In linea con lo spirito della rubrica "Prime Volte", incentrata sulla scoperta delle prime opere dei grandi registi e delle grandi registe, possibilmente legate all'attualità e quindi a ciò che il calendario cinematografico che stiamo vivendo ci propone, questa volta non possiamo che parlare di Denis Villeneuve. D'altronde le coordinate storiche da cui questo articolo viene scritto sono legate a filo doppio all'attesissima uscita di Dune - parte due (qui la nostra recensione) e dunque la nostra scelta non può che ricadere sul debutto nel mondo dei lungometraggi del cineasta canadese.
Ad oggi Villeneuve è uno dei più importanti "autori di blockbuster" presenti sulla scena cinematografica mondiale, condividendo con Christopher Nolan una matrice poetica incentrata sull'esplorazione di una prospettiva personale, prima di un approccio ad un genere che deve tener conto di una spendibilità verso il pubblico, Se pensate a Following (l'opera prima di Nolan) la prima cosa che vi potrebbe venire in mente è la ricercatezza di un proprio stile e una propria ottica e la stessa cosa scommettiamo accadrebbe se vi capitasse di imbattervi in August 32nd on Earth.
La pellicola del 1998, presentata nella sezione Un Certain Regard della 51esima edizione del Festival del Cinema di Cannes, contiene infatti già diversi indizi di quello che sarà lo sviluppo poetico di Denis Villeneuve, ma ci dice anche molto di quale invece siano i suoi riferimenti, sia estetici che semantici. Il primo step di uno spirito autoriale molto forte, che ha permesso al regista di creare sempre delle opere derivanti il suo approccio e non sovrastanti il suo approccio. Anche negli ultimi anni, dove si è misurato con franchise illustri e adattamenti titanici. In questo articolo approfondiamo sia l'uno che l'altro aspetto.
August 32nd on Earth e l'ode alla Nuovelle Vague
August 32nd on Earth inizia con un incidente automobilistico. Una scelta narrativa precisa che getta da subito lo spettatore in un momento traumatico per i personaggi coinvolti, uno di quelli che lascia uno strascico e porta in uno stato emotivo, quindi in una realtà, che è sempre esagerata. Da qui la data alterata del titolo, "32", che non esiste, per inquadrare il primo giorno della storia. Diversi surrealisti hanno adottato questa trovata narrativa come escamotage per cambiare la prospettiva della narrazione, specialmente nei coming of age, quando il pubblico adotta la visione del personaggio centrale.
Personaggio centrale che nel nostro caso è Simone (Pascale Bussières), una giovane con una pettinatura che ricorda Jean Seberg, protagonista di Fino all'ultimo respiro di Jean-Luc Godard, la pellicola capostipite, guarda caso, della Nouvelle Vague, la quale, dopo lo scossone, rivaluta completamente le sue priorità. Da lavoratrice inserita nella società, la ragazza vuole ora a tutti i costi rimanere incinta e sceglie il suo migliore amico come futuro padre di suo figlio. Non una grande decisione a ben guardare il prescelto, tale Philippe (Alexis Martin), che al contrario di lei è uno scapestrato facinoroso con la testa fra le nuvole. Il giovane accetta la proposta di Simone a patto che il concepimento avvenga in un deserto, motivo per cui i due partono per gli Stati Uniti d'America, a Salt Lake City, dove trovano la location adatta, il Grande Lago Salato, per portare a compimento questa missione dai contorni sempre più inverosimili.
Denis Villeneuve, con tutto quando il coraggio e la sfrontatezza che si addice agli autori al banco di prova, decide di giocare tutto sul registro linguistico, rischiando di mostrare il fianco e di inciampare diverse volte in una mala gestione del tono filmico, che oscilla vertiginosamente confondendo lo spettatore. Possiamo inquadrare il film come una tela bianca in cui il regista ha deciso di dipingere secondo ciò che lo ha influenzato: dal cinema emozionale, come il melò, a quello che ha fatto le fortune del cinema francese, fino alla fantascienza che più volte fa delle incursioni per cercare di contestualizzare quell'essenza metafisica che permea un film all'apparenza scollato, quasi inconcludente.
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Cosa ci dice August 32nd on Earth sul cinema di Villeneuve
Il deserto è un'immagine essenziale del cinema di Villeneuve. Infatti è presente in tutta la sua filmografia e ogni volta con una sfumatura semantica differente, anche all'interno della stessa pellicola. Un altro richiamo alla tela bianca che l'autore canadese sfrutta a 360 gradi, mirando a scandagliarne le potenzialità. Qui c'è la possibilità di creare un immaginario da zero, il peso e la paura che può portare la solitudine e la libertà, il mistero del futuro e il pericolo di rimanere intrappolati nel nulla. Può essere opprimente e può essere entusiasmante.
In questo film il regista rappresenta probabilmente una potenza inespressa, una nuova Terra (appunto) di opportunità per due extraterrestri (come lo sarà Jeanne ne La donna che canta) che non sono in grado di coglierla, troppo persi nella confusione dei loro sentimenti reciproci. Nouvelle Vague e fantascienza accomunate dal loro lato metaforico. Un tentativo di fusione di immaginari che si trova ancora meglio nella scena della notte in una stanza d'albergo che sembra una navicella spaziale in procinto di partire con a bordo due amanti che parlano di una loro storia ipotetica. La stanza, tra l'altro, rimanda al design di Dune e di Blade Runner 2049.
Il terzo atto di August 32nd on Earth è quello in cui si entra nella dimensione di sogno nel sogno a causa del coma del personaggio maschile, in cui la parte narrativa deve prendere il sopravvento per svelare un arcano che invece rimane sospeso. Si rimane attaccati alla trovata surrealistica del doppio, in cui le aspettative che si hanno su un personaggio poi cadono su un altro: soluzione che troviamo in modo differente sia in Prisoners che in Enemy e che trova la sua perfetta espressione nel finale di Arrival, in cui un'altra coppia vive un tempo destrutturato. Il debutto di Villeneuve è un dipinto in cui troviamo tutti i colori del suo futuro, che man mano è stato in grado di usare in modo più armonioso, ma senza perdere di vista gli accostamenti iniziali.