Denzel Washington e Highest 2 Lowest, intervista: "La bravura non conta più. Spike Lee? Un fratello"

"Viviamo in un mondo in cui puoi monetizzare i tuoi follower. La carriera? Io e Spike siamo invecchiati, ma siamo sempre noi". Mezz'ora d'incontro con uno dei più grandi attori di Hollywood.

Denzel Washington in Highest 2 Lowest

La webcam si accende proprio nel momento in cui Denzel Washington entra nella stanza d'albergo, accompagnato da Spike Lee, che ritrova quasi vent'anni dopo Inside Man. Entrano come se fossero Batman e Robin. "Una pausa relativa, non ci siamo mai persi di vista, anzi, ci frequentiamo con le nostre rispettive famiglie. Siamo un dinamic duo", scherza Denzel che, tra una domanda e l'altra, si alza per armeggiare con il condizionatore per regolare una temperatura che, immaginiamo, fosse glaciale (rinomata l'ossessione tutta americana per l'aria condizionata).

Incontriamo l'attore via Zoom - insieme ad una manciata di giornalisti internazionali - in occasione dell'uscita di Highest 2 Lowest su Apple TV+. Nel film di Spike Lee, re-interpretazione di Anatomia di un rapimento di Kurosawa, Washington interpreta un manager musicale, King David, messo davanti ad una scottante scelta. In mezzo, i soldi, la musica, il cuore e l'anima, ma anche i follower e l'arte declinata verso gli algoritmi.

Highest 2 Lowest: intervista a Denzel Washington

Denzel, lei crede davvero che oggi il successo sia l'unica valuta?
"Non lo so, ma è semplicemente il mondo in cui viviamo. Quanti follower hai, quanta fama hai, e come puoi monetizzarla".

Le cose sono cambiate ad Hollywood?
"Facile dire "oh, ai miei tempi bisognava avere talento per diventare famosi". C'erano solo delle strade diverse per arrivare al successo. Si tirava la corda? Certo. Ma anche nel sistema degli studios di tanti anni fa il talento non bastava, bisognava creare delle star. Oggi le star possono crearsi da sole".

Però?
"Beh, la gente pensa di poter diventare una stella, ma non è così facile. Ci sono solo più possibilità".

Arte e intelligenza artificiale

In Highest 2 Lowest si parla di intelligenza artificiale. La teme?
"Anche la radio veniva temuta 200 anni fa. La tecnologia è tecnologa, ma il punto è un altro: noi abbiamo un'anima e un cuore. Possiamo soffrire e reagire. Le macchine non sanno farlo. Non hanno sentimenti né emozioni. Non basta imitare. Certo, siamo agli inizi di questa roba, ma il ritmo sta aumentando".

Lei e Spike, come siete cambiati in questi anni?
"Non faccio solitamente analisi di questo tipo. Non penso agli altri in questa prospettiva. Siamo invecchiati, certo, e ci fanno più male le ginocchia. Siamo sempre noi, i nostri figli lavorano insieme. Con Spike tu pensi solo alla tua parte e a come interpretarla. Non so nemmeno se sia una parola o un'idea, ma dietro c'è un'interpretazione interculturale nel mezzo dell'immaginazione".

Quindi niente bilanci?
"Avvicinandomi al mio settantesimo compleanno ho compreso che c'è una fine. E mi sono chiesto: con chi mi piacerebbe lavorare prima di smetterla? Ho lavorato con Spike, e sto per lavorare con Ryan Coogler, Fernando Meirelles e Antoine Fuqua. Non abbiamo ancora trovato il progetto giusto, ma ho parlato pure con Steve McQueen. Considero il momento della mia vita, dove mi trovo. Quando è arrivata la sceneggiatura di Highest 2 Lowest ho subito pensato che Spike fosse il regista giusto. Ed eccoci qui".

Denzel & Spike

Come vive il rapporto con Spike Lee?
"Fantastico, è entusiasta di ciò che fa. Per me è salutare, ero arrivato ad un punto in cui non ero più così entusiasta di ciò che facevo. Ora lo sono, mi ha aiutato".

Lei ha già affrontato Kurosawa nel remake de I magnifici sette. Qual è la cosa che più la colpisce?
"Non ho studiato quel film, perché avrebbe finito per influenzare il mio lavoro. La nostra era una storia diversa. Ma c'è un punto interessante nel film di Lee".

Ovvero?
"Il rapporto di David Kin con suo figlio, che sta diventando grande. Lui osserva e capisce suo padre, possiamo vedere il mondo attraverso gli occhi dei nostri giovani, oggi. Tutto questo rende il dramma più fertile".

Tra carriera e moralità

David King è combattuto tra la carriera e la moralità. È stato difficile dar corpo a questo dubbio?
"Quando inizi a fare questo lavoro ricevi soldi, che sembrano ottimi. Ci sono compromessi e dilemmi. Non mi sono mai trovato in una situazione in cui la posta in gioco fosse così alta. Sono contento sia solo un film!".

Il film è pieno di musica e riferimenti musicali. Quali sono i suoi brani del cuore?
"La prima che mi viene in mente è I Love You Dawn di Bill Withers. Un'altra è Divine Order di Kem. Poi qualcosa di più strumentale, jazz, tipo Pharoah Sanders".

Secondo lei cosa ci dice il film degli Stati Uniti di oggi?
"Non mi piace decidere rispetto a cosa dovrebbero vedere gli altri nei film. Dipende dai punti di vista. Ci sono tante interpretazioni non per forza limitate all'America. Non la pensiamo tutti allo stesso modo. Tu per esempio dove abiti?".

Roma!
"Wow... Mi piace. E adoro anche Positano".