Chi segue le vicende professionali di Joss Whedon sa già che le buone notizie sono sempre molto rare, e quando ci sono spesso si accompagnano a news meno piacevoli. E' ovviamente questo il caso di Dollhouse, serie sfortunata che - e questa è la buona notizia - ha dimostrato con questo inizio di seconda stagione di essere in una fase crescente dal punto di vista creativo e qualitativo: gli episodi Instinct, Belle Chose e Belonging non solo sono l'ennesima prova della flessibilità che si cela dietro al complesso concept della serie, ma anche esempio di notevole fattura tecnica e artistica per quanto riguarda regia, scrittura e anche recitazione. La brutta notizia è che questa crescita qualitativa è accompagnata da un preoccupante, e probabilmente inarrestabile, calo degli ascolti, con numeri perfino inferiori a quelli già tristemente preventivati al momento della riconferma della serie per il secondo anno. Da qui la decisione di sospendere temporaneamente la messa in onda fino a dicembre, quando si riprenderà con due episodi a sera fino a Natale, e poi chissà...
I motivi di questi pessimi risultati in termini di ascolti sono numerosi - magari cercheremo di analizzarli meglio al termine di questa, presumibilmente ultima, stagione - ma una cosa è certa, Dollhouse non è una serie "facile" e soprattutto al contrario della maggior parte dei prodotti medi di oggi (basti pensare ai tantissimi franchise del genere crime) non è una serie che permette di familiarizzare con i suoi personaggi o con i suoi temi, vista la sua camaleontica essenza. I tre episodi trasmessi recentemente esprimono perfettamente questo concetto attraverso stili e temi sempre differenti che hanno come unico punto in comune la base di partenza e delle lievi sottotrame che procedono lentamente e sottotraccia e che probabilmente veicoleranno insieme negli episodi finali.


E' qui particolarmente interessante come la dirigente della Dollhouse, Adelle DeWitt, sia palesemente scontenta di doversi occupare di un simile caso, ma allo stesso tempo costretta a prendere atto del parallelo che emerge tra il destino delle vittime del killer e quello dei suoi active.

Al fianco dell'ottima Lachman, si fa notare anche Vincent Ventresca, nei panni di un dirigente della Rossum Corporation, che riesce a rendere perfettamente ripugnante. Ma compare in Belonging, in un piccolo ruolo, un'altra guest star d'eccezione, il grande Keith Carradine, che con ogni probabilità ritroveremo nel prosieguo della stagione.

Continua inoltre il percorso di Echo/Caroline, active anomala che riesce a trattenere tracce emotive di tutte le vicende che il suo destino di doll la porta a vivere, e che si prepara, in maniera più o meno inconscia, ai terribili eventi a venire.
Se ne accorge in questa fase anche il suo ex handler - ora responsabile della sicurezza della Dollhouse - Boyd Langton, il quale, come Paul Ballard, non sembra avere la minima intenzione di ostacolarla. Che il nemico più pericoloso per Echo sia proprio la stessa Fox?
Movieplayer.it
4.0/5