Che sia sotto un cavolo o portato da una cicogna, tutti noi siamo cresciuti con idee bislacche e surreali riguardo la provenienza di piccoli esseri umani. Una scelta comprensibile di genitori ed adulti in generale per abituare i bambini ad un concetto non immediato da assimilare per più giovani e sul quale in TV e al cinema si è sempre scherzato molto, ricorrendo all'abituale metafora dei fiori e le api. E se non fosse una storia inventata all'occorrenza per spiegare un concetto più complesso? Se le cicogne si occupassero realmente di consegnare i bambini ai genitori in attesa e quell'immagine che tutti abbiamo in mente fosse reale?
Provano a ragionarci su Nicholas Stoller e Doug Sweetland, scrivendo e dirigendo Cicogne in missione sotto la supervisione di un team di produttori che comprende anche i registi dell'apprezzato The Lego Movie, Chris Miller e Phil Lord. Lo fanno in un lungometraggio animato presentato alla Festa del Cinema di Roma con riscontro positivo da parte del giovanissimo pubblico di Alice della città, che ha seguito con divertimento ed entusiasmo la proiezione ufficiale al cospetto dei doppiatori italiani Alessia Marcuzzi, Federico Russo e Vincenzo Salemme.
Famiglia super allargata
Nel mondo immaginato da Stoller e Sweetland, quindi, le cicogne portano i bambini... o almeno lo facevano. Lo hanno fatto fino a diciotto anni prima della nostra storia, quando un increscioso incidente ha posto fine a questa storica pratica consolidata e perfezionata nel tempo avvalendosi delle moderne tecniche, mutando il business dell'azienda in un più fruttuoso servizio di consegne che farebbe invidia ad Amazon. Diciotto anni prima, infatti, una cicogna ha smarrito il localizzatore per identificare la destinazione di una bambina da consegnare ed ha fatto un ulteriore errore: l'ha guardata, rimanendo irrimediabilmente affascinato da lei. Quella cicogna impazzita, di nome Jasper, non lavora più alla Cornerstone e rappresenta uno spauracchio per le ex colleghe, ma da allora quella bambina ormai orfana, Tulip, l'ultima consegna dell'azienda prima di cambiare, è ancora lì con loro, combinando guai con la sua irrefrenabile creatività, arrivando a riattivare per errore il servizio di Baby Factory, costringendo Junior, impiegato modello con la prospettiva di diventare capo un giorno, ad accompagnarla nella missione del titolo, ovvero consegnare la bambina prima che questo errore sia scoperto.
Un tema importante
Quello di Cicogne in missione è un divertente e pirotecnico viaggio per consegnare la piccola ai Gardner, coppia di agenti immobiliari immersi nel lavoro tra smartphone e computer, troppo impegnati per prestare attenzione al figlio Nate. Anche se non è sui Gardner che poggiano le basi più brillanti e frenetiche storia, alla famigliola è affidato il compito più delicato, quello di rappresentare il tema cruciale del film, quello relativo all'importanza di trovare tempo e spazio per i nostri cari, i propri figli in primis, in una società che ci costringe a vivere super impegnati e travolti da infiniti stimoli legati all'essere sempre connessi e raggiungibili. È la molla che spinge la storia, lo spunto da cui gli autori hanno iniziato a ragionare per mettere in piedi un film che sugue in parallelo i due filoni: i Gardner e la loro riscoperta della gioia di stare con il proprio figlio da una parte, e le disavventure di Tulip e Junior, ostacolati su più fronti, dal branco di lupi descritto con tocco geniale al cattivo di turno, il grottesco piccione Toady.
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Missione Impossibile
La vera impresa che devono affrontare i due autori, pari quasi a quella frenetica che travolge i protagonisti impegnati nella consegna della bambina senza rimanere stregati dal suo fascino da neonato, è conciliare queste due anime di Cicogne in missione. Stoller e Sweetland ci riescono affidandosi alla commedia, puntando su alcuni momenti di altissimo livello, su tutti la lotta silenziosa tra i già citati lupi ed i pinguini, che se la danno di santa ragione cercando di non far rumore per non svegliare la piccola per la quale si affrontano.
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Il film procede così a strappi, assicurando divertimento e intrattenimento per il pubblico più giovane e, perché no, per gli accompagnatori adulti, ma senza spingere sul pedale della creatività e dell'originalità che aveva contraddistinto The Lego Movie. Lo fa, infatti, in modo più tradizionale e sicuro, affidandosi ad alcuni personaggi ben caratterizzati visivamente e vocalmente (tra i doppiatori originali abbiamo Andy Samberg, Kelsey Grammer, Jennifer Aniston e Ty Burrell) e tanta comicità fisica, che colpisce per immediatezza e gestione dei tempi. In questo turbinio di situazioni, quindi, il messaggio caro agli autori riesce a passare, accompagnandoci anche oltre la visione del film, lasciandoci riflettere sulla frenesia dei nostri giorni e su quanto sia importante sforzarci per non perdere di vista le cose e le persone che contano davvero.
Movieplayer.it
3.5/5