Mentre in sala - preceduto da un'attesissima anteprima a Cannes - fa bella mostra di sé Crimes Of The Future, l'ultimo incubo partorito da David Cronenberg, su Prime Video è disponibile (con due anni di ritardo rispetto alla sua distribuzione internazionale) Possessor, l'opera seconda del figlio Brandon: seppure con le dovute proporzioni, sono due affascinanti declinazioni del cinema horror colme di suggestioni autoriali, due opere che sembrano lo stesso incubo spiegato da due persone differenti. Crimes Of The Future è sicuramente un piccolo trattato sul cinema del regista di Videodrome, rispecchiandone le ossessioni e le perverse fascinazioni per un oscuro declino esistenziale: nuova carne, scienza e tecnologia, perversioni evoluzionistiche.
Dall'altra parte, Possessor è la definitiva consacrazione di un talento, quello di Brandon, con le idee ben chiare e con una forma che riesce a restituire il senso del contenuto. Per quanto differenti nei risultati e in alcune sfumature, entrambi i film però sembrano voler mettere in scena un cinema che racconta una visione oscura del futuro, dove l'avvento della tecnologia è un mezzo doloroso e invasivo quanto inevitabile. In questo senso, Crimes Of The Future, pur riprendendo il titolo del secondo lungometraggio di David del 1970 in attesa del suo debutto nel cinema di larga diffusione avvenuto con Rabid - Sete Di Sangue, non ha con quello pressoché nulla in comune (autoprodotto, senza dialoghi, solo con voce off) se non una vaghissima suggestione sulla brutalità e la violenza che una disciplina scientifica può attuare sulla natura. Che è poi uno dei temi portanti del suo cinema che verrà, giù giù fino al suo omonimo del 2022, dove fin dalla prima inquadratura Cronenberg ci immerge nei brandelli di un mondo post apocalittico tra gerarchie sociali e feticismo, ossessioni proibite e desideri frustrati, attrazioni e deviazioni. Ma soprattutto, identità sessuali che hanno necessità di adattarsi tra incroci e illusioni morali, fino ad un'estetizzazione del dolore e all'attrazione verso la morte.
David Cronenberg: cinema degli opposti
Saul Tenser, personaggio centrale del film, è probabilmente l'approdo definitivo della deriva esistenziale cronenberghiana: la natura che scende a patti con la tecnologia e cerca di superarla in un balzo, tra contorsioni anatomiche e sussurri sadomaso. È questo il rischio del futuro che mette in scena il regista canadese: viscere, cavi biomeccanici e trasformazioni corporali e mentali sono il segno, per David Cronenberg, che il nemico viene da dentro, in scenari radicali. Le sue latitudini geografiche (e non fa assolutamente eccezione Crimes, anzi conferma tutto sin dal prologo, anzi dai titoli di testa che fluttuano in una dimensione organica rosso sangue) danno l'impressione di ambienti sporchi, usati, abitati, consumati ancor prima che la macchina da presa girasse. Ma lui non imita il reale, bensì disegna spazi e mondi che ancora non sono (?), e negli strazianti procedimenti filmici che lo portano a contaminare gli opposti - l'uomo e la macchina, il reale e il virtuale, il sano e il malato, la realtà e la sua riproduzione, il simulacro e la copia, il maschile e il femminile - attua la prima e più sconvolgente reazione: corporeizza i luoghi, rende gli spazi dei set veri corpi organici. Crimes Of The Future è l'unico (suo) cinema possibile oggi, tessuto di un audiovisivo oggi necessario e politico nel senso più urgente e contemporaneo del termine. La Nuova Carne è quindi un soggetto/oggetto centrale nella sua poetica: il risultato di un'evoluzione fisica e psicologica, infettata dal futuro.
Crimes of the Future, la recensione: per Cronenberg l'insurrezione nasce dal corpo
Brandon Cronenberg: cinema e virus delle immagini
Che invece per il figlio Brandon Cronenberg, che debutta con lo sconvolgente Antiviral, non attraversa i meandri di neotecnologie organiche ma si incista nelle immagini intaccando dall'esterno lo stato psicofisico dei protagonisti in scena, che scelgono consapevolmente la loro deriva con un virus che modifica gli atteggiamenti. Il solco che biforca lo scenario dei due mondi distopici di Cronenberg Sr e Jr sta qui: non c'è nessuna causa esterna, non c'è nessuna costrizione di governi repressivi, non c'è errore bio-tecnologico. Nel mondo di Brandon la mutazione è volontaria e cosciente, la malattia è una vera e propria scelta. In Antiviral, la multinazionale Lucas Clinic commercia virus appartenuti alle celebrità, che vengono acquistati da gente che pur di sentirsi in contatto con le loro star-divinità si inoculano agenti patogeni (non infettivi) più disparati. Il virus passa dalle immagini, dal desiderio della visione. "Prendemmo la nostra immagine e la codificammo. Un codice tecnico sviluppato dai teorici dell'informazione. Quando scoprimmo che il materiale dell'immagine non era materia morta, ma mostrava di possedere lo stesso ciclo di vita di un virus, e questo codice venne scritto a livello molecolare": il testo è di William Burroughs, seme comune delle ispirazioni di padre e figlio, che va direttamente al cuore di Antiviral. "Non è un caso che i pezzi grossi della droga siano sempre grassi e il tossicomane della strada è sempre magro", sempre Burroughs, sempre Cronenberg (ma padre), il film è Il Pasto Nudo: film incredibile e incredibilmente illuminato, nel quale il regista riesce nell'impresa impossibile di trasformare in immagini le parole del libro senza trama dello scrittore. Insomma, stessa matrice letteraria per stesso universo con declinazioni differenti.
Possessor, la recensione: il corpo del reato
L'immagine, con la malattia e il virus che la infetta, è uno dei punti di contatto di padre e figlio, e torna soprattutto nel citato Possessor. "Il volto umano è un potente messaggero: piccoli movimenti dei muscoli si possono tradurre in una complessa informazione non verbale. In pratica, per gli esseri umani il volto è una struttura con un'alta risoluzione di informazione." Con la prima sequenza del suo secondo film, Brandon collega i suoi due lungometraggi e dichiara subito che quando l'immagine è infetta, anche l'identità ne viene intaccata. Un'identità che parte prima di tutto dal volto/maschera. Anche in Possessor il virus, la trasformazione, la mutazione è una scelta della protagonista (Vos Tasya, killer di un'organizzazione che utilizza un macchinario di transfer che possiede la psiche e il corpo di altre persone per commettere omicidi). Il film mette sotto la lente d'ingrandimento i frammenti identitari dei personaggi, vivisezionandoli in allucinazioni dettagliate: e proprio come Crimes Of The Future (ma anche eXistenZ, Inseparabili, M Butterfly) ci sono nel film vuoti narrativi, ellissi di trama, come se gli stessi siano identità embrionali con una nuova metamorfosi in atto, in un continuo moto di riconoscimento e perdita. I film dei due Cronenberg richiedono quindi un'attenzione continua, un'osservazione sorvegliata, sono opere piene di fratture e squarci - ovviamente purulenti - nelle quali immergersi e scavare per dare un senso alle immagini, magari riconoscendosi in quei drammi.
Nubi all'orizzonte
Antiviral e Possessor, alla luce di Crimes Of The Future, approfondiscono insomma la poetica cronenberghiana, citando Videodrome ed eXistenZ: ma è interessante e fondamentale notare due cose. Il tormento della nuova tecnologia è parte integrante dei mondi dei due registi: ma mentre caratteristica fondante del cinema di David è la sporcizia di cui si parlava sopra, mentre l'estetica di Brandon è pulita, asettica, successiva. Per David la deformità è una conseguenza al dolore fisico, per Brandon è una scelta intima. Per ultimo, non è un caso se Crimes Of The Future inizia con un infanticidio e finisce con l'autopsia del cadavere, mentre Possessor si conclude con la morte di un bambino. Due realtà interconnesse e opposte, abitate da identità estreme da abitare, due sentieri che conducono ad un futuro ipotetico e possibile ma sempre e comunque intriso della tragedia e della malinconia di un futuro oscuro.
Crimes Of The Future: Perché dentro c'è tutto il cinema di David Cronenberg