Da Sant'Agostino alla crisi della sinistra. Le ombre rosse di Citto Maselli si allungano sulla laguna veneziana. Tutto si può dire di un film come quello del veterano Maselli, tranne che tacciarlo di inattualità. "D'Alema, dì una cosa di sinistra" esclamava Nanni Moretti in Aprile. Gli anni passano, ma sempre lì si rimane, a mettere il dito nella piaga sottolineando la distanza tra politici e intellettuali, naturalmente di sinistra, ormai realizzati e arricchiti tanto da trasformare i loro anni di militanza attiva nel bel ricordo del tempo che fu, e i giovani idealisti, pronti a scendere in piazza e a pagare personalmente il dazio per le proprie idee politiche. Pietra dello scandalo, in questo caso, è un centro sociale romano pomposamente ribattezzato "Cambiare il mondo" che, dopo aver colpito per attivismo e vitalità un anziano intellettuale candidato al Premio Nobel, diventa oggetto delle mire di un clan di politici-architetti-progressisti-riformisti tutti rigorosamente di sinistra. Nel frattempo arriva il momento delle elezioni politiche e la vittoria - non si sa di chi - viene festeggiata a suon di clacson ("Ma non è un modo di festeggiare tipico della sinistra?"). Nel frattempo i giovani vanno avanti da soli di testa propria, perché a dar retta al partito e ai vecchi intellettuali non si cava un ragno dal buco.
Scende in campo la cavalleria per rimestare nel torbido delle ceneri di quello che un tempo era il Partito Comunista. Rai Cinema, Cattleya e 13 settembre co-producono una pellicola interpretata da un prestigioso e nutrito cast - da Roberto Herlitzka a Valentina Carnelutti passando per Lucia Poli e Arnoldo Foà, tanto per citarne alcuni - che vuol essere provocatrice, ma lo fa alla vecchia maniera. Maselli, per sviscerare a fondo l'argomento che più gli sta a cuore, mette troppa carne al fuoco e a metafora si assomma metafora al quadrato. I problemi, le spaccature, l'autolesionismo che contrassegnano la sinistra attuale vengono replicati all'infinito nel microcosmo del centro sociale in eterno conflitto con sindaco e questura, nel progetto ideato da un architetto di fama per trasformarlo in una Casa della Cultura (riesumando addirittura il povero André Malraux a cui il film non reca certo giustizia) edificata seguendo le regole del costruttivismo paleosovietico, ma con un finanziamento ingente che proviene da capitali di petrolieri americani, e nella composizione di un'imponente quanto fantasmatica 'Enciclopedia critica del '900' che probabilmente mai verrà scritta. Non manca certo l'ironia a Maselli, ma ai momenti più vitali e pungenti si affiancano pesantezza e confusione, oltre a un certo autocompiacimento intellettualistico presente nel clan degli "anziani" e, in particolare, nel protagonista verso cui il regista dimostra complice accondiscendenza più che biasimo. E se come sostiene il quasi Premio Nobel Herlitzka "la cultura è conoscenza, la conoscenza è sapienza", nella nostra Italia in cui la cultura viene bistrattata e impoverita non è certo Citto a trattarla coi guanti bianchi, fotografando impietosamente il distacco tra intellettuali e realtà. Servirà l'autocritico Le ombre rosse a scatenare polemiche in seno all'opposizione portando a una riflessione concreta e costruttiva? Maselli se lo augura, ma noi ne dubitiamo, non tanto per la riuscita più o meno opinabile del film, quanto per la cecità abitualmente dimostrata dalla nostra classe politica dove ci si scatena solo contro gli attacchi espliciti (vedi i casi Videocracy o Francesca e la pubblicità gratutita che certe prese di posizione si conquistano), mentre le critiche più sottili e raffinate passano sotto silenzio e vengono presto dimenticate. Nessuno se ne stupisca.Didattica per una nuova sinistra
Servirà l'autocritico Le ombre rosse a scatenare polemiche in seno all'opposizione portando a una riflessione concreta e costruttiva? Maselli se lo augura, ma noi ne dubitiamo, non tanto per la riuscita del film, quanto per la cecità dimostrata dalla nostra classe politica dove ci si scatena solo contro gli attacchi espliciti, mentre le critiche più sottili e raffinate passano sotto silenzio e vengono presto dimenticate.