.
Da appassionato di cinema fin da bambino e precoce fruitore di film notturni (non quelli che pensate voi!) su Rai Tre mi sono ben presto dovuto scontrare con la questione doppiaggio vs sottotitoli. La scelta per i secondi è stata pressoché immediata considerato che tra gli oggetti più preziosi di tutta la mia gioventù erano le VHS dei film dei fratelli Marx sottotitolati e registrati dalla TV a orari improbabili, ma i giovani della mia generazione (per tacere delle precedenti!) non è che avessero grandi possibilità visto che al di fuori dei festival e dei programmi per cinefili il massimo a cui si poteva aspirare era qualche VHS venduta in edicola con scopo didattico ("Impara l'inglese con i tuoi film preferiti!") o qualche miracolo. Permettetemi qualche piccolo aneddoto personale, visto che questa mia stramba passione per i film "in lingua" ha sempre fatto tanta tenerezza a tutti quelli che mi conoscevano: un mio caro amico tornò dagli USA con un una busta piena di VHS capolavoro (da Pulp Fiction ai Coen passando per Clerks - commessi) pensando di farmi felice come non mai... peccato che fossero in formato NTSC e (all'epoca) inutilizzabili. Un'altra volta mia zia invece trovò su una bancarella di qualche ambulante di Roma o Napoli, non ricordo, alcune vhs da edicola usate a pochi spiccioli, quelle pseudodidattiche di cui sopra. Prese tutte quelle che trovò, tra cui Manhattan di Woody Allen, il film a cui sono più legato. Fui felicissimo del regalo e una sera convinsi la mia ragazza a vederne uno con me: nelle cassette c'erano dei porno. A quanto pare queste VHS erano così poco vendibili che l'ambulante le usava per smerciare materiale illegale in pieno giorno. Ancora rido se penso alla faccia del tizio quando mia zia con grande entusiasmo comprò tutto lo stock!
Di certo non aiuta il carattere un po' fumantino che mi ritrovo, ma forse è soprattutto a causa di tutta questa frustrazione accumulata in passato che ancora oggi se leggo o sento parlare dell'argomento doppiaggio è davvero più forte di me, non riesco proprio a trattenermi. È proprio per questo che, in questo momento, anche se ufficialmente sarei in vacanza, mi ritrovo a scrivere questo articolo assolutamente non previsto sul mio cellulare mentre nella stessa stanza (finalmente) ronfano i miei due figli e mia moglie si diletta nell'ennesima rilettura della saga di George R.R. Martin. È perché in quei pochi minuti della giornata che avevo deciso di dedicare alla navigazione del web e dei social, tra qualche post disperato degli juventini orfani del loro condottiero e le ennesime selfie balneari, mi è caduto l'occhio su una discussione di alcuni colleghi sulla lite Muccino/Insegno. Allora ho cercato altre notizie, e mi è cascato nuovamente l'occhio su un paio di articoli su siti concorrenti: articoli ben scritti ed interessanti, anche coraggiosi se vogliamo visto che scrivere Io sono per il doppiaggio su un sito di cinema non è cosa da poco, ma non ho ancora letto quello che volevo leggere. E allora, ho deciso, lo scrivo io.
Io non sono per il doppiaggio.
Io non sono per i sottotitoli.
Io sono per il cinema. Per l'arte cinematografica. Per coloro che lavorano e creano i film (e le serie TV, si intende).
Sono a favore di registi, produttori, sceneggiatori e attori prima ancora che degli spettatori. Tutti gli spettatori, me compreso.
Credo che un'opera artistica di questo tipo, qualsiasi sia il suo valore, debba essere realizzata pensando sempre ad uno spettatore ideale, ma non a come questo spettatore potrà o non potrà usufruire della sua opera.
Se un regista presenta un suo film al mondo ad un festival o ad una premiere in un certo modo, per me quello è il frutto del suo lavoro. E da appassionato di cinema, quello è l'unico risultato che mi interessa.
Se quindi personalmente scelgo il sottotitolo non è per partito preso, per abitudine, per piacere personale o per comodità, ma perché molto semplicemente il vedere il film alterato da altri, fossero anche i più grandi professionisti del mondo, per me semplicemente non ha senso. Per essere ancora più chiari, non mi dà lo stesso piacere come non mi puó dare lo stesso piacere vedere una riproduzione della Gioconda a Roma invece che l'originale al Louvre o ascoltare i Rolling Stones alla radio invece che vederli live al Circo Massimo.
Ecco, quello che secondo me veramente manca in Italia riguardo a questo argomento è una reale e precisa consapevolezza. La consapevolezza che si può scegliere certamente di vedere un film doppiato, ma che si sta vedendo un film diverso da quello voluto dal regista; che le performance degli attori senza la traccia originale sono fondamentalmente snaturate; che i dialoghi o anche i suoni del film sono stati alterati secondo decisioni di persone che quando il film è stato girato nemmeno c'erano.
Quando sentiamo che ci sono produttori che mettono mano al lavoro di registi non ci indigniamo forse? Non siamo sempre bramosi di vedere una director's cut del nostro regista preferito? E come possiamo permettere che questo succeda costantemente, sotto i nostri occhi, solo per tradizione?
E come possiamo discutere e fare il tifo agli Oscar per le performance del nostro attore del cuore quando probabilmente non abbiamo sentito una parola di tutto quello che ha detto? Non ci farebbe imbestialire forse un cantante che canta in playback o utilizza la voce di un altro?
Sono quindi contro l'arte del doppiaggio? Assolutamente no, così come non avrei nulla di male da dire su nessuno dei nostri doppiatori, professionisti proprio come tutti gli altri. Ma sono certamente contrario all'utilizzo del doppiaggio a discapito dell'altra arte, quella che mi sta veramente a cuore, il cinema stesso.
Sono assolutamente contrario alla violenza fatta a tutto il pubblico italiano per oltre ottant'anni (e che, al netto di clamorose sorprese, ancora continuerà a lungo), privato di qualsiasi tipo di scelta, quando soprattutto adesso basterebbe davvero uno sforzo minimo per creare quel germe di interesse e abitudine che si sta comunque formando da solo grazie all'apertura delle frontiere digitali.
E, se proprio vi può interessare, sono invece assolutamente incazzato con i distributori italiani che ancora oggi propongono, perfino agli addetti ai lavori e nelle proiezioni stampa, la versione doppiata e non in lingua originale della gran parte dei film che arrivano da noi. In questo caso la colpa è anche e soprattutto di molti critici cinematografici nostrani che "pretendono" la versione doppiata per "seguire meglio i film". Ma, ditemi la verità, cosa pensereste di un commentatore sportivo che segue l'evento dal proprio salotto per stare più comodo o un critico gastronomico che ad un ristorante assaggia solo un piatto alterato e tarato secondo i propri gusti?
Partendo quindi dal presupposto che quando parliamo di un film in lingua originale e uno doppiato stiamo parlando di due cose differenti, a quel punto si può stare a discutere all'infinito dei pro e i contro di entrambe le due soluzioni, della forza dell'abitudine, della "distrazione" dei sottotitoli, dei vari Totò o Benigni doppiati, delle illustri dichiarazioni anti doppiaggio (Spielberg in primis), del fatto che Kubrick contribuisse personalmente all'adattamento e alla scelta delle voci etc etc...
Una volta venuta fuori "la scomoda verità", a quel punto davvero diventa una questione di scelta.
Ammesso che una scelta, prima o poi, davvero ci venga data. Ma teniamo sempre a mente che così come esiste una sola Gioconda, lo stesso deve valere per Casablanca.