Chi segna vince di Taika Waititi è uno di quei film da prendere o da lasciare. Un film che ribalta le prospettive, agganciandosi ad una storia vera dai toni fiabeschi. Soprattutto, Chi segna vince è un film che conferma quanto sia superato il retaggio che vorrebbe il calcio lontanissimo dall'essere efficace (anche) sul grande schermo. Del resto, "Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio", diceva un giovane José Mourinho, prima di vincere tutto. Stessa cosa, con il cinema. Questione di angolazioni e di linguaggi, questione relativa alla rappresentazione di un racconto che non vive di calcio giocato, bensì di calcio... respirato. E vissuto.
Pur scollegato e sconnesso, e magari anche tendente al sovradosaggio di un humour a volte estemporaneo (ma è la cifra di Waititi), Chi segna vince (Next Goal Wins in originale) è uno di quei feel-good movie a cui voler bene; una commedia da sostenere per il suo essere involontariamente anarchica nella struttura, quanto nel linguaggio. Allora, se il calcio conta fino ad un certo punto (e la tecnica è relativa nel cinema), è la globalità del racconto a fare sempre la differenza. Un racconto a tratti emotivo e a tratti strampalato, che non nasconde le emozioni e che anzi le tira fuori al momento giusto, senza la paura di risultare effettivamente goffo o scoordinato, come un portiere che non para, o un attaccante che non segna. In fondo, senza una buona storia, non può esserci un buon film. E la storia dietro Chi segna vince, oltre essere incredibilmente vera, è anche bellissima.
Chi segna vince, la trama: le Samoa Americane e il Josè Mourinho dei perdenti
Se lo sport al cinema funziona, è perché spesso gli sport movies non raccontano dei vincitori, bensì degli sconfitti. Li chiameremo underdog, termine inglese per etichettare gli sfavoriti, quelli che non hanno nessuna possibilità di vincere. Anche perché, pensateci: la sconfitta è molto più eccitante di una noiosa vittoria. Perdere aiuta a maturare, a crescere. Aiuta a cambiare mentalità, la stessa mentalità propedeutica alla vittoria. Non conta il fisico, non conta l'atletismo. Conta la testa. E poi, la sconfitta è umana, ci accomuna, ci rende parte attiva di un disegno trasversale. Dunque, da qui, parte il racconto di Taika Waititi che, in poco più di novanta minuti, racconta l'epopea di Thomas Rongen, interpretato da un biondissimo Michael Fassbender.
Rongen è il Mourinho dei perdenti; un tipo rabbioso, che colleziona esoneri su esoneri, nonostante conosca il calcio meglio di molti altri. Una rabbia che si assottiglia quando si ritrova dall'altra parte del mondo, per allenare la nazionale di calcio delle Samoa Americane. In breve, la peggior squadra del mondo. Una squadra che dieci anni prima, durante la qualificazione ai Mondiali 2001, è riuscita a perdere 31 a 0. Come risollevare un collettivo del genere? Non basta studiare a memoria il discorso di Al Pacino in Ogni maledetta domenica, serve di più. Serve uno slancio. Serve partecipazione, e unione. E serve l'aiuto di chi può fare la differenza, in campo e fuori. Già perché in Chi segna vince si incrociano diverse vicende rilevanti: nella squadra di Rogen, infatti, milita Jaiyah Saelua (Kaimana), la prima calciatrice transessuale (fa'afafine, nella cultura samoana) a giocare in una nazionale di calcio
"Volete vincere? Siate felici"
Ecco, questo incrocio potrebbe essere uno spunto su cui riflettere: perché una vicenda estremamente rilevante e nevralgica come quella di Jaiyah, nel corso del film, tende naturalmente a sbracciare, recriminando il giusto spazio narrativo. Per questo, Taika Waititi, che ha scritto il film insieme a Iain Morris, prova come può a mantenere una doppia rotta, facendo sì che Jaiyah diventi a tutti gli effetti la protagonista, affiancando la figura folgorante di Thomas Rongen. Un uomo prima che un mister, fallibile nella sua istintività e nella sua emotività, tenuta intrappolata in un'anima distrutta (scoprirete poi il motivo, qualora non conosceste la sua vicenda).
Quindi, il calcio, per assurdo, diventa un bellissimo e funzionale pretesto, nonostante sia la cornice generale. Lo sport nel film riempie gli spazi vuoti di uno script non sempre coeso (che si incastra proprio nell'umorismo, totalmente scollegato), ed è il profilo del protagonista (anzi, dei protagonisti) ad essere maggiormente esaltato da Waititi. Il resto, come detto, è prendere o lasciare: Chi segna vince non si sforza ad essere quello che non è, risultando teneramente traducibile e, per questo, risultando poi efficace nei valori narrativi che porta avanti. Come? Giocando su un doppio riflesso, su una doppia prospettiva. La geografia identitaria delle Samoa, lontana dalla fretta Occidentale, e la geografia calcistica di uno sport romantico nelle sue sfumature, che vive della passione del pubblico. Un pubblico che si nutre ed aspira di storie assurde come è assurda quella del mister Rongen. In fondo, "la vita è corta, e il calcio è un gioco. Volete vincere? Siate felici".
Conclusioni
Lo abbiamo scritto nella nostra recensione, Chi segna vince di Taika Waititi, pur soffrendo di un umorismo scollegato, risulta coinvolgente ed emotivamente rilevante, trattando con spirito e con dolcezza la storia vera di un mister arrabbiato, che trova un'altra dimensione allenando l'improbabile nazionale di calcio delle Samoa Americane. Calcio romantico e l'importanza della sconfitta, per un film strampalato a cui vogliamo (comunque) bene.
Perché ci piace
- La storia raccontata.
- La visione calcistica, libera e umana.
- Un film sull'importanza della sconfitta come valore emotivo.
Cosa non va
- L'umorismo, a tratti scollegato.
- Nel film c'è un'altra storia vera importanti, ma manca il tempo per raccontarla al meglio.