Recensione Uzak (2002)

Uzak è un bellissimo film del cinema contemporaneo che con esso ha poco da spartire. È una storia semplice su due persone cresciute nei propri involucri e divenute incapaci di relazionarsi con gli altri.

Distanze incolmabili

Uzak è un bellissimo film del cinema contemporaneo che col cinema contemporaneo ha poco da spartire. È una storia molto semplice su due persone cresciute nei propri involucri e divenute incapaci di relazionarsi con gli altri. Yusuf (Mehmet Emin Toprak) arriva in città da un piccolo paese della zona rurale e trova una sistemazione provvisoria nella casa del cugino fotografo Mahmut (Muzzafer Ozdemir). L'unica cosa che si instaura tra di loro è un progressivo disagio traboccante di silenzi e fastidiosi imbarazzi. Coperta dalla neve, una gelida Istanbul avvolge i due personaggi congelandoli nella solitudine.

Yusuf cerca lavoro con scarso successo. È giovane, animato da un distaccato ottimismo e consuma le sue giornate fumando nell'indifferente atmosfera cittadina. Mahmut è sofisticato e insofferente, modello da imitare per una perfetta alienazione. Il rapporto con le rispettive madri, malate entrambe, li unisce ed offre una ulteriore occasione per rimarcare la distanza che li separa. Mahmut non risponde ai messaggi della sorella ed evita con ogni scusa di rendere visita alla madre in ospedale fino a quando non può farne a meno. Yusuf dimostra di non avere quest'attitudine negligente. La prima cosa che fa dopo il suo arrivo è telefonare a sua madre. Ma non ci sono approfondimenti né sviluppi. I due personaggi restano ibernati nell'assenza di intimità.

Nuri Bilge Ceylan porta il clima dei film di Andrei Tarkovsky nei paesaggi del cinema turco, ringraziandolo simbolicamente attraverso il personaggio di Mahmut che in TV guarda Solaris. Non è così sorprendente che il film abbia ricevuto due premi al Festival di Cannes 2003 (per la regia e per la miglior interpretazione ex-equo ai due attori) sotto la presidenza della giuria di Steven Soderbergh che già aveva omaggiato il regista ucraino realizzando la sua personale versione di Solaris. È un prestigioso risultato per Ceylan, un filmaker amante di lunghi piani statici che si esprime con un linguaggio essenziale, gira con poco mezzi (suo è l'appartamento del film, sua l'automobile messa a disposizione per il trasporto del materiale) e ingaggia i suoi amici per farli recitare. Tragicamente, la desolazione e l'imprevedibilità della vita contemporanea così bene raccontate nel film, si sono portate via Mehmet Emin Toprak. L'attore ha perso la vita in un incidente d'auto qualche settimana prima dell'inizio del Festival.