Recensione Il costo della vita (2003)

"Il costo della vita" è una commedia francese che solo apparentemente sembra volerci parlare del denaro, perché in realtà riesce, nel modo più delicato e fine possibile, a raccontarci dei sentimenti.

Dimmi come spendi... e ti dirò chi sei

Il costo della vita è una commedia francese che solo apparentemente sembra volerci parlare del denaro, come lo stesso titolo suggerisce, perché in realtà riesce, nel modo più delicato e fine possibile, a raccontarci dei sentimenti.
Il regista e sceneggiatore Philippe Le Guay decide di raccontare, attraverso il rapporto col denaro che hanno tutti i personaggi del film, qualcosa in più sull'animo umano e, in definitiva, sull'amore.
Un modo interessante per scoprire cosa si cela dietro il classico avaro, che nonostante le sue ricchezze cerca sempre di evitare di pagare il conto quando va a cena fuori con gli amici, o l'eccessiva generosità di chi non fa altro che offrire e dare, o ancora il rifiuto delle ricchezze e dei patrimoni che si ereditano.

Di tutto questo e molto di più si parla nel bel film di Le Guay, che una volta tanto non pretende di essere niente di più di quello che è: una raffinata commedia a sfondo amaro che dipinge in modo interessante le varie tipologie delle nostre personalità, in cui bene o male ognuno di noi si riconoscerà.
L'autore dimostra di essere a suo agio con l'intreccio di tante piccole storie, che si incastrano man mano che il film avanza, perché destinate a risolversi a vicenda, come rivela il bel finale, in cui non manca la morale del film.
A nessuno dei personaggi infatti verrà negata la possibilità di "guarire" nello squilibrio del proprio rapporto col denaro/modo di esprimere i sentimenti; emerge infatti una visione piuttosto positiva, in cui è possibile, almeno parzialmente, redimersi.
Una commedia che per certi versi ricorda il bellissimo America oggi di Robert Altman, che chiaramente ha tutto un altro spessore, ma che pure ci mostra tante vicende, intrecciate tra loro, che pian piano rivelano alcuni misteri dell'animo umano.
La città che ospita questa commedia è Lione, che a detta del regista è la città ideale per ambientare un film del genere, perché molto legata al denaro; ed in effetti emerge questa atmosfera così peculiare, in cui tutti parlano di soldi, quando in realtà si riferiscono ad altro.

In un momento in cui il denaro è l'argomento principe di tutti i giornali, ed è sempre più in maniera preoccupante sulla bocca di tutti perché sinonimo di infelicità, Philippe Le Guay scava dentro questo "mostro" che tutti temono, e trova delle risposte che potrebbero avere un valore sociologico-psicanalitico.
E' infatti vero che l'avarizia deriva necessariamente dall'infanzia, in cui probabilmente il bambino non ha ricevuto le dovute attenzioni dalla madre, riscoprendosi da adulto incapace di dare perché non è stato abituato a ricevere, come ci mostra il bravissimo Fabrice Luchini; oppure, chi è molto generoso ed ha voglia di dare spesso lo fa per mascherare complessi di inferiorità nei confronti del prossimo, come dimostra il personaggio interpretato da Vincent Lindon, che passa la vita a offrire tutto, sentendosi sempre "meno" degli altri, soprattutto della famiglia di sua moglie, a cui spedisce sempre delle casse del miglior vino francese.
E così in un'ora e mezzo di tante tranches de vie, siamo deliziati dalle piccole storie che in fondo parlano dei nostri problemi, con una finezza in più, questo è vero, che il buon cinema francese e soprattutto i bravi attori del film sanno regalare.