Chi segna vince(Next Goal Wins) è il nuovo film scritto e diretto da Taika Waititi (Vita da Vampiro - What We Do in the Shadows, Selvaggi in fuga) apprezzato regista neozelandese vincitore nel 2020 dell'Oscar alla migliore sceneggiatura non originale per Jojo Rabbit. Un progetto sicuramente molto peculiare considerando che arriva dopo Thor: Love and Thunder, un cinecomic piuttosto controverso (qui la nostra recensione e successivo ad un lungometraggio toccante e dissacrante sulla crudeltà nazista.
Se infatti si guarda con attenzione la filmografia dell'artista ci si rende conto che Waititi si affeziona di rado ad un unico genere, volendo spaziare e sperimentare continuamente. È evidente che, dopo un titolo impegnativo come il quarto capitolo di Thor, con Chi segna vince il cineasta abbia voluto ripiegare su un terreno più agevole e lineare, che però non esclude una possibile profondità tematica e contenutistica. Di seguito andiamo ad analizzare cosa potremmo aspettarci dal film, in arrivo l'11 gennaio 2024 nelle sale italiane.
Un progetto più sentito e rilassato
Prima di tutto, per capire realmente cosa vedremo all'interno di Chi segna vince, è opportuno andare a recuperare delle dichiarazioni dello stesso Waititi, che, a novembre 2022, ha descritto la pellicola in poche e semplici parole, ma decisamente molto significative: "È stato un ottimo antidoto nei confronti di Thor: Love and Thunder e Jojo Rabbit. Non che ci sia qualcosa di negativo nel fare questi altri film, ma mi mancava così tanto casa". Ecco, in tali affermazioni emergono diversi aspetti: in primis il fatto di tornare su terreni familiari, raccontando per l'appunto la storia della nazionale delle Samoa Americane e del suo tentativo di qualificarsi ai Mondiali Fifa 2014; in seconda battuta, sul piano strutturale, il lungometraggio appare meno complesso e ambizioso a livello produttivo, il che ha portato l'artista a lavorare con più calma e serenità, tra l'altro occupandosi di un titolo "indipendente" senza in realtà troppe pressioni dietro.
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L'incontro tra Fassbender e la comicità
Il protagonista di questo folle biopic è Michael Fassbender (Bastardi senza gloria, 12 anni schiavo), coinvolto nel film da settembre 2019, che interpreta l'allenatore olandese Thomas Rongen che, dopo non essere riuscito a far qualificare la Nazionale maschile under 20 degli Stati Uniti ai Campionati di Calcio nel 2011, è stato esonerato, diventando per l'appunto il nuovo coach della Nazionale della Samoa Americane, conducendo il team verso vittorie inaspettate. Fassbender, che fino a questo momento si è contraddistinto per raffinate performance drammatiche (l'ultima in The Killer di David Fincher) insegue, probabilmente per la seconda volta nella sua carriera - dopo Frank di Lenny Abrahamson -, un ruolo comico. Un'occasione sicuramente imperdibile quella di vedere l'attore irlandese cimentarsi in terreni inesplorati che, probabilmente, consentiranno alla star di avere una nuova rinascita sul grande schermo dopo qualche anno di assenza. Effettivamente non è così comune vedere un attore drammatico fare un'inversione di questo tipo (solitamente avviene il contrario), ma denota un coraggio e una voglia di mettersi in gioco davvero esemplare.
Un biopic sportivo al contrario
Chi segna vince, già dal principio, presenta un'idea vincente alla base che va ad alterare in modo forte la struttura del biopic tradizionale. Solitamente (ma ci sono comunque delle eccezioni) i film sportivi sono pieni zeppi di retorica, perlopiù seriosi e, soprattutto, portano ad una svolta finale in cui la squadra o l'atleta di riferimento raggiunge un obiettivo che all'inizio della pellicola sembra irraggiungibile. Nel caso del lungometraggio di Waititi, invece, innanzitutto si parte da un contesto più leggero, meno costruito e artificioso con un risultato conclusivo che, per quanto notevole (un posizionamento migliore nel ranking FIFA) non è comparabile ad una grande impresa. Insomma, siamo di fronte ad una storia maggiormente umana e alla portata di tutti, un racconto, quindi, con il quale è decisamente più semplice entrare in empatia fin dall'inizio. Contrariamente ai biopic tradizionali, quindi, l'ambizione non è quella di portare su schermo un record straordinario, ma una parabola contenuta, intima e dedicata ad un pubblico eterogeneo.
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L'occasione di raccontare sé stessi
Non ci dimentichiamo, inoltre, che Taika Waititi, tornando su terreni familiari, arriva inevitabilmente ad un confronto con il proprio vissuto, usando Chi segna vince come uno scenario ideale dove inserire frammenti e spiragli della propria interiorità e del passato, come ribadito dal regista in un'intervista: "È la storia definitiva sui perdenti. Si svolge in Polinesia ed è molto importante per me perché è la mia gente. Quando ho visto per la prima volta il documentario è stato come come se fossi lì dentro anche io, per poi vederci anche la mia famiglia. Ѐ perfetto in molti modi diversi, e avere un pubblico più ampio che avesse accesso a quella storia è stato uno dei miei obiettivi principali. Portare il nostro cortile alle persone e mettere quelle facce sullo schermo, però, non è stato facile". Un contesto in cui il cineasta neozelandese ha quindi avuto la possibilità di raccontare la propria cultura, tradizione e folklore con più facilità, occupandosi di un racconto reale che fa parte della storia del suo paese.
Un velo di dramma
Chiudiamo la nostra analisi mettendo in evidenza un altro aspetto importante presente all'interno del cinema di Taika Waititi e che forse sarà parte integrante anche di Chi segna vince. Tutti le pellicole del film-maker sono caratterizzate da un'impronta forte di umorismo e comicità che però lascia spazio anche ad interessanti e significative svolte drammatiche. Un esempio perfetto è rappresentato da Jojo Rabbit che, dietro il barocco ed esagerato surrealismo visivo, nasconde una storia cruda e commovente. Allo stesso modo, anche questo nuovo film potrebbe fare lo stesso e il trailer del progetto sembra darci qualche indizio: se si guarda con attenzione il video, infatti, notiamo che il coach Rongen ha evidenti problemi con l'alcool, senza considerare che l'intero lungometraggio può essere visto anche come una rivincita culturale e identitaria di un paese considerato ai margini del mondo, ma che con questa impresa calcistica può veramente dimostrare di che pasta è fatto.