Diario di tonnara alla Festa del Cinema di Roma: “Una realtà che sta scomparendo”

Il documentario Diario di tonnara, che parte da materiali d'archivio per esplorare un mondo in via d'estinzione è stato presentato alla kermesse romana.

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"La dicotomia del lavoro che prevede il sacrificio di una specie per il benessere di un'altra, il tempo scandito dai cicli naturali sono punti fermi sui quali oggi credo si debba ricominciare a riflettere e Diario di tonnara prova a offrire un suggerimento in tal senso." Così si esprime il regista Giovanni Zoppeddu nei materiali stampa di Diario di tonnara, il documentario che ha realizzato adattando liberamente l'omonimo libro del giornalista e scrittore Ninni Ravazza. Quest'ultimo, che ha vissuto venti stagioni di pesca nella tonnara di Bonagia come sub, funge da voce narrante per raccontare una cultura ormai in via d'estinzione (per motivi pratici, non essendoci più le tonnare in Sicilia, le riprese contemporanee sono state effettuate in Sardegna). Viene anche ricostruita la storia delle tonnare nel secolo scorso, tramite materiale d'archivio che include anche lavori di maestri come Vittorio De Seta. In attesa dell'uscita in sala, prevista per l'inizio del 2019, il film è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, accompagnato da Zoppeddu, Ravazza e Luca Onorati, che ha curato il montaggio.

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Un'opera ibrida

Il film è una sovrapposizione di materiale tratto dal libro e spezzoni di repertorio. Come è stato fatto il lavoro? "Un anno di ricerca con Luca nell'archivio dell'Istituto Luce", spiega Giovanni Zoppeddu. "Il materiale dei grandi autori è rimasto alla fine della timeline a lungo, perché essendo il mio primo film non volevo misurarmi con De Seta e Quilici. Poi, quando è arrivata la parte più onirica del film, mi è sembrato giusto utilizzarli perché ci portano a un altro livello." Aggiunge Luca Onorati: "Il materiale d'archivio è cresciuto mano a mano, perché abbiamo trovato la chiave di lettura giusta. A un certo punto quel materiale ci ha suggerito delle scelte, anche tecniche. Questo è il primo documentario dell'Istituto Luce girato interamente in 2K, quindi abbiamo dovuto rielaborare e scansionare il repertorio, espandendolo in formato panoramico."

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Cosa significa oggi ridare voce a un mondo per lo più scomparso? Risponde Ninni Ravazza: "Vuol dire non far scomparire una cultura, le cui radici sono molto antiche. La pesca del tonno risale a prima della nascita di Cristo, e col passare del tempo quella cultura si è trasformata, si è stratificata. Oggi si sta perdendo, quindi questo film è un'operazione di conservazione." Interviene anche Zoppeddu: "Nel film vediamo un mondo che ormai è scomparso. Sono volti scavati dalla fatica, gli italiani che noi eravamo. Li abbiamo sostituiti con altri modelli, ma non sappiamo dove stanno andando. Il documentario si pone la domanda: abbiamo fatto bene a cancellare le tonnare? E dove stiamo andando adesso?" Si esprime in merito anche Onorato: "Per Giovanni, che è sardo, e Ninni, che è siciliano, è un argomento molto più personale. Per me il punto di forza del film è che parla del nostro paese, in tutto e per tutto."

Paragone di peso

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In conferenza stampa viene proposto un parallelismo con They Shall Not Grow Old di Peter Jackson, anch'esso presentato a Roma e basato sul recupero e la rielaborazione di materiali d'archivio (in questo caso filmati e registrazioni audio della Prima Guerra Mondiale). Zoppeddu e Onorato l'hanno visto? "No, solo alcune immagini", risponde in montatore. "Per noi è la terza volta in sei anni che l'Istituto Luce lavora in modo simile a livello tecnico. Il repertorio è un mondo affascinante, e ho trovato interessante l'intervista di Peter Jackson che dice che la realtà era a colori, mentre la Prima Guerra Mondiale che conosciamo noi come spettatori è in bianco e nero. Anche il suono è un elemento importante, abbiamo lavorato a lungo sul sound design. Secondo me ce ne vorrebbero di più, di film come il nostro e quello di Jackson." Tornando a Diario di tonnara, si parla dell'importanza della sacralità del quotidiano, e dell'idea dell'individuo che si mette a disposizione della comunità. È un valore che oggi è andato perduto? Risponde il regista: "Sì, è un mondo di valori che oggi è praticamente scomparso. Ci sono borghi interi che sono nati intorno alla tonnara, e con le tonnare si dava sostentamento a tutta la comunità. I loro riti erano in funzione dell'attività di pesca. La tonnara ha anche un aspetto particolare: rispetto ai pescatori tradizionali, la rete rimane nello stesso posto tutto il tempo. Se i tonni arrivano, si festeggia. Se non arrivano, è una giornata triste."

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Una cultura a rischio

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Viene affrontata la questione del rapporto, non sempre facile, tra Sicilia e Sardegna, entrambe presenti nel film. Dice Zoppeddu: "Sì, sono due isole opposte, io sono sardo e ora vivo in Sicilia, quindi conosco entrambe le realtà. L'unico elemento in comune è appunto la tonnara, i riti sono rimasti intatti. La Sardegna è stata fondamentale per il film perché le tonnare siciliane non ci sono più." Se le tonnare sono in estinzione, ma il prodotto tonno è sempre più richiesto, qual è la pesca che si fa oggi? "Adesso la pesca è industriale. Ci sono le grandi imbarcazioni che inseguono i tonni e usano le reti a circuizione. La tonnara è stata spesso accusata di essere un metodo cruento, e secondo me c'è stata una spettacolarizzazione della cosa. Le immagini che arrivano al pubblico sono quelle della mattanza, che però è un giorno solo su due mesi di lavoro. Con le tonnare il tonno non rischiava di scomparire, con la pesca industriale invece sì."