Presentato stamattina a Roma il film che segna il debutto del catanese Daniele Gangemi al cinema, un esordiente promettente e coraggioso che non si è affidato al gioco facile, e più sicuro, del genere e della nuova commedia all'italiana, ma si è incanalato in un cinema della contaminazione di generi, a metà tra una black comedy e un viaggio surreale con sprazzi fantasy. Dopo un lungo e travagliato percorso di ben due anni teso a superare gli innumerevoli ostacoli che i giovani registi italiani incontrano per finanziare e distribuire le loro opere prime, Una notte blu cobalto del siciliano classe '80 arriva nelle sale: si tratta di un buon esempio di come venga ben ripagata la fiducia riposta da una casa di produzione emergente e caparbia come Orchidea e quella di una casa di distribuzione come la Bolero, che ha il merito di offrirci la possibilità di visionare il cinema indipendente, il cinema autoriale, che altrimenti, purtroppo, rischierebbe di finire sommerso. Il progetto di Gangemi nasce infatti nel 2008 da una sceneggiatura scritta da un quartetto giovane composto dal regista stesso, da Carla Marcialis e dagli attori Corrado Fortuna e Regina Orioli, che ritroviamo nel film nei ruoli dei due protagonisti Dino Malaspina e Valeria. Il film è stato presentato nel 2009 alla 42esima edizione del Worldfest di Houston dove ha ricevuto il Platinum REMI Award come Miglior Opera Prima e arriva il 18 giugno nelle sale italiane in circa 15 copie.
Si tratta di un'opera originale dallo script semplice e dalla messa in scena autentica perché racconta la storia di un laureando che vede il proprio futuro messo in pericolo dalla crisi con la fidanzata: a portare una svolta nella sua vita sarà una notte passata a lavorare come ragazzo delle consegne per una pizzeria che si chiama Blu cobalto e che sembra sfornare pizze impreziosite da un elemento "magico", capace di riportare la felicità nell'animo delle persone. Non sveliamo troppo della metafora della polverina blu per non rovinare la sorpresa agli spettatori e per rispettare la volontà del regista, che ha dichiarato durante la conferenza stampa la volontà di lasciare, com'è giusto che sia, al suo pubblico libera interpretazione. Ma non basta l'accenno alla trama del film per lasciare intendere che non siamo di fronte al film più convenzionale che ci si aspetterebbe di trovare nelle nostre sale perché a rendere l'opera interessante è anche l'apporto tecnico di una truppe fatta di giovanissimi alle prime armi provenienti dal centro e dal sud Italia. Fa eccezione la presenza nel cast artistico del poliedrico Alessandro Haber, nei panni di Turi, un angelo in carne, ossa, barba e sangue siculo, un messaggero che guida il protagonista attraverso filosofiche massime tratte da "L'arte della guerra" del generale Sun Tzu. A dotare il film di un'atmosfera suggestiva e onirica è la colonna sonora di Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, che ha composto le musiche dopo una visita al set e ha firmato il brano della sua band "Blu cobalto", tema principale dell'opera. Abbiamo incontrato tutto il cast del film che, guidato dal bravo Corrado Fortuna e appoggiato dalla coda entusiasta degli stagisti e dei tecnici, ci ha raccontato quanto sia dura per un'opera prima vedere "la luce" nelle sale cinematografiche oggi, in un momento in cui la cultura continua a subire tagli dal governo.Daniele, ci racconti come mai hai scelto proprio la tua città, Catania, per ambientare una storia a metà tra la realtà dei sentimenti e la realtà quotidiana?
Daniele Gangemi: Catania per me è stata un rientro perché tra i 18 e i 19 anni mi sono trasferito a Bologna per studiare al Dams. Poi sono stato a Roma tra il 2002 e il 2003 per realizzare il mio cortometraggio Alter ego...
Ci parli del progetto del film?
Daniele Gangemi: Ho avuto la fortuna d'incontrare i produttori, ma la storia era già nata negli anni della distanza dalla mia città forse perché la distanza ci aiuta a ricordare meglio certi luoghi. Poi ho incontrato Carla Margialis e insieme a Corrado e a Regina abbiamo scritto la sceneggiatura: scriverla da solo sarebbe stato difficile, specie per i dialoghi, invece lavorare a strati ha aiutato molto per ottenere il nostro risultato.
Carla com'è stata quest'esperienza?
Carla Margialis: Ho conosciuto Daniele dopo essermi laureata al Dams. È stata una bella esperienza lavorare insieme perché ci siamo trovati subito in sintonia a livello della poetica e abbiamo scritto in scioltezza la sceneggiatura. Poi Corrado e Regina, che hanno più esperienza di noi, ci hanno aiutato a rendere meglio i punti di vista dei vari personaggi.
Corrado Fortuna: Devo dire che Regina e io ci siamo trovati a lavorare su una prima stesura in cui c'era già il succo del film! Noi ci abbiamo messo dentro le cose che conoscevamo l'uno dell'altra.
Cosa pensi della situazione attuale delle opere prime in Italia?
Corrado Fortuna: Mi viene in mente la frase di Gianni Amelio "Un regista è chi riesce a finirlo, un film" e penso che in questo momento già realizzare un film sia un'impresa titanica, finirlo è ancora più difficile, ma Daniele ci è riuscito e senza provarci con un film commerciale ma con un film d'autore. Questo film poi è costato 500mila euro, quanto costa un solo attore di un prodotto mainstream e ci hanno lavorato tantissimi stagisti, che vi hanno contribuito.
Nei credits però compaiono anche dei nomi noti...
Corrado Fortuna: Sì, abbiamo avuto fortuna con la collaborazione di Giuliano Sangiorgi alla colonna sonora e la mano di Paola Freddi al montaggio. Credo che il film abbia coinvolto tutti anche a livello personale.
Regina Orioli: Forse ho fatto le mie scelte nel senso sbagliato perché ho deciso di laurearmi e sono uscita dal giro dei casting. Probabilmente è per questo che non ho più lavorato. Quando Corrado mi ha contattata sono stata contenta e abbiamo portato avanti un progetto in cui ci riconoscevamo.
Come hai vissuto quest'esperienza da sceneggiatrice?
Regina Orioli: Raccontare una storia al cinema è un modo di parlare alle persone in maniera semplice che può arrivare a fondo.
Ti sei riconosciuta nel ruolo interpretato?
Regina Orioli: Sì. Trovo i ruoli femminili del cinema attuale deprimenti perché sono sempre a una sola dimensione e non mi ci riconosco quasi mai. Qui l'idea era quella di raccontare un confronto in una coppia che sta finendo e in cui non c'è solo la solita nevrosi. Mi sembra che Valeria abbia detto e fatto cose utili alla crescita di Dino e la trovo una cosa molto preziosa.
Alessandro Haber: Forse sono uno dei pochi attori italiani che fa molte opere prime, è vero, ma spero di farne ancora altre perché mi danno ogni volta un'energia incredibile e attraverso i giovani rivedo me stesso. Mi è piaciuto lavorare su un set così propositivo.
Com'è il mercato cinematografico del cinema giovane?
Alessandro Haber: Io spero che il governo permetta ai giovani di realizzare più film e mi auguro che ci siano più persone disposte a finanziarli. Credo che noi avremmo bisogno di far capire al governo che la cultura è ormai una zattera che sta affondando.
Il suo ruolo in questo film è fuori dagli schemi. Ce ne parla?
Alessandro Haber: In questo film sono un angelo, un bruto con le ali, un personaggio che potrebbe aiutare proprio come quello che ne La vita è meravigliosa aiuta il personaggio di James Stewart.
Per lei cos'è quel misterioso "blu cobalto"?
Alessandro Haber: Forse è un filtro magico per aiutare le persone in difficoltà!
Daniele vuoi spiegarci di cosa si tratta?
Daniele Gangemi: Credo che il film sia fatto per il pubblico e che quindi ci sia un momento in cui un regista non debba parlare e dare spiegazioni. L'idea è quella di tenere il dubbio in sospeso fino alla fine. Ci tengo a precisare che non è una droga! È qualcosa che volevo raccontare per spiegare meglio la fine, l'epilogo di una storia d'amore, che, secondo me, fa parte della storia esattamente come la sua parte centrale.
Daniele Gangemi: Nel film Dino incontra Turi e l'uomo diventa per lui una sorta di guida in un'epoca che invece è povera di maestri. Personalmente ho avvertito questa mancanza nel mio percorso di formazione e quando ho incontrato persone che mi insegnavano qualcosa ho fatto tesoro dei loro consigli.
La scelta del protagonista di andare a lavorare per la pizzeria "Blu cobalto" è decisiva nella sua vita e sembra seguire il principio buddista d'interdipendenza tra ambiente, azione e reazione. Ci sono state influenze orientali nelle scelte degli sceneggiatori?
Daniele Gangemi: C'è un richiamo alla cultura orientale ma non prettamente buddista tanto che nel film viene più volte citato il libro "L'arte della guerra".
Catania è una delle città italiane più prolifiche per il rock progressivo e nel film la colonna sonora ha un peso importante. Come ha lavorato Giuliano Sangiorgi alle musiche?
Daniele Gangemi: Giuliano non è potuto venire perché è in America per il suo ultimo album, ma ha lasciato un videomessaggio. Giuliano Sangiorgi parla timido ed essenziale davanti a una webcamerina, è dispiaciuto di non essere alla conferenza stampa perché non è in Italia e augura al giovane Gangemi una carriera lunga, poi aggiunge: "Ci dispiace non essere lì, ma siamo in Canada per incidere il nostro nuovo album. In qualche modo però siamo lì perché siamo nel film con la canzone e le musiche che ho scritto. È stato bello lasciarsi trasportare dal mood che veniva fuori dal film e che sentivo in maniera molto forte".
Valentina Carnelutti appari sempre più spesso sul grande schermo in ruoli inusuali. C'è un motivo in particolare?
Valentina Carnelutti: Corrado e io ci eravamo incontrati alcuni anni fa e avevamo parlato proprio del cinema sommerso. Poi lui mi ha chiamata e mi ha parlato di un film fatto da persone nuove e girato a Catania: gli ho detto "sì" sulla fiducia. Di solito mi chiamano sempre all'ultimo minuto per propormi dei ruoli e a me, onestamente, piacerebbe invece prendere decisioni ponderate, non presi in corsa. Sono comunque grata di fare anche parti minori perché vi trovo sempre qualcosa di onesto e qualcosa che costringe a fare i conti con la realtà del momento.
Con cosa fa i conti il tuo personaggio, Lucia?
Valentina Carnelutti: Mi piace raccontarmi che Lucia è un pensiero positivo, che in qualche modo fa sì che le cose trovino il loro percorso naturale.
Daniele sia i coprotagonisti sia i personaggi secondari sono tutti alquanto bizzarri. Come mai questa scelta?
Daniele Gangemi: L'idea era quella di raccontare vite particolari il cui unico denominatore comune, compreso lo stesso Dino, fosse la solitudine.