I tremolii della memoria, frammenti di immagini invecchiate, le note di una canzone che emerge dai ricordi di un passato confuso, e poi l'incalzare dei dialoghi, il rincorrersi di corpi, le schermaglie amorose. Come proveremo a spiegare nella recensione di Conversazioni con altre donne, l'opera prima di Filippo Conz (in sala dal 31 agosto) è una creatura strana, un prezioso esercizio di regia che se da un lato aspira a farsi manifesto dell'amor fou dall'altro guarda alla grande lezione della Nouvelle Vague. Realistico, amaro malinconico: un vero flusso di coscienza sulle tracce dell'amore perduto, che riesce a farsi perdonare alcune forzature e qualche incongruenza narrativa di troppo.
Storia di un amore perduto
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Alla base di Conversazioni con altre donne c'è un soggetto di Gabrielle Zevin, che nel 2006 ne scrisse una brillante sceneggiatura per il grande schermo: il film era Conversations with Other Women diretto da Hans Canosa con due interpreti straordinari, Helena Bonham Carter e Aaron Eckhart, passato quasi in sordina nelle sale italiane e relegato . Nell'adattamento italiano Filippo Conz affida a Francesco Scianna e Valentina Lodovini i ruoli delle due anime gemelle senza nome, destinate a infilarsi "come due comete impazzite l'uno nell'orbita dell'altra" e sposta l'azione da New York a nella suggestiva cornice del borgo calabrese di Tropea, che diventa luogo sospeso e senza tempo.
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La trama di Conversazioni con altre donne resta pressoché identica all'originale: un uomo e una donna, di cui non conosceremo mai il nome, si incontrano a una festa di matrimonio. Lei è "l'ottava migliore amica della sposa", la damigella "last minute" chiamata per rimpiazzare l' "originale", lui è il fratello della sposa: quando le si avvicina per offrirle da bere, tra i due inizia una conversazione che lentamente rivela allo spettatore preziosi dettagli sul loro passato. Sono ex marito e moglie, non si vedono da nove anni e nonostante oggi si siano rifatti una vita con i rispettivi partner, si concedono lo spazio di una fuga romantica che si trasforma presto nel tentativo di recuperare le emozioni di un tempo perduto.
Una straordinaria prova d'attore
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Allo split screen che dominava la versione americana Conz preferisce una narrazione discontinua affidata all'uso frequente del jump cut e alla confusione dei piani temporali: le suggestioni del presente e i ricordi del passato si intrecciano, si accavallano, si scambiano i ruoli, mentre i maliziosi scambi di battute tra i due si trasformano in dialoghi serrati. Il ritmo è sostenuto, le parole costruiscono un mondo parallelo, fluido, acquatico in cui i due protagonisti potrebbero essere chiunque o fare qualsiasi cosa: i volti sfumano l'uno nell'altro, la cinica spensieratezza fa spazio all'amarezza del rimpianto e la dolcezza del ricordo cede alla rabbia del rimorso.
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In mezzo esplode la passione e insieme la tristezza delle occasione perse, di ciò che non è stato e invece poteva essere, una girandola di immagini che si porta dentro un che di decadente e immensamente romantico. Un'opera struggente dove la regia fa scelte coraggiose e le porta avanti con precisione chirurgica, ma anche una grande maratona attoriale: Valentina Lodovini e Francesco Scianna giganteggiano, cannibalizzano la scena e non si sottraggono di un centimetro. Non era una sfida semplice reggere un intero film con la macchina da presa costantemente addosso e pronta a pedinarli, ma ci sono riusciti con una performance da veri funamboli, bravissimi a tenere sempre alta la tensione e a dare allo spettatore la sensazione di essere lì a quel banchetto nuziale, dentro le loro civetterie, i dolori e i rimorsi, a pensare che in fondo "se i vecchi tempi fossero belli la gente non li lascerebbe invecchiare".
Conclusioni
La recensione di Conversazioni con altre donne si conclude ribadendo quanto detto fino a ora. L’opera prima di Filippo Conz si rivela un prezioso esercizio di regia che se da un lato aspira a farsi manifesto dell’amor fou dall’altro guarda alla grande lezione della Nouvelle Vague. Realistico, amaro malinconico: un vero flusso di coscienza sulle tracce dell’amore perduto, dove i piani del presente e quelli dei ricordi si confondono, smarginano e sfumano l’uno nell’altro. Straordinarie le prove attoriali di Valentina Lodovini e Francesco Scianna, completamente al servizio della storia.
Perché ci piace
- Scelte di regia originali e coraggiose: il regista Filippo Conz sperimenta, osa e detta i tempi di questa acrobazia verbali dei due attori protagonisti.
- Valentina Lodovini e Francesco Scianna affrontano una maratona attoriale, giganteggiano e si fanno interpreti di una performance da veri funamboli.
Cosa non va
- Qualche forzatura narrativa: la scelta dell’ambientazione non è ben contestualizzata rispetto alla storia dei personaggi.