Tra i serial killer più conosciuti di sempre c'è senza dubbio John Wayne Gacy: dal 1972 al 1976 mietette ben 33 vittime (anche se potrebbero essere molte di più), la cui maggior parte venne sepolta nel seminterrato di casa sua. Come vedremo in questa recensione di Conversazioni con un killer: Il caso Gacy, ci troviamo davanti alla seconda stagione della docuserie di Joe Berlinger dedicata ad alcuni degli assassini seriali più famosi della Storia criminale mondiale, disponibile, ancora una volta, su Netflix.
Come nel caso della prima tranche di episodi, dedicata a Ted Bundy, il fil rouge è l'utilizzo come scheletro narrativo di alcune registrazioni di interrogatori fatti al killer dopo la cattura: attraverso le parole di Gacy ci spostiamo dalla sua infanzia fino all'età adulta, dal primo omicidio fino alla cattura. A rendere particolarmente interessante il documentario è l'enorme mole di materiale che lo arricchisce, dalle interviste ai parenti e amici delle vittime, a quelle ai vicini di casa, addirittura all'avvocato che lo difese durante il processo. Il caso Gacy è un prodotto estremamente curato e ben strutturato, che ci catapulta nella mente malata di uno degli assassini seriali più crudeli e disturbati di sempre attraverso la registrazione diretta delle sue parole. Un'operazione che risulta estremamente coinvolgente ed evoca atmosfere particolarmente inquietanti, capace di catturare gli amanti del true crime (che sulla piattaforma streaming hanno a disposizione un catalogo davvero vasto) che chi tendenzialmente non si approccia a questo genere.
I crimini di Gacy
Come vi anticipavamo, John Gacy è stato condannato per la morte di 33 giovani uomini, vittime di violenza non solo fisica ma anche sessuale da parte dell'uomo. Gacy - come ci viene spiegato nel documentario - era il tipico padre di famiglia, un piccolo imprenditore con aspirazioni politiche: anche se più volte arrestato ed interrogato per crimini più o meno gravi, dopo un breve periodo passato in prigione è sempre passato sotto i radar della polizia, che non lo considerava un individuo realmente pericoloso. D'altronde in quel periodo, nel pieno degli anni Settanta, i giovani omosessuali che spesso venivano adescati da Gacy (a volte rinnegati dalle loro stesse famiglie, e che non avevano una casa a cui tornare) erano considerati vittime di serie B. Le indagini nei confronti di Gacy, infatti, arrivano a una svolta nel momento in cui a scomparire fu un quindicenne di buona famiglia, Robert Piest, che l'uomo aveva adocchiato mentre lavorava part-time vicino casa. Fu proprio mentre la polizia cercava Piest che scoperchiò il terribile vaso di Pandora sepolto sotto casa di Gacy: tutte le altre sue vittime, molte di cui restano ancora senza nome.
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Una critica alla società dell'epoca
Il documentario di Berlinger, oltre a ricostruire la storia di Gacy, partendo dai traumi della sua infanzia (concentrandosi in particolare sul difficile rapporto con il padre) fino alle follie compiute in età adulta (l'uomo amava addirittura travestirsi da clown ed intrattenere i bambini, e per questo è anche noto come killer clown), sposta il proprio focus sul contesto sociale in cui l'uomo ha potuto compiere indisturbato i suoi crimini. Una critica puntuale al ruolo delle autorità dell'epoca, che avrebbero potuto probabilmente catturarlo molto prima, evitando così la morte violenta e crudele di così tanti giovani.
Il caso Gacy, nei tre episodi che lo compongono, cerca anche di analizzare il forte impatto che l'operato del killer ebbe tanto sul pubblico dell'epoca, che assistette in diretta alle indagini in casa sua, quanto su chi era vicino alle vittime, amici e familiari che ancora oggi vivono con il peso di ciò che è accaduto, rimproverandosi di non averlo potuto evitare.
Sopratutto l'ultimo episodio, in cui scopriamo che alcuni dei ragazzi che uccise ancora non sono stati identificati (ma le nuove tecnologie stanno aiutando in questo senso), ci fa riflettere sull'orrore di quanto compiuto da un uomo apparentemente normale, che cambiò radicalmente le vite molte più persone di quelle a cui fece del male.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Conversazioni con un killer: Il caso Gacy, sottolineando come si tratti di un documentario ben costruito e coinvolgente, che racconta nel dettaglio la storia criminale di uno dei serial killer più famosi di sempre.
Perché ci piace
- La struttura del personaggio, che procede raccontato nel dettaglio la vita di Gacy.
- I tantissimi contributi di amici, parenti delle vittime, di tutti coloro che hanno in qualche modo partecipato al caso.
Cosa non va
- Alcune tematiche andavano forse approfondite di più.