C'è una storia vera alla base di Dog Gone - Lo straordinario viaggio di Gonke, il film prodotto per Netflix da Rob Lowe che cerca di equilibrare lo spazio dato a una disperata ricerca di un amico a quattro zampe smarrito e il tentativo di un giovane di trovare se stesso e il proprio posto nel mondo. Non tutti gli elementi, come verrà spiegato nella recensione, sono stati gestiti nel migliore dei modi, anche se il risultato finale è un film adatto a tutta la famiglia realizzato da un team che, come svelano anche i titoli di coda, conoscono molto bene il legame speciale che si viene a formare tra un cane e i suoi amici umani.
La trama di Dog Gone
Tratto dal libro scritto da Pauls Toutonghi, Dog Gone - Lo straordinario viaggio di Gonker racconta quello che accade al cane di un giovane laureato. Fielding (Johnny Berchtold), mentre sta per finire i suoi studi all'università e dopo aver affrontato la fine di una storia d'amore, decide di adottare un cucciolo e chiamare l'adorabile cagnolino Gonker. I due diventano inseparabili, ma all'arrivo dei genitori per la cerimonia di consegna dei diplomi, il padre inizia a mettere in dubbio la sua scelta, sostenendo non sia in grado di occuparsi di se stesso e di un'altra creatura vivente, non avendo ancora trovato un lavoro o deciso cosa fare nella vita.
Fielding torna così a casa, dove il padre John (Rob Lowe), non esita a criticare la sua mancanza di una direzione precisa nel suo percorso professionale e non solo. La madre Ginny (Kimberly Williams-Paisley) è invece meno rigida, pur comprendendo le ragioni del marito. La coppia, nonostante l'iniziale diffidenza, non può però che affezionarsi a Gonker. Durante una passeggiata sul Sentiero degli Appalachi insieme al suo miglior amico Nate (Nick Peine), Gonker, che soffre di una patologia che lo obbliga a prendere dei medicinali ogni mese, insegue una volpe ma non torna indietro. La disperazione di Fielding, che a sua volta nasconde dei problemi medici, è evidente, ma i suoi genitori entrano subito in azione. Ginny, il cui passato nasconde un trauma con un legame con la situazione che sta affrontando, si organizza per telefonare e contattare chi potrebbe aiutarli a ritrovare il loro amico a quattro zampe, mentre John e Fielding compiono la loro ricerca tra la natura.
Una storia sui rapporti in famiglia e sulla ricerca di se stessi
A differenza di film come Quattro cuccioli da salvare, Dog Gone - Lo straordinario viaggio di Gonker trascorre poco tempo insieme a Gonker mentre cerca di sopravvivere distante dalla sua famiglia. Al centro della narrazione c'è infatti prevalentemente l'evoluzione del rapporto tra padre e figlio e la capacità di Ginny di superare il suo passato.
La ricerca di Gonker, con una struttura narrativa semplice e molto lineare che propone solo qualche flashback, permette infatti a John di dare delle lezioni importanti al figlio e, a sua volta, di capire meglio il ragazzo e i suoi problemi confrontandosi con lui durante le lunghe ore trascorse in macchina o vedendone la determinazione nell'andare in cerca del suo migliore amico.
Il lungometraggio, seppur non dia particolare profondità ai vari personaggi che i protagonisti incontrano lungo il cammino, celebra inoltre la capacità di aiutare il prossimo in maniera altruistica e l'importanza di provare empatia per chi si trova in difficoltà.
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Un progetto equilibrato sotto tutti gli aspetti
Il regista Stephen Herek compie un buon lavoro nel gestire l'atmosfera del film che si rivolge a un pubblico di tutte le età e alle famiglie. La tensione e gli aspetti maggiormente cupi sono infatti equilibrati da alcuni momenti molto divertenti, affidati all'esilarante Nick Peine che ruba la scena agli altri interpreti con un paio di scene che spezzano la drammaticità della ricerca, tra bizzarre tecniche di ricerca e le descrizioni del suo lavoro, e al sarcasmo, ma mai troppo tagliente di John.
Lowe e Williams-Paisley, pur non avendo molte scene per costruire il rapporto tra marito e moglie, riescono a interpretare con convinzione una coppia affiatata che si sostiene a vicenda e si capisce senza bisogno di troppe parole. Berchtold paga forse eccessivamente il confronto diretto con il più esperto Lowe, ma la sua insicurezza viene sfruttata bene da Herek per delineare il personaggio di Fielding, ancora confuso e incerto.
La sceneggiatura di Nick Santora, trasportando gli eventi realmente accaduti dal 1998 al presente, cerca di mettere in secondo piano gli aspetti più pratici della ricerca per concentrarsi sulle ripercussioni emotive della perdita e della lotta per salvare Gonker, confezionando un racconto in cui i buoni sentimenti sono costantemente presenti.
Una storia coinvolgente, ma poco incisiva
Il target di riferimento, l'obiettivo evidente di proporre quasi un racconto "educativo" per tutte le generazioni, e la chiara prevedibilità del finale del racconto rendono il lungometraggio piacevole, ma non memorabile. Chi ha avuto un legame profondo con un cane nella propria vita difficilmente non potrà evitare di commuoversi, tuttavia il progetto targato Netflix non brilla per originalità o qualità, nonostante le buone interpretazioni, una colonna sonora mai invadente e che accompagna bene gli eventi e una fotografia che valorizza gli splendidi paesaggi naturali.
Conclusioni
Dog Gone - Lo straordinario viaggio di Gonker avrebbe forse avuto bisogno di un approccio meno convenzionale per riuscire a distinguersi da altri progetti dalle caratteristiche analoghe e di approfondire maggiormente le personalità dei protagonisti e le loro storie per non rischiare di apparire superficiale.
La capacità di offrire una visione piacevole e adatta a un pubblico di tutte le età, come già sottolineato nella recensione, riesce però a lasciare soddisfatti pur non avendo un reale impatto a lungo termine sugli spettatori. Il film, tuttavia, è stato realizzato con un evidente affetto nei confronti del rapporto tra gli umani e i loro cani, come dimostrano anche le immagini scelte per i titoli di coda, e diventa un innocuo guilty pleasure per commuoversi e sorridere un po' grazie alla simpatia di Gonker e a un happy ending che riscalda il cuore.
Perché ci piace
- La bravura di Rob Lowe sostiene bene l'evoluzione del rapporto tra padre e figlio.
- L'equilibrio tra momenti drammatici e divertenti funziona.
- La storia regala delle lezioni e dei messaggi positivi.
Cosa non va
- La storia è fin troppo semplice e prevedibile.
- La rappresentazione della società è quasi filtrata da una prospettiva sempre positiva che risulta poco realistica.
- Gonker avrebbe meritato di avere molto più spazio in scena.