In fondo l'urlo di Tardelli era quello di un matto. Matto di felicità, matto per il calcio. La recensione di Crazy for football - Matti per il calcio, il film tv di Volfango De Biasi con Sergio Castellitto, che andrà in onda il 1° novembre in prima serata su Rai 1 dopo essere stato presentato Festa del Cinema di Roma, inizia da qui. Da quella finale dei Mondiali di Spagna del 1982, da quell'Italia-Germania 3-1 che viene fatta vedere ai calciatori prima di una partita, per motivarli, per far vedere loro come si vince. Crazy for football - Matti per il calcio nasce da una storia vera, quella dello psichiatra Santo Rullo, l'ideatore della Nazionale Italiana di calcio a cinque formata da persone con problemi di salute mentale, e dall'omonimo documentario di Volfango De Biasi, vincitore del David di Donatello nel 2017. Crazy for football - Matti per il Calcio è la versione fiction di quella storia, ed è costruita sapientemente per il target a cui è rivolta, il pubblico di Rai 1, ma senza rinunciare a nulla del messaggio del film. La storia è declinata più decisamente verso la commedia, ma il disagio di certe situazioni si sente tutto. E di questo si deve dar merito a regista e attori.
Santo Rullo, un visionario, un medico illuminato
La storia di Crazy for Football - Matti per il calcio sposta leggermente i riflettori rispetto al documentario. Diventato un prodotto di finzione, il film di Volfango de Biasi è incentrato più sulla figura di Santo Rullo (Sergio Castellitto), un visionario, un medico illuminato e lungimirante. Una persona che, a un certo punto, sceglie di dedicare la sua vita al reinserimento sociale dei suoi pazienti e, scontrandosi contro tutto e tutti, li porta a vivere un sogno: il primo mondiale di calcio a cinque disputato da pazienti psichiatrici. Il film racconta come tutto è iniziato, le selezioni della squadra quando ancora non c'erano un campo e le magliette, e neanche un luogo per il ritiro, che così si svolge a casa dello stesso Rullo. Accanto a lui ci sono l'assistente (Antonia Truppo), la figlia (Angela Fontana) e un allenatore che attraverso questa squadra troverà il suo riscatto (Max Tortora).
Crazy for football: il calcio come terapia
Sergio Castellitto diventa Santo Rullo
Vedere Santo Rullo con il volto di Sergio Castellitto, per chi ha conosciuto da vicino lo psichiatra, fa un certo effetto. Basta un attimo e si comincia davvero a credere che Castellitto sia Rullo. Quella barba curata e appena accennata, lo sguardo dolce e luminoso, gli abiti eleganti ma informali, la camicia senza cravatta. Ma, soprattutto, c'è l'umanità di questo personaggio, l'apertura mentale che Sergio Castellitto riesce a tirare fuori e a trasmettere. Se, come detto, il documentario Crazy for Football del 2016 si concentrava soprattutto sui calciatori, il film che arriva oggi in tv è incentrato di più sul privato di Rullo. Ed è una scelta azzeccata, perché la storia di un uomo che mette in gioco se stesso e si gioca tutto per portare avanti la sua idea è molto cinematografica e tipicamente hollywoodiana. Anche la figura dell'allenatore cambia dalla realtà alla finzione: il coach Enrico Zanchini è molto più giovane dell'allenatore di Max Tortora, che è stato scelto per farne il classico underdog di tanti film.
Mettono in dubbio le regole della vita, non quelle del calcio
Ma quello che resta è il modo di fare di Zanchini e di Rullo. "Non metterli mai in ridicolo" dice Rullo alla figlia che si sta occupando di raccontare la storia sui social media. "Trattali come giocatori" dice invece al tecnico. È questo che ha sempre fatto Zanchini, ed è questo che fa bene ai calciatori. Perché loro mettono in dubbio le regole della vita, non quelle del calcio. E il calcio ora li porta fuori. Li porta a quella che era la condizione prima di ammalarsi. E poi nel calcio ci si passa la palla l'uno con l'altro: vuol dire che si comunica. Che non si si è soli. Che non si sentono più le voci, quelle brutte che si hanno dentro, ma solo le voci dei compagni e dell'allenatore. Il film riesce a raccontare tutto questo con empatia, con uno sguardo che non è mai dall'alto, come sono riusciti a fare Fabio Bonifacci e Giulio Manfredonia con Si può fare e Nicola Guaglianone e Gabriele Mainetti con Freaks Out.
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Volfango De Biasi: prendere un film tv ed elevarlo
Volfango De Biasi è uno che sa fare alla perfezione tutto quello che va fatto ogni volta che si avvicina a un film. Ha fatto il teen movie, con Come tu mi vuoi, e ha preso il classico film con Capotondi e Vaporidis e ne ha fatto qualcos'altro, un trattato di scienze della comunicazione e sulla società dell'immagine. Ha fatto i cinepanettoni, e in qualche modo li ha cambiati, ha dato loro una formula nuova. In Crazy For Football, il documentario, ha fatto vedere la sua sensibilità. In questo film non si mette mai in primo piano come regista, ma lascia spazio ai volti dei ragazzi (che sono tutti attori ma sembrano dei veri pazienti psichiatrici) e alle loro storie. Prende i canoni del film tv, della prima serata di Rai 1, e li eleva a un livello superiore, grazie agli attori e alla direzione degli stessi, in modo che riescano a dare al massimo e ad essere, allo stesso tempo, credibili ma anche in grado di far sorridere e toccare i toni della commedia. A stridere è forse solo una scena, l'esplosione di rabbia di Fabio in un bar, che si discosta troppo dal tono sereno del film. E il fatto di incorrere inevitabilmente in qualche piccolo stereotipo narrativo. Ma Crazy For Football è un film da vedere. È in prima serata su Rai 1 e non avete scuse. E allora guardatevi "l'unico mondiale dove se non sei dopato non partecipi".
Conclusioni
Nella recensione di Crazy for football - Matti per il Calcio vi abbiamo parlato di un film costruito sapientemente per il target a cui è rivolto, il pubblico di Rai 1, ma senza rinunciare a nulla del suo messaggio. La storia è declinata più decisamente verso la commedia rispetto al documentario da cui è tratta, ma il disagio di certe situazioni si sente tutto. E di questo si deve dar merito a regista e attori.
Perché ci piace
- La scelta di costruire il film come una commedia, ma senza dimenticare mai il tragico di questa storia.
- L'interpretazione di Sergio Castellitto, perfetto nei ruolo di Santo Rullo.
- L'empatia con i personaggi che si è riusciti a creare.
Cosa non va
- C'è solo una scena più "forte" che stride con il tono del film.
- Il film cade in piccoli stereotipi, ma sono cose di poco conto.