Commedia classica (ma non troppo)
Sulla falsa riga del successo di Sunshine of the Spotless Mind le commedia romantiche con tendenze all'esplorazione del soprannaturale hanno preso piede nel sistema di produzione delle major. La Dreamworks saggia il terreno con Se solo fosse vero, pellicola tratta dall'omonimo romanzo di Marc Levy, autore che rappresenta un vero e proprio caso letterario in Francia.
La paternità nobile della letteratura non garantisce assolutamente la che venga realizzato un buon film. Eppure contribuisce a dare una certa solidità d'impianto alla storia, la quale, pur non spiccando per brillantezza e profondità, si svolge con un certo garbo, riuscendo a tratti a coinvolgere emotivamente.
Il livello della percezione e dell'immedesimazione pare però l'unico sul quale il film riesce a muoversi. Fin dallo stereotipato inizio, per proseguire nell'analisi dei propri protagonisti, la costruzione della storia appare un po' troppo compiacente, troppo alla ricerca della lacrima o del sorriso, pur riuscendo equilibrata e precisa nell'assemblamento.
Il tema di partenza, l'humus sul quale lo script viene costruito, è la più classica delle storie d'amore, che risponde alla più classica delle strutture narrative. La donna in carriera che incontra un uomo che a prima vista lo disturba, ma poi se ne innamora, vive una serie di alti e bassi, e ci si mette insieme. Bacio, dolly verso l'alto, lieto fine e lacrimuccia che scorre via.
Questa classicità, nel senso consuetudinario del termine, unita ad una solida base di scrittura, rende il film piacevole, ma dallo sgradevole sapore del "già visto".
L'elemento veramente innovativo è il mancato svolgersi del secondo punto della consueta scaletta, "l'incontro". La ragazza, una dottoressa, infatti entra in coma proprio la sera del programmato incontro. E sarà il suo spirito (se lo si vuol chiamar così) ad entrare nella vita del suo lui promesso, dando vita ad un fantasmatico tira e molla di equivoci, che sfoceranno in un più che ovvio happy end. Elemento narrativo che dunque si pone come pretestuosa innovazione del struttura filmica, e che in realtà ne costituisce una semplice variante stilistica.
Il film viene affidato alle mani di un emergente Mark Waters, già regista del remake di Quel pazzo venerdì e di Mean Girls, che se la cava senza infamia e senza lode, portando a casa un risultato appena sufficiente.
Ma il pezzo forte che la produzione mette sul tavolo è la coppia di attori protagonisti. Il premio Oscar Reese Witherspoon, fresca di statuetta per il biopic sulla vita di Johnny Cash Walk the line, una delle donne emergenti nell'orizzonte hollywoodiano. Accanto a lei il poliedrico Mark Ruffalo, che riesce a passare con discreta disinvoltura da ruoli cupi e seriosi (il poliziotto di Collateral) a toni e colori tipici della commedia.
Tutto considerato, Se solo fosse vero è una discreta storia d'amore, costruita seguendo meticolosamente tutti gli stereotipi e le cifre della tradizionale commedia romantica, cercando di alzare un po' il tiro attraverso la tematica soprannaturale.
Scarsi gli esiti.