Da Madame Anaїs
Rifiutato a Cannes per "insufficienza artistica", il 5 settembre del 1967 Bella di giorno di Luis Buñuel debutta alla mostra veneziana dove ottiene il Leone d'oro, massima onorificenza della rassegna d'arte cinematografica; il premio fu accompagnato da una chiara motivazione che indicava Buñuel come "uno dei rappresentanti più illustri della lezione surrealista". Il film che gli fa ottenere questo importante riconoscimento è sceneggiato assieme a Jean-Claude Carriere dal romanzo omonimo di Jospeh Kessel, ed è interpretato magistralmente da una fredda Catherine Deneuve (Sevérine) e da un crudele Don Giovanni Michel Piccoli (Husson), affiancati da un Francisco Rabal e Geneviéve Page mai in ombra.
Sevérine e Pierre sono apparentemente una felice coppia borghese; lui un giovane e impegnato chirurgo, lei una donna insoddisfatta, distaccata e frigida. Questo vuoto esistenziale che avvolge il suo sguardo inespressivo viene colmato con la creazione di una seconda vita in una "casa di mode". Le fantasie sado-masochistiche che esprime in quel contesto, la rendono più amorevole nei confronti di un marito con il quale invece non riesce ad esprimersi sessualmente. Ma lei stessa sa bene che presto verrà punita per ciò che fa, infatti la "tragedia" è dietro l'angolo, e viene annunciata da una sedia a rotelle abbandonata di fronte all'entrata dell'ospedale che incuriosisce lo sguardo del marito Pierre.
Sevérine è una donna-bambina che confonde continuamente la propria esistenza nei due diversi piani nei quali il film si dipana; quello della realtà e quello del sogno. Ma questo incrociarsi farà tragicamente scontrare le due Sevérine che continueranno a sognare nonostante l'assordante boato di una pistola. I due piani temporali diventano piani narrativi, spesso ripresi e quindi ossessivi, dove Buñuel inserisce con disinvoltura quei elementi funzionali nel descrivere ogni sogno-realtà ed emozione provato dalla donna. Il suono di campanelli, o campane, è frequente nei due diversi piani temporali ogni volta sono indicativi o di una punizione o della soddisfazione dei propri bisogni/perversioni sessuali. Quando il buio invade la sala e le schermo inizia a raccontarsi, siamo di fronte a quello che è un viaggio immaginario dei due coniugi su una carrozza (simbolo del suo passaggio da donna frigida a donna che fa la vita) lungo un sentiero di campagna. La realtà-sogno è apparentemente tranquilla, ma da un "ti amo" detto con puntuale freddezza, si passa quasi immediatamente alla punizione per questa "freddezza". I due cocchieri legano la donna ad un albero, la frustano ed il più giovane dei due bacia le sue spalle nude, che da glaciali diventano compiacenti. Questa punizione si ripete in seguito sempre sul piano temporale del sogno; in questa seconda occasione troviamo sempre il marito questa volta in compagnia di Husson (personaggio odiato e amato che sussurra l'indirizzo di una casa del piacere). Il tutto si svolge sempre in campagna, ora troviamo i personaggi in un bivacco, e Pierre lamenta all'amico la sua incapacità nel scaldare la "zuppa". Parlano della mandria di tori (rimorso ed espiazione) vicina a loro ed un suono di campane (quelle dell'Angelus) danno il via al lancio del fango, naturalmente addosso alla donna legata questa volta ad un palo. Soffermandoci ancora su questa scena, bisogna evidenziare come lo stesso regista la costruisce; la scena richiama quel noto quadro di Millet dove Pierre occupa il posto della moglie del contadino.
Husson è un personaggio fondamentale nell'inconscio e nella realtà della donna, sarà infatti lui stesso a spingere la donna in un vortice di appetiti sessuali, così come sarà lui stesso a spiegare tutto ad un marito uscito dal coma, quasi cieco e sulla sedia a rotelle, sarà lui stesso a chiederne un incontro chiarificatore 48 anni dopo. Il fatto tragico che colpisce Pierre è dovuto proprio alle perversioni sessuali della moglie, che lo porteranno ad essere quasi ucciso da un amante violento dai tratti fortemente picassiani.
Questi sono solo alcuni esempi per tentare di spiegare la ricchezza simbolica di un film surrealista come Bella di giorno, in cui il regista ha il merito, con le sue lente movenze della macchina, di aver scartato ogni tipo di denunzia moralistica, e quindi di aver mostrato tutto con gli occhi visionari di Sevérine.