Quella "50 Special" si libera del motore per volare senza paura in un cielo immenso, sbattendo le ali come un "Colibrì". Si distacca dalle maglie che la legano al terreno, per scrutare i colonnati di Bologna, abbigliarsi di nebbia, e poi muoversi tra il traffico di New York, o tra i ghiacciai dell'Alaska, facendo suo così l'intero "Mondo". Perché a volte per ritrovare se stessi, non sentirsi più soli, bisogna prendere una valigia e scappare via. O più semplicemente schiacciare play e immergersi nell'universo musicale di Cesare Cremonini.
Alaska Baby e il grand tour interiore di Cesare Cremonini
Che sia rinchiuso in un barattolo di felicità di una "Marmellata n.25", o nello sguardo profondo di una "Ragazza del futuro", vive tra le note del cantautore bolognese quel cuore che a ogni battito trattiene a sé parti di un'anima incapace di accettare un sentimento doloroso, o una spensieratezza perduta come corpi tra la nebbia. Ma per poter parlare alle anime altrui, bisogna innanzitutto scendere a patti con se stessi, così da rendere ogni emozione vera, condivisibile, universalmente riconoscibile. Sedersi al piano di casa a volte non basta; bisogna scappare via, in un Grand Tour personale ed emotivo, dove ogni tappa si fa specchio riflettente di un frammento personale andatosi perduto tra relazioni finite, o colpi assestati dall'ordinarietà quotidiana.
Come raccontato nel documentario Alaska Baby (qui la nostra recensione), l'omonimo album di Cesare Cremonini è un viaggio per riappropriarsi della propria personalità, "così magari ti trovi" parafrasando l'incipit di "San Luca". Una camminata che si è poi tramutata in volo oltreoceano, per vestirsi di "Aurore Boreali" e così riscoprire la forza di un sorriso lasciato nei bauli nascosti della propria mente.
Alaska Baby, recensione del documentario: on the road con Cesare Cremonini alla ricerca della luce
I cuori solitari di Bologna
Parla di sentimenti che noi tutti conosciamo, ma a volte non accettiamo, come la paura di cadere, rinascere, e ricominciare, Cesare Cremonini. Nato a Bologna il 27 marzo del 1980, il cantautore emiliano inspira a pieni polmoni quel mondo di pianura, vivo di dicotomie e paradossi di una città "ombelico di tutto (...) Rimorso per quel che m'hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato" come la decanta Francesco Guccini. E tra quelle colonne, all'ombra di San Petronio, Cremonini canta gli stessi cuori solitari, le cadute personali, gli amori pronti a esplodere, le parole incastrate tra i denti, e i ti voglio bene non detti, sognati e offerti in dono da altri cantautori come Bersani, Dalla, Carboni, che quelle stesse vie bolognese le hanno calpestate trattenendole tra le suola delle scarpe. Gli album di Cremonini diventano pertanto dei racconti dall'impianto immaginifico, piani-sequenza di piccoli filmati cinematografici. Il set si fa mente dell'ascoltatore, il regista la sua immaginazione, mentre la luce di proiezione viene sostituita dalla forza del ricordo.
"Figuriamoci se amarsi non è facile a 30 anni"
Aveva diciannove anni Cremonini quando sperava in "Un giorno migliore", e tramutava il suo rimorso di amore in "Qualcosa di grande"; lo faceva tra le tracce di un album generazionale come ...Squérez? e calcando i palchi italiani con i Lùnapop. Poi il canto si fa maturo; i testi sempre più personali, ma mai banali. La gioventù si perde, ma non la voglia di ricominciare sebbene "amarsi non è facile a 30 anni". Cremonini lo sa bene e lo ricorda in ogni suo brano, riuscendo a tradurre in musica le fasi di una vita comune, tra battiti accelerati e altri perduti ("Non ti amo più"), il desiderio di un corpo in fiamme, o il dolore di un cuore calpestato; tra serenate poetiche ("Una come te") e il ricordo impresso in uno scatto fotografico ("Al telefono"), o nella potenza di un lutto ("Moonwalk") per una presenza ora fattasi assenza, e di un grazie rimasto sospeso nel tempo ("PadreMadre").
Piani-sequenza di parole in musica
Per opere così emotivamente stimolanti, ci vogliono dei video musicali altrettanto di impatto: che sia il bianco e nero di "Io e Anna" (sequel ideale dell'Anna e Marco di Lucio Dalla) con quello split screen memore di 500 giorni insieme, o il piano sequenza à la Birdman di "Nessuno vuole essere Robin", e quello di "Ora che non ho più te", fino agli incontri dal sapore da commedia British di "Dicono di me", ogni videoclip è un racconto in immagini di parole e sentimenti prima imprigionati nello spazio di uno spartito. Gli ambienti soffocanti e le atmosfere a metà strada tra Eyes wide shut e L'anno scorso a Marienbad ne "Il comico", e l'elegante bianco e nero da cinema classico di "Poetica" diventano inoltre dei trampolini di lancio di memorie cariche di sentimento ed emozioni.
Come il protagonista di "Latin Lover" (Francesco Mastrorilli, fedele interprete dei video del cantautore bolognese), Cremonini viaggia sulle onde del tempo e del cinema; sfrutta la potenza del visivo per esaltare la carica del musicale. Ogni parola trova il suo perfetto contraltare nelle immagini di storie che si srotolano davanti a noi, incrociandosi e incastrandosi tra i raccordi di film personali, nati indistintamente dai ricordi di giovani, anziani, traditi e innamorati; dopotutto "Gli uomini e le donne sono uguali" e siamo tutti "Figli di un re".
"Dark Room", tra cinema e musica
In Cremonini tutto ha il sapore della sala cinematografica: il suo è solo un là per dare via alla proiezione di sprazzi di un passato che teniamo taciuto in noi, di un presente che è difficile affrontare, o di un futuro che coltiviamo come campi in "Maggese". Un rapporto simpatetico e strettissimo, quello tra musica e cinema, che ha spinto lo stesso Cremonini a gettarsi tra le onde della Settima Arte.
Al di là del cameo in Via Zanardi 33 e al non riuscito Un amore perfetto, nel 2011 il cantautore rivela una profonda sensibilità partecipando a Il cuore grande delle ragazze di Pupi Avati nei panni di Carlino Vigetti. L'anno dopo firma le musiche per Padroni di Casa di Edoardo Gabbriellini, un compito che replicherà nel 2023 con Girasoli, esordio alla regia di Catrinel Marlon. Che viva tra Cremonini e il cinema un rapporto strettissimo non deve sorprendere: la sua stessa musica è dopotutto cinema in formato ridotto, finestra aperta sulla nostra interiorità, tra fratture, cicatrici, e una mente in disordine piena di pensieri e memorie.
"Cos'hai nella testa" chiede Cremonini; a volte non lo sappiamo nemmeno noi, individui persi tra "Possibili scenari" dove di "Logico" c'è ormai ben poco. E allora, come Cesare, scappiamo con la fantasia, ci auguriamo un "Buon viaggio" in un'Odissea personale dove non c'è ritorno a casa, ma solo ritorno in noi stessi. "Acrobati" fragili e incompleti, siamo come un "Uomo che viaggia tra le stelle" correndo a zig zag tra "Parole che fanno male", e amori che fanno bene. Il tutto mentre in sottofondo scorre quella voce dall'accento bolognese pronta a farsi da guida, comico e pagliaccio. La voce di Cesare Cremonini.