"Vive la France", si usa dire spesso, e quando si parla di cinema non potrebbe esserci espressione più calzante. L'industria francese è sempre stata una delle più prolifiche del Vecchio Continente, ma in questi ultimi anni si è fortemente imposta come la più variegata - e di successo - del panorama europeo. D'altronde, la pellicola i nostri cugini oltralpe ce l'hanno nel sangue: dai fratelli Lumière, che nonostante le controversie vengono ancora universalmente riconosciuti come gli inventori del cinema, fino alla gloriosa tradizione del Festival di Cannes, uno dei più amati a livello mondiale che quest'anno festeggerà i suoi settant'anni. In un momento storico in cui Hollywood è occupata a guardare solo a determinati generi e fatica sempre di più a trovare spazio per un cinema nuovo e indipendente, la Francia mette a disposizione risorse e sistemi governativi che favoriscono i nuovi registi, le produzioni più piccole e permettono ad un mercato in crescita di continuare a fiorire. Il risultato è un'industria in crescita che trae forza dai suoi successi e riesce grazie ad essi a puntare gli occhi del mondo su di lei.
Il merito è però anche (e soprattutto) del pubblico: i francesi vanno al cinema, parlano di cinema e vivono di cinema - e anche in questo caso vengono presi per mano da uno stato che permette agevolazioni economiche anche per gli spettatori, grazie a tessere e abbonamenti. Il pubblico scopre così più pellicole, diventa onnivoro, più curioso e viene portato istintivamente a conoscere e scoprire di più della sua produzione. Un sistema vantaggioso per tutti, che porta sempre più in alto i film produit et réalisés en France, artefici di numeri in sala a dir poco sconvolgenti. Pubblico in crescita costante e produzione florida: non è certo un caso se negli ultimi dieci anni siano stati proprio i francesi grazie a questo ecosistema favorevole a sfornare le migliori commedie (un genere di cui noi italiani ci siamo da sempre fatti bandiera) realizzando delle pellicole campioni di incassi che hanno emozionato il pubblico di tutta Europa, compreso il nostro. Il fenomeno Quasi amici è forse il più emblematico, e dimostra come la forza del film sia riuscita a far breccia anche nei cuori di noi italiani, che lo abbiamo ampiamente premiato al botteghino rendendolo solo il primo di una serie di successi.
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Giù al Nord: la Francia e il nuovo cinema europeo
Ridere delle proprie diversità e dei luoghi comuni, riuscendo allo stesso tempo ad educare lo spettatore al diverso (anche se conterraneo) e alla voglia di scoprire il prossimo sotto un nuovo punto di vista. Sono questi e molti altri i pregi di Giù al nord (dal titolo originale Bienvenue chez les Ch'tis), commedia diretta da Dany Boon e da lui anche interpretata. Città contro campagna, e un racconto acuto delle differenze tra il nord e il sud della Francia in chiave ironica, cercando di riunire sotto il segno di un'improbabile amicizia un paese fin troppo diviso.
E se la storia vi sembra familiare, è perché probabilmente avete visto Benvenuti al Sud, un remake tutto italiano con protagonisti Claudio Bisio e Alessandro Siani, che gioca proprio sugli stessi temi - presenti purtroppo anche in Italia. Un'idea vincente che ha funzionato anche da noi quindi, sebbene riproposta da una produzione nostrana. In Francia Giù al Nord divenne un caso: 20.329.376 spettatori, un botteghino record e il favore della critica lo hanno reso in patria il film più visto di sempre dopo Titanic, a prova del fatto che anche i prodotti del proprio orto possono essere altrettanto buoni di quelli oltreoceano.
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Quasi amici: la consacrazione
Dany Boon apre la strada nel 2008 ad un vero e proprio rinascimento del genere, che con il tempo non fa altro che affinarsi trovando nuovi modi di esprimersi. La commedia diventa così occasione di riflessione, attraverso una risata malinconica che tre anni dopo esplode con un altro successo enorme, Quasi amici. Il film, diretto da Éric Toledano e Olivier Nakache, racconta dell'improbabile storia vera di amicizia tra un uomo tetraplegico (François Cluzet) e il suo badante (Omar Sy), ed è forse il fenomeno più conosciuto a livello europeo.
A sole nove settimane dalla sua uscita in Francia riuscì a diventare il secondo film francese di maggior successo, e a livello mondiale riuscì ad incassare più di 426 milioni di euro. Una storia asciutta ma commovente, tutt'altro che ricattatoria ma al contrario capace di emozionare il pubblico, stregato soprattutto grazie al passaparola (che ha funzionato in gran parte anche in Italia); elementi che hanno permesso alla commedia dolceamara di arrivare ai cuori di tutto il mondo. Indimenticabili le interpretazioni di François Cluzet e di Omar Sy, che proprio grazie alla pellicola ha ottenuto uno sguardo internazionale ed un conseguente successo che lo ha portato perfino ad essere considerato per il ruolo di prossimo James Bond.
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Non sposate le mie figlie: giocare con le debolezze
I cambiamenti nel tessuto sociale di un paese dinamico come la Francia sono visibili già in pochi anni, e sta all'intelligenza dei registi cogliere le nuove tendenze e capire come giocare con esse: ci riesce benissimo nel 2014 Philippe de Chauveron con Non sposate le mie figlie!, una commedia che centra in maniera irriverente il problema dell'integrazione. Protagonista una famiglia medio borghese con quattro figlie femmine, che si innamorano di un ebreo, un musulmano e un cinese ateo. Quando la quarta figlia si innamora di un ragazzo di colore i genitori perdono ogni inibizione, esasperando l'atmosfera già molto tesa in famiglia dando sfogo alla loro intolleranza verso questa nuova sgangherata famiglia multietnica. Un film che fa del cliché la sua forza, e che riesce ad esasperare situazioni comuni all'interno di famiglie in cui le generazioni si scontrano sul tema dell'uguaglianza. Nella lista dei dieci migliori incassi di sempre, Non sposate le mie figlie è l'ennesimo esempio di un genere in costante evoluzione, che riesce a guardare con intelligenza alla società contemporanea imparando a declinarne ogni aspetto con grande autoironia.
Non è difficile immaginare che la cosa si ripeta di nuovo con Un tirchio quasi perfetto, in uscita in italia il 16 marzo, diretto da Fred Cavayé e interpretato tra gli altri proprio da Dany Boon, lo stesso che portò al successo Giù al Nord. A Boon il ruolo di un ricchissimo imprenditore che ha tuttavia anche l'unico difetto di essere molto tirchio, e di ricavare gioia dal risparmiare denaro. L'arrivo di un amore e di un'inaspettata nuova presenza nella sua vita gli insegnerà a gestire diversamente le sue priorità, ed è molto probabile che il pubblico europeo si innamori ancora una volta di un personaggio in grado, con dolcezza e attenzione, di rispecchiare le fragilità di tutti noi dietro una risata.