Dopo il discusso Il mercante di pietre, Renzo Martinelli opta per un film biografico che va ad omaggiare Primo Carnera, un uomo di umili origini che in un baleno diviene famoso e che altrettanto velocemente scompare dalle scene, uno sportivo che durante i difficili anni del fascismo fece sognare tutti gli italiani divenendo campione mondiale di pugilato. Carnera è stato uno degli italiani più celebri del secolo scorso, un eroe di tutti gli italiani d'Italia ma soprattutto di quelli sparsi nel mondo, una figura emblematica per caratteristiche fisiche (non a caso soprannominato 'la montagna che cammina'), umane e morali oltre che un grande pugile. Soprattutto però fu il primo italiano della storia a vincere il titolo mondiale dei pesi massimi, un campione che segnò una pagina indimenticabile di sport sconfiggendo nel 1933, durante la memorabile serata nel Madison Square Garden di New York, il campione americano Jack Sharkey.
Cast internazionale, girato in inglese e caratterizzato da un immenso lavoro di post-produzione per gli effetti visivi, Carnera - The Walking Mountain è uno dei 27 film (gli altri italiani saranno Saturno Contro di Ozpetek, L'ora di punta di Marra e Ho voglia di te di Luis Prieto) scelti dal gruppo Ugc Ciné Cité per festeggiare la giornata del cinema europeo che il 9 maggio prossimo abbraccerà idealmente Roma, Bruxelles, Madrid, Lione (città natale del cinema e dei fratelli Lumiére), Strasburgo e Parigi. Una festa che celebra il tanto bistrattato cinema europeo in un momento in cui l'identità continentale attraversa una profonda crisi e il popolo europeo non si riconosce più nei suoi fondanti valori di unità, rispetto e globalità. Per l'intera giornata (come accadrà anche nelle altre città europee sopra citate) il multisala UGC del Centro Commerciale Porta di Roma proietterà in sequenza tutti i 27 film, molti in anteprima nazionale, rigorosamente in versione originale con sottotitoli italiani. E' durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione che abbiamo incontrato il regista Renzo Martinelli, che ci ha raccontato la genesi di questo suo nuovo progetto, le sue speranze, le aspettative di pubblico per questo suo Carnera - The Walking Mountain, film indipendente finanziato da privati senza neanche un centesimo di sovvenzione statale.
Perché ha voluto raccontare la storia di Carnera?
Renzo Martinelli: Devo ammettere che il pugilato non mi ha mai interessato molto, ma avevo tanta voglia di raccontare la storia di un uomo vero, che credeva in valori importanti come la famiglia, l'orgoglio delle proprie radici e nella sua italianità, in un momento particolare del nostro paese come gli anni Trenta. E' stato un uomo e uno sportivo che non si è mai tirato indietro di fronte ai sacrifici.
C'è una frase che più di tutte può spiegare alle nuove generazioni chi era Primo Carnera?
Renzo Martinelli: Certo, la frase che ho deciso di mettere all'inizio del film e che Carnera scrisse in una lettera alla moglie 'ho preso tanti pugni nella mia vita, veramente tanti, ma lo rifarei, perché ogni pugno che ho preso è servito a far studiare i miei figli'. Come sapete i figli di Carnera sono entrambi laureati (uno è chirurgo e l'altra psicologa, ndr.) e vivono negli Stati Uniti. Era un uomo che aveva capito che la sconfitta nella vita è da definirsi tale solo quando si rimane al tappeto e non quando ci si rialza e si riprende a combattere.
Pensa che questo film possa far riflettere i giovani di oggi sulla futilità dei nostri tempi?
Renzo Martinelli: Lo spero. In una società schizofrenica e iperfrenetica come quella odierna in cui i giovani sono concentrati sul cellulare nuovo, la macchina e la vacanza glamour può essere importante soffermarsi su un periodo storico in cui c'erano uomini come Carnera, che è nato con certi valori e li ha mantenuti intatti fino alla morte. Mi sembrava un messaggio importante, necessario e forte da dare ai giovani per mezzo del cinema. Come dice un proverbio arabo 'gli uomini somigliano più al loro tempo che ai loro padri'.
E' per arrivare più lontano e a più pubblico possibile che ha scelto di girare il film in inglese?
Renzo Martinelli: Ho scelto il modo più universale possibile per diffondere il mio messaggio, d'altronde viviamo nel famoso villaggio globale e il mio modo di fare cinema è quello che conoscete, il mio è sempre un prodotto pensato per il mercato che sappia competere con i colossi americani. Per forza di cose la confezione del mio film doveva rispondere a certi requisiti imprescindibili per il mercato cinematografico internazionale. E' partecipando al mercato cinematografico in giro per il mondo che ho potuto toccare con mano 'la merce', i film, il prodotto finito e capire come muovermi.
Ci spiega come ha ricostruito al computer le location e le grandi arene del passato in cui avvenivano i combattimenti?
Renzo Martinelli: Posso senz'altro affermare che questa di Carnera - The Walking Mountain è stata la più grande operazione di post-produzione mai realizzata in Europa, con più di 1500 inquadrature digitali per venti mesi di lavoro. Lo spettatore vedrà più di 85 mila italiani che sventolano il tricolore nel Madison Square Garden, nella Royal Albert Hall di Londra o nella Wagram Hall di Parigi, ma sia queste arene che le folle di tifosi sono stati realizzati al computer. In realtà ho girato queste scene a Bucarest, con un pubblico di non più di 200 romeni a fare le comparse. Sia chiaro, non c'è un fotogramma che non sia girato da me personalmente ma dietro c'è un lavoro certosino di post-produzione per rispondere alle esigenze del pubblico di oggi.
Oltre a dirigerli e scriverli i suoi film li produce anche. Perché ha scelto di fare l'imprenditore cinematografico a tutto tondo?
Renzo Martinelli: Si, seguo i miei film in tutte le loro fasi, dalla produzione alla promozione. Con i 250 mila euro che abbiamo raggranellato dagli sponsor abbiamo organizzato un'anteprima mondiale al Madison Square Garden di New York dove abbiamo voluto invitare più di 4mila italo-americani e i più grandi campioni della boxe. A questa è seguita la prima italiana del film a Villa Erba sul Lago di Como, la villa in cui Visconti ha scritto Il Gattopardo, e anche qui abbiamo invitato i familiari di Carnera nonché i grandi campioni italiani dello sport. Sarà il mercato a decidere se alla fine questo prodotto avrà successo o meno.
Avete già venduto il film in altri paesi?
Renzo Martinelli: Sì, lo stiamo già vendendo, abbiamo già chiuso qualche contratto, sono sicuro di riuscire a portarlo in giro per tutto il mondo, ci sono 250 paesi pronti ad acquistarlo. Certo, io sono italiano e mi piacerebbe che il film avesse un grande successo anche in Italia.
Perché secondo Lei nessuno dei suoi colleghi italiani prova a seguire i suoi passi in questa direzione?
Renzo Martinelli: In Italia purtroppo c'è questa concezione autoriale del cinema che l'ha nobilitato e trasformato in opera d'arte, quanto di più sbagliato secondo me. L'opera d'arte a mio avviso è lo scritto di Gabriel Garcia Marquez o il quadro di Rembrandt, se invece per realizzare la mia opera d'arte devo coinvolgere centinaia di persone o far fallire i produttori allora non va più bene. Certo, qualche volta il cinema può trasformarsi in opera d'arte, anche se molto immorale visto che costa milioni di euro, ma a mio parere è essenzialmente un fatto industriale.
Definire il cinema come opera d'arte immorale non le sembra un po' azzardato?
Renzo Martinelli: Questa concezione autoriale del cinema in Italia ha fatto in modo che negli anni si sia creata una formula perversa di assistenzialismo di Stato che fa da chioccia al nostro cinema. Negli altri paesi il cinema non funziona così, il mercato in generale non funziona così, prima o poi anche il cinema italiano si dovrà confrontare col mercato internazionale. Ci sono colleghi italiani che hanno fatto 30 film con le sovvenzioni ministeriali che poi non hanno incassato una lira. Io non voglio finanziamenti statali, me li cerco da solo i soldi per i miei film, ma pretendo che lo Stato mi dia, come piccolo imprenditore, gli strumenti per trovare questi finanziamenti altrove riducendo le tasse da pagare. Dobbiamo cercare di uscire da questa pericolosa sacca in cui ci siamo infilati, altrimenti continueremo a fare film di nicchia che andranno solo come film d'essai.
Chi sono stati i suoi finanziatori?
Renzo Martinelli: Gli sponsor, me stesso e poi un 10% di finanziamenti dalla Giuseppe Marra Communication (Gruppo Adnkronos, ndr.) e un milione di euro da parte del notaio Volpi di Torino.
Come ha convinto i suoi finanziatori a produrre il suo film?
Renzo Martinelli: C'ho impiegato più di un anno e non so più quanti pranzi e quante cene per convincerli a produrre il film, non avevo incentivi, è stato un processo lungo in cui ho dovuto cercare di abbattere la naturale diffidenza degli imprenditori privati verso il cinema in generale, visto che sono stati buggerati per anni senza mai raccogliere i frutti. Ci sono imprenditori che preferiscono investire 10 milioni di euro in bond argentini e perderli che investire un solo milione nella produzione cinematografica. Le mie doti di affabulatore sono sempre state ottime (ride...), ma ho dovuto far loro un discorso multimediale. Nei 10 milioni di euro ho fatto rientrare un film in lingua inglese con cast internazionale per il mercato mondiale, il doppiaggio italiano per la distribuzione italiana, l'home-video in DVD e il montaggio di due puntate per la televisione. Con un'operazione ho coperto tutti i mercati possibili.
Nel film il ruolo di Primo Carnera è stato affidato al ventiseienne pugliese Andrea Iaia, attore di teatro al suo esordio sul grande schermo alto ben quasi due metri. Al suo fianco, nel ruolo della moglie del pugile, Anna Valle, Burt Young (l'attore che interpretò l'indimenticabile amico e allenatore di Rocky Balboa), F. Murray Abraham (nei panni di un ex-campione di boxe), Paul Sorvino (il proprietario del circo) e Kasia Smutniak. Nel film ci sarà anche un cammeo di Nino Benvenuti (l'allenatore di Max Baer) e della figlia di Primo Carnera, Giovanna, nella parte della maestra elementare del pugile. Il film uscirà venerdì 9 maggio in 250 sale distribuito da Medusa.