Nel nostro paese il cammino verso la realizzazione di un'opera prima è irta di ostacoli, in modo particolare se non si tratta di una commedia. Lo sa bene il regista Emiliano Corapi che, per portare sul grande schermo il suo primo lungometraggio, si è affidato al sostegno di produttori coraggiosi e di attori come Vinicio Marchioni, Daniele Liotti, Donatella Finocchiaro e Claudia Pandolfi, pronti a lavorare a rimborso. Così, grazie alla compattezza di una squadra disposta a credere nella possibilità e nella necessità di un cinema italiano veramente indipendente, Sulla strada di casa è diventato una realtà premiata in ben sei manifestazioni internazionali e presentata alla XV edizione dell'Umbria Film Festival. Distribuito dalla Iris Film in venti copie, il film prende spunto da un articolo in cui si denuncia la nuova consuetudine da parte della criminalità organizzata di affidarsi sempre più spesso a dei corrieri "insospettabili", ossia persone distanti dall'ambiente e con una facciata perfettamente rispettabile. Partendo da questa indagine, Corapi organizza un racconto di genere in cui definire il viaggio dalla Calabria alla Liguria di Alberto e Sergio, due uomini sconfitti dal discutibile andamento di un paese in evidente affanno economico ed etico. Pedine inconsapevoli all'interno di una tattica fin troppo articolata, i due si affiancano, rincorrono e minacciano fino a perdersi irrimediabilmente in una terra di nessuno in cui il confine tra bene e male è sempre più indefinito.
Signor Corapi può parlarci della nascita e dell'evoluzione di questo film di genere dall'insolita anima drammatica? Emiliano Corapi: Come ho già raccontato, tutto nasce da un articolo di giornale letto sei anni fa in cui si parlava del coinvolgimento di cittadini al di sopra di ogni sospetto, assoldati dalla criminalità organizzata per attività di trasporto. Si trattava di gente comune che, nel tentativo di risolvere evidenti problemi economici, cedevano a una soluzione discutibile ma inevitabile. Da questo spunto di cronaca prende il via il progetto di Sulla strada di casa, un film di tensione che, pur rifacendosi al cinema di genere, non ne rispetta completamente i canoni. A farne un racconto diverso è proprio l'attenzione posta nei confronti dell'elemento umano e del suo dramma interiore. E' la necessità di parlare di due personaggi e del desiderio, nonostante tutte le difficoltà incontrate, di rimanere integri e fedeli alla loro natura. Un argomento che, per altro, mi sembra incredibilmente attuale se applicato a questo periodo di grande confusione in cui, frequentemente, ci troviamo a sostenere delle scelte in contrasto con la nostra etica solo perché più convenienti e meno penalizzanti. In realtà, non m'interessava realizzare un film che fosse pienamente di genere. Non credo nemmeno che la nostra cinematografia abbia il background giusto per produrre e girare un action o un thriller puro come succede in America. Piuttosto, credo nel valore della profondità e nella possibilità di tratteggiare il profilo umano di due persone che si trovano a dover fare i conti con un'idea di loro stessi e con la totale indifferenza del mondo esterno.
Al di là dell'elemento di attualità, quale scopo avete voluto perseguire con una vicenda a metà strada tra il racconto intimista e lo spaccato sociale? Emiliano Corapi: Per me il fine ultimo era quello di realizzare un buon film, capace di emozionare e intrattenere allo stesso tempo. Per ottenere questo risultato ho cercato di unire le forme di un thriller all'italiana con la sostanza di temi fortemente attualizzati.Vinicio Marchioni: Per quanto mi riguarda, quello che mi ha colpito veramente è la vicenda di due umanità normali di cui non conosciamo poi molto, se non brevi intuizioni. E questo, se applicato al cinema italiano degli ultimi dieci anni in cui regna sovrana la spiegazione a tutti costi per aiutare la famosa casalinga di Voghera a comprendere i sottotesti, è un elemento d'innovazione da non sottovalutare. La cosa meravigliosa è che in questo film si utilizza solo una piccolissima parte del racconto personale per condurre lo spettatore verso una storia ben più ampia.
Oltre le forme e le intenzioni, Sulla strada di casa sembra focalizzare l'attenzione soprattutto sulla confusione vissuta dai due personaggi che, in un gioco pericoloso di avvicinamento, si confronta con quella di un paese intero...
Emiliano Corapi: L'alternarsi dei due personaggi è fondamentale per portare in superficie tutto il disagio in cui vivono. Alberto e Sergio sono molto diversi tra loro, provengono da luoghi lontani sia geograficamente sia culturalmente, ma, alla fine, si trovano a dover percorre la medesima strada per combattere una soffocante sensazione di disfatta. Il primo è caratterizzato da una lentezza e da un'estraneità alla situazione che alla fine paga a caro prezzo. L'altro si trova a disagio nel contesto, ma sembra apparentemente più consapevole della situazione. In realtà è proprio il personaggio di Sergio a dover affrontare il peso dei propri fallimenti e ricercare una sorta di riscatto per recuperare un elemento positivo che lo aiuti a sopravvivere.
Daniele Liotti: Fin dal primo momento li ho considerati come facce della stessa medaglia. Sergio è un uomo evidentemente irrisolto, immaturo e incapace di accettare le responsabilità di una vita adulta. Per sopravvivere a se stesso sceglie una scorciatoia che non lo soddisfa. A questo punto non gli rimane che anelare la catarsi, una sorta di redenzione per continuare a vivere.
In un lungo viaggio di andata e ritorno Alberto e Sergio mettono in scena la paura e la follia disperata dei nostri tempi. Perché scegliere proprio due personalità invisibili e consuete per dare voce a questi stati d'animo così devastanti?
Vinicio Marchioni: Perché sono proprio le così dette persone normali ad andare sempre più spesso fuori di testa. Basta leggere i giornali per rendersi conto di quello che sta accadendo. Il fatto è che per più di vent'anni non hanno fatto altro che raccontarci delle bugie, cui noi abbiamo creduto nonostante tutto intorno ci dicesse il contrario. Il nostro non è il paese della cuccagna, ci sono persone, la maggioranza ormai, che faticano a mantenere in equilibrio le proprie esistenze. E non stiamo parlando di leggende metropolitane ma di realtà che esistono veramente. Dunque, se il cinema è lo specchio della società, dobbiamo iniziare a mostrare il terrore della gente comune. D'altronde gli eroi non esistono più, il loro posto è stato preso da un'umanità che faticosamente cerca di mantenere la propria integrità.
Daniele Liotti: Alberto e Sergio rappresentano una quotidianità solo apparentemente normale ma, nella realtà dei fatti, sono continuamente minacciati dalla possibilità di cadere. Per loro, come per l'uomo reale che rappresentano, questo equilibrio precario può mutare da un momento all'altro. Basta un imprevisto che cancelli la possibilità di pagare un mutuo, mantenere la propria famiglia o pagare una multa per trasformare l'ordine in una confusione senza possibilità di ritorno.