Francesco e Biagio sono vicini di casa in un palazzone popolare di Napoli. Il primo, padre della giovane Monica che lavora come barista nel vicino pub, è rimasto vedovo e trascorre la maggior parte delle sue giornate sdraiato sulla sua poltrona; il secondo è un imprenditore dongiovanni di mezz'età che organizza un sacco di feste con musica altissima. Proprio questi party selvaggi sono spesso motivo di litigio tra i due uomini, che ora si trovano di fronte ad un'ennesima disputa in seguito a un ritrovamento del tutto inaspettato.
Come vi raccontiamo nella recensione di Dobbiamo stare vicini, è ancora una volta l'affascinante amministratore Paolo - conteso da molte donne del caseggiato - a cercare di far riappacificare i due contendenti, che questa volta hanno da disquisire sulla paternità di un quadro, scoperto in un vano segreto che esiste tra i loro due appartamenti. Il dipinto inoltre nasconde una cassaforte e il mistero si infittisce sempre di più, spingendo Biagio, Francesco e Paolo - ormai trascinato controvoglia nella vicenda - a scoprire cosa si nasconda realmente dietro quella serratura.
Dobbiamo stare vicini: rosso, bianco e verde
Un classico titolo pieno di quell'italianità più sanguigna e popolare, nel bene e nel male, con tutti gli stereotipi e le situazioni ad hoc a far capolino nel corso dei cento minuti di visione. Visione basata su una sceneggiatura dolce amara, che cerca anche di approfondire parzialmente il discorso sulla lotta di classe e sull'inclusione sociale nella gestione dei numerosi personaggi che abitano questo condominio sui generis, a cominciare proprio dai due antitetici protagonisti interpretati da Biagio Izzo e Francesco Paolantoni. Dobbiamo stare vicini, titolo che gioca con ironia su quell'antipatia destinata progressivamente a evolvere e a trasformarsi in amicizia, non offre nulla di effettivamente nuovo nella sua reiterazione di gag e siparietti che riciclano un immaginario consolidato, ma in un paio di situazioni riesce a strappare qualche sorriso qua e là a un pubblico senza troppe pretese.
Di tutto e di più
Dall'ascensore sempre rotto ai tentativi di seduzione da parte delle procaci zitelle del palazzo nei confronti dell'amministratore piacione di Paolo Conticini, da quel notaio che si fa pagare per ogni minimo dettaglio alla suora con occhiali neri che attende il corriere di Amazon, la sceneggiatura procede per accumulo nel tentativo di andare sporadicamente a segno con una manciata di trovate vincenti, regalando anche un epilogo da comedy horror abbastanza surreale. Non manca ovviamente il versante romantico, con la sottotrama a dire il vero un po' forzata tra Paolo e Monica, con tanto di differenza d'età che l'amore cancella come nulla fosse; proprio tramite la relativa liason la regia ne approfitta per mettere in scena un omaggio a La La Land (2016), con il balletto tra i due interpreti sul lungomare partenopeo che ricorda quello iconico tra Ryan Gosling ed Emma Stone...
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Il vecchio e il nuovo
Le battute sfruttano spesso lo scontro generazionale, come quando alle poste i due protagonisti si trovano a che fare con un solerte impiegato che chiede loro lo SPID, dando vita alle più scontate delle incomprensioni linguistiche, mentre la presenza - del tutto nulla ai fini della trama principale - della coppia omosessuale garantisce quel pizzico di diversità spesso richiesta alle produzioni odierne. La verità è che la maggior parte delle figure secondarie è puramente accessoria, nel tentativo di tratteggiare un microcosmo tra ricchi e poveri che tanta fortuna diede alla commedia italiana di un tempo, oggi ormai purtroppo un lontano ricordo. Perché alla fine "le persone si mettono d'accordo solo per soldi" e tutto ruota intorno al dio denaro ancora una volta. E "certi muri vanno abbattuti" una volta per tutte. No, non sono nostre considerazioni ma dialoghi presi precisamente dal film, a emblema di una banalità di concetti capace di arrivare ad un pubblico il più vasto possibile, con tutti i pro - ma soprattutto contro - del caso.
Conclusioni
Due vicini che non si possono vedere, sempre pronti a litigare, si trovano al centro dell'ennesima disputa dopo il ritrovamento di un quadro - a sua volta nascondente una cassaforte - nel vano segreto che si trova tra i loro due appartamenti. La speranza di una possibile ricchezza li spingerà ad unire le forze per scoprire cosa si nasconda realmente dietro quel muro. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Dobbiamo stare vicini, ci troviamo davanti a una commedia nazional-popolare ambientata in quel di Napoli, in un palazzone dove si ritrovano personaggi eterogenei e variopinti, tutti pronti a ruotare intorno ai due eterni contendenti interpretati da Biagio Izzo e Francesco Paolantoni. Una manciata di gag e battute sono anche gradevoli, ma nel complesso il film paga una prevedibile serie di ingenuità, tra facili moralismi, romanticismo di routine e una presunta cattiveria più finta che efficace.
Perché ci piace
- Una manciata di gag e battute sono divertenti.
Cosa non va
- Situazioni spesso forzate e ingenue.
- Dialoghi prevedibili.
- Personaggi di contorno pressoché accessori alla trama principale.