Dove finisce il dramma e dove inizia la farsa? Quando, una sceneggiatura, gira troppo su se stessa, diventando il riflesso di un disagio interiore tradotto prima in performance e solo dopo in sostanza? Adattando Matate, amor di Ariana Harwicz, Lynne Ramsay dirige e scrive (insieme a Enda Walsh e Alice Birch) Dye My Love. Al centro, la depressione post-partum, l'amore come incubo, l'ossessione e la tribolazione di un sentimento dalle venature nerissime che, senza risparmiarsi, punta al delirio e all'effetto evitando - volutamente ? - catarsi, redenzione e risoluzione.
Prima di approfondire il tutto, vale la pena soffermarsi sulla genesi, assai interessante: il romanzo di Harwicz è datato 2012, mentre nel 2022 Martin Scorsese lo spedisce a Jennifer Lawrence, immaginandola come protagonista del film. Dopo un iniziale tira-e-molla, la regia vien affidata alla Ramsay, che si è rivolta alla Walsh per firmare lo script (insieme avevano già lavorato in A Beautiful Day - You Were Never Really Here, grande film). Sempre Jennifer Lawrence - che ha girato il film incinta di quattro mesi e mezzo - ha poi offerto il ruolo di co-protagonista a Robert Pattinson che, in sede di interviste, ha definito Dye My Love una "commedia dark esilarante". Peccato che di esilarante ci sia ben poco, anzi.
Die My Love: Jennifer Lawrence, Robert Pattinson e il rumore di fondo
Veniamo al plot. Jennifer Lawrence e Robert Pattinson interpretano Grace e Jackson che, da New York, si trasferiscono in una casa di campagna nel Montana. Praticamente un altro mondo. Grace è incinta, e poco dopo il trasloco dà alla luce un bambino. I problemi iniziano a venir fuori: lui passa molto tempo lontano casa per via del lavoro (tradendola), lei è in preda ad una crisi emotiva, stretta tra la noia, la solitudine e il senso d'abbandono. Le cose tra i due non vanno bene, e il quadretto famigliare inizia a vacillare.
Ad aggiungere tensione, la scellerata idea di Jackson di prendere un cane senza consultare Grace. Cagnolino che, contro ogni buona regola narrativa, finisce per fare una tragica (e gratuita) fine (uno spoiler che ci sembrava necessario, tanto che Jennifer Lawrence ha più volte dichiarato quanto sia stato emotivamente impattante girare la scena). Il rumore di fondo si alza - e c'è un ottimo sound design -, così come si alza la tensione. Una tensione che, nemmeno a dirlo, finirà per esplodere.
Un dramma dai rigidi confini
Tuttavia, la tensione costruita dalla regista, esasperando la scena - il pianto, le urla, il cane che abbaia -, sembra svuotata del suo senso narrativo, divenendo palcoscenico in cui l'azzuffata emotiva prende la strada del compiacimento registico e interpretativo. Una sovraesposizione che rende involontariamente intollerabili i due personaggi, impossibilitati ad una tridimensionalità che avrebbe certamente aiutato. Ed è questo il punto: per essere narrativamente efficace - nel bene e nel male - un personaggio deve possedere un efficace disequilibrio, con la possibilità di muoversi, di evolvere o involvere.
Eppure, dall'inizio alla fine, sembra esserci un ferreo standard in cui Grace e Jackson si ritrovano bloccati (anche metaforicamente), senza possibilità di spostarsi dal perimetro sottoposto e imposto allo spettatore. Se sono pochi i dubbi sul talento di Jennifer Lawrence (che oscura intenzionalmente Pattinson, a ragion di sceneggiatura), il cortocircuito scatta quando tutto sembra troppo sottolineato e, alla lunga, ridondante nella costante ricerca dell'assolutezza. Ed è un peccato, perché il tema avrebbe meritato una necessaria e dolorosa digressione, evitando uno shock termico che non va da nessuna parte.
Conclusioni
Non basta la prova accentrata di Jennifer Lawrence a salvare un dramma che punta alla sovraesposizione. Diretto da Lynne Ramsay Die My Love si addentra nella depressione post-partum lasciando però cadere ogni presunto interesse narrativo: due protagonisti bloccati in un contesto altrettanto bloccato. Tutto è fin troppo sottolineato, per un'esasperazione che toglie aria all'intimità e al conflitto.
Perché ci piace
- Jennifer Lawrence.
- Tecnicamente funziona...
Cosa non va
- ... narrativamente molto meno.
- Alcune scelte fin troppo bloccate.
- La ricerca dello shock è fine a se stessa.