Darkling, la recensione: Che suono fa la guerra?

La recensione di Darkling, un film di Dusan Milic che per raccontare l'orrore della guerra prende in prestito le regole dell'horror e fa del sonoro un narratore privilegiato.

Darkling Credits Yana Lozeva 2
Darkling: una scena

"Egregio Signor Presidente, sono seduta sotto il tavolo, è buio pesto e sono terrorizzata. Anche accendendo una candela, non ci sarebbe abbastanza luce. Tutto resterebbe nell'oscurità". Si esprimono così i bambini della guerra appropriandosi del linguaggio degli adulti e così parla la piccola protagonista di questo film, Darkling, in una lettera al proprio presidente da leggere davanti alle Nazioni Unite nel Kosovo del dopoguerra occupato dalle forze NATO. Il regista Dusan Milic ci tiene che siano quelle stesse parole ad aprire il suo quarto lungometraggio e a loro affida il compito di definirne i toni. Un'opera potente quasi tarkovskiana (come vi abbiamo spiegato nella nostra recensione di Darkling), che fa appello alle regole del thriller psicologico e alla suspense da horror per raccontare le storture del confitto esploso nel cuore dell'Europa alla fine degli anni '90. Premio del Pubblico al 33°Trieste Film Festival arriva in sala il 21 aprile e suona quasi come monito contro le barbarie umane e l'irrazionalità di ogni bellicismo. A ricordarci che forse quel giardino di pace che avevamo l'illusione di aver così ben costruito dopo la seconda guerra mondiale, non è stato poi così ben puntellato.

Storia di una guerra: la paura, la follia e l'incombere di un nemico invisibile

Darkling Credits Yana Lozeva 8
Darkling: una scena del film

Vi siete mai chiesti che rumore faccia davvero la guerra e che colori abbia? Guardando Darklinglo capirete. Prima e dopo lo strazio dei corpi scomposti dalla morte improvvisa, ci sono i rumori, l'oscurità, i contorni della realtà che sfumano nelle distorsioni dell'incubo, la paura, la claustrofobia, la perdita di un qualsiasi orizzonte umano, la fame. Dusan Milic lo sa bene e non è un caso che abbia scelto di raccontarlo attraverso i protagonisti del film ispirati a quelli di una storia vera, quando alla viglia del pogrom di marzo del 2004, migliaia di kosovari di etnia serba e albanese furono perseguitati, uccisi o cacciati dal Kosovo, le chiese bruciate e le case distrutte. Anni e anni di conflitto si erano lasciati dietro fratture e divisioni insanabili e una sete di vendetta che esplose ovunque, soprattutto nei territori dove la mescolanza etnica era minore. Anche quando l'odore dei cadaveri ammassati nelle fosse comuni sarebbe stato solo un lontano ricordo, convivere l'uno a fianco all'altro non sarebbe stato semplice.

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Darkling: Slavko Stimac in un'immagine

Chi riuscì a vendere quello che era rimasto delle proprie fattorie scappò abbandonando i villaggi e le città dove aveva trascorso un'intera vita, ma chi decise di rimanere fu costretto a confrontarsi con la paura e le conseguenze del perdurare di una ferita che nessuno si era preoccupato di sanare, tantomeno le forze di pace internazionali che avrebbero dovuto proteggerli. Da qui comincia la storia della famiglia protagonista, che vive barricata nella fattoria in cui si è dovuta trasferire allo scoppio della guerra, sotto la presenza incombente e minacciosa di un nemico invisibile, annidato tra la fitta vegetazione della foresta che la circonda. Così cercano di tirare avanti Milica, sua madre Vukica e il nonno Milutin, rassegnati da tempo a non cercare più una parvenza di normalità, senza acqua corrente, con l'elettricità che salta ogni giorno, i fischietti da usare in caso di emergenza e i blindati della Kfor che ogni mattina scortano la piccola Milica e i bambini dei villaggi vicini fino all'unica scuola rimasta in piedi.

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Darkling: una sequenza del film

Ma la routine muta, silenziosa e arrendevole del giorno cede il passo al territorio sconosciuto della notte, che nell'entroterra rurale e poverissimo del Kosovo sopravvissuto agli orrori della guerra, fa ancora paura e significa una sola cosa: arrangiarsi fino al mattino seguente trincerati in casa mentre il terrore di una minaccia nascosta tra i boschi si intensifica. Quando i militari italiani della Kfor decidono di avviare un'indagine, vengono trasferiti, spingendo i pochi rimasti a lasciare le proprie case. L'unico che ancora resiste è Milutin, che non se ne andrà fino a quando il figlio e il genero scomparsi non faranno ritorno. La sua tenacia si scontrerà con il desiderio della figlia di andarsene, consapevole che il fratello e il marito probabilmente non torneranno mai.

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Darkling: Slavko Stimac in una scena del film

La potenza di Darkling sta tutta nella costruzione del ritmo e delle atmosfere: la tensione latente, l'atavica paura del buio, l'indecifrabilità di un nemico che spia, minaccia e insegue nascosto tra i cespugli, l'immanenza della morte, la perdita dell'umano sentire, gli sguardi svuotati, i corpi affamati. Il regista struttura l'intero film con precisione geometrica e lo costruisce come si fa con un horror di cui prende in prestito i codici senza però rinunciare alla propria vocazione autoriale. È un cinema dove i suoni e l'invisibilità raccontano molto più delle parole, pochissime in tutto il film: i colori desaturati, i dettagli della povera casa scalcinata, i versi di animali morenti che si confondono spesso con urla umane, il sibilo del vento, lo scricchiolio del pavimento in legno.

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Darkling: Danica Curcic in una scena del film

La guerra viene così sentita più che mostrata ed entra in campo attraverso il rumore assordante all'interno dei tank che ogni mattina accompagnano i bambini a scuola, con la penombra incombente o il fragore inquietante delle esplosioni in lontananza. È al fuoricampo e agli altri espedienti del genere che Milic affida la messa in scena dell'orrore altrimenti irrappresentabile con una potenza simile. E anche quando assume le sembianze dark di un fantasy horror, con toni che ricordano Guillermo del Toro, Darkling non perde il realismo che gli è proprio; l'altro grande alleato del regista sono i volti e i corpi degli interpreti (Danica Curcic, Slavko Stimac, Miona Ilov): sfiniti, smagriti e consumati da rituali che non hanno più nulla di umano. L'ultima sequenza con lo sguardo in macchina della piccola Milica, simbolo dell'infanzia negata, è quasi una sublimazione dell'orrore, con la dolenza che a volte solo alcune immagini sacre si portano dietro.

Conclusioni

La recensione di Darkling si conclude sulle ultime immagini del film: la lunga interminabile sequenza dello sguardo in macchina della protagonista ha in sé qualcosa di sublime. Un’immagine di rara potenza come l’intera opera di Dusan Milic, capace di adottare un punto di vista originale e di costruire una tensione crescente usando i codici dell’horror. L’orrore della guerra è evocato dal fuori campo, dal sonoro e dalle visioni da incubo della piccola Milica. Assolutamente da vedere: usciti dalla sala non ve lo leverete di dosso.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5