Ciao bambino, recensione: un racconto vivo e struggente attraversato da una vena di pulsante tenerezza

L'esordio di Edgardo Pistone - premiato alla Festa del Cinema di Roma - è di quelli che non si dimenticano. Una storia sull'amore, sull'eredità e sulla sopravvivenza con due grandi interpreti: Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk.

Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk in una scena di Ciao bambino

"L'errore più comune è quello di dividere il mondo sempre in due parti: i buoni e i cattivi, il bianco e il nero, i grandi e i piccoli. E tutto quello che ha uno l'altro lo odia e lo vuole allo stesso momento. E quindi si può dire che sono la stessa cosa. Sempre più spesso gli adulti commettono uno sbaglio. Considerano i ragazzi esseri liberi. È un pensiero malinconico, un'idea romantica la loro, per due motivi. Il primo, loro sono i più grandi nemici della libertà. Il secondo, non lo conosco".

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Una scena di Ciao bambino

È l'incipit che apre Ciao bambino, esordio al lungometraggio di Edgardo Pistone, vincitore del premio miglior opera prima (ex aequo con Bound in Heaven di Huo Xin) alla Festa del Cinema di Roma dove è stato presentato nella sezione Freestyle. Una delle ultime pellicole prodotte da Gaetano Di Vaio con Bronx Film - scomparso lo scorso maggio dopo un incidente in moto - insieme a Anemone Film, Mosaicon Film e Minerva Pictures.

Gli errori degli adulti

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Un'immagine del film

Ciao bambino, dopo il plauso e il premio per la miglior regia alla Settimana della Critica di Venezia 77 con il corto Le mosche, è senza dubbio un ottimo debutto. Lo è grazie ad un insieme di elementi che si traducono in un'opera emotivamente coinvolgente, visivamente curata, narrativamente compiuta. Una storia che si muove su quel confine che separa adolescenza e vita adulta.

A fare da sfondo a questa storia il rione Traiano di Napoli dove Attilio (Marco Adamo), un ragazzo che con il suo gruppo di amici vive di piccoli furti. Quando suo padre esce di galera il suo vecchio socio in affari predente che gli sia resa un'ingente somma di denaro. Così Attilio inizia a lavorare per Martinelli (Salvatore Pelliccia). Il suo compito è quello di controllare Anastasia (Anastasia Kaletchuk), una giovane ucraina costretta a prostituirsi.

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Un'immagine di Ciao bambino

L'incontro tra i due e il tempo trascorso insieme nell'abitacolo di una macchina abbandonata che diventa punto d'incontro, e rifugio dal resto del mondo, si trasforma in un primo amore che deve restare segreto. Ma Attilio dovrà scegliere tra un futuro lontano dal quartiere con Anastasia e il padre. In quella scelta la sceneggiatura firmata da Pistone con Ivan Ferone fa affiorare il tema dell'eredità alla quale non possiamo scampare. Sugli sbagli degli adulti accennati nell'incipit che condizionano le vite dei figli si gioca il destino del giovane protagonista che sente di dover diventare adulto per amore del padre e di Anastasia.

Il realismo di Edgardo Pistone

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Anastasia Kaletchuk in Ciao bambino

Recitato quasi completamente in napoletano, Ciao bambino è illuminato dal bianco e nero brillante della fotografia di Rosario Cammarota che rimanda ad Accattone di Pier Paolo Pasolini così come a Roma di Alfonso Cuarón. È un cinema fatto di volti, di carrelli, camera fissa, di lenti movimenti di macchina, campi lunghi e riprese delle facciate dei palazzi del rione accompagnate da musica classica.

Un cinema in cui la componente sociale del racconto è presente ma non si esaurisce lì. Perché l'esordio di Edgardo Pistone è anche una storia d'amore, di amicizia e del tentativo di andare oltre i paletti che la vita ti ha messo davanti. Il quel bianco e nero c'è il realismo di un regista che ha introiettato la lezione dei grandi nomi e film del dopoguerra ma che guarda anche al cinema indipendente.

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Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk in una scena del film

I due protagonisti di Ciao bambino, gli splendidi esordienti Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk regalano al film una dolcezza e bellezza tali da creare un contrasto profondo con quello che li circonda. Un racconto vivo e struggente attraversato da una vena di pulsante tenerezza. Sospeso nel tempo, il film ha però una precisa collocazione geografica rendendo il tutto coeso.

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Una scena di Ciao bambino

E, di conseguenza, i temi che tocca rendono universale il film. La periferia ovest di Napoli poteva, in realtà, essere qualunque altra periferia del mondo. Uomini e donne dimenticati da tutti che si fanno le loro regole, alcune spietate: Attilio prova ad alzare la testa dicendo addio alla spensieratezza che dovrebbe caratterizzare l'adolescenza, dimenticando che gli errori prima o poi si pagano. "Ciao bambino".

Conclusioni

Si era già fatto notare a Venezia 77 Edgardo Pistone, quando con il corto Le mosche aveva vinto per la miglior regia alla Settimana della Critica. Ora con il suo primo lungometraggio, Ciao bambino, il regista ottiene il premio per la miglior opera prima alla Festa del Cinema. Lo fa con un film riuscito, ambientato nel rione Traiano di Napoli dove è nato e in cui racconta la storia di Attilio. Un diciassettenne che per aiutare il padre uscito di galera e con un debito si mette a lavorare per Martinelli. Il suo compito è badare ad Anastasia, una giovane prostituta dell'Est. Ma i due si innamorano e Attilio si trova diviso tra la volontà di salvare il padre e la ragazza. Un film sull'eredità dei padri che ricade sui figli che non si limita a mettere in scena la componente sociale ma regala alla narrazione una tenerezza data dalla storia d'amore impossibile dei due protagonisti interpretati dagli esordienti quanto bravissimi Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Le prove degli esordienti Marco Adamo e Anastasia Kaletchuk
  • Il bianco e nero della fotografia di Rosario Cammarota
  • La sospensione temporale del film
  • La sceneggiatura capace di bilanciare racconto sociale e storia d'amore
  • L'approccio realista
  • La regia di Edgardo Pistone

Cosa non va

  • Per essere un esordio così riuscito, qualsiasi imprecisione resta in secondo piano