Dopo due anni d'interruzione Carlos Saura ce l'ha fatta: il suo Don Giovanni arriva nelle sale a raccontare come si generò nelle menti brillanti del poeta italiano Lorenzo Da Ponte e nel compositore Mozart una delle opere liriche più famose in tutto il mondo. Il film corale del regista spagnolo, girato tra Venezia e Vienna, si avvale della incredibile fotografia del premio Oscar Vittorio Storaro, valore aggiunto per una pellicola che risulta uno strano pastiche tra cinema e teatro. L'impresa di coniugare le due arti era certo delle più difficili: il direttore della fotografia ha provato a conciliare la musica con le immagini mentre lo stile di Saura veniva instillato nella pellicola. Un cast molto giovane e con poca esperienza, in cui spicca l'attore emergente Lino Guanciale, ci descrive le sensazioni provate nell'aver lavorato al fianco di due maestri come Saura e Storaro. E il produttore Occhipinti ci racconta le disavventure di un film in fase gestionale per anni e la bella atmosfera che si respirava sul set.
Tempo fa lei ha dichiarato che il genere realista l'annoia un po'. Per questo film ha scelto l'antirealismo evidente, il mélo per attraversare il mito moderno del Don Giovanni. Qual è il suo rapporto con il genere al cinema?
Carlos Saura: È vero. In Spagna si fa un cinema oggi un po' frivolo, che mi piace meno del cinema dell'immaginazione, ma va bene qualsiasi genere se si fa un buon cinema, dipende dal film.
Com' è avvenuto il suo incontro con il personaggio di Lorenzo Da Ponte?
Carlos Saura: È stato un incontro un po' sorprendente e meraviglioso, proposto dal mio produttore spagnolo Andres Vicente Gomez alcuni anni fa: non lo conoscevo bene questo personaggio e in realtà credo che poche persone lo conoscano. È un personaggio molto importante. Pensavo fosse impossibile farne un film, così ho proposto un film su come lui costruì il Don Giovanni come esperienza personale. In questo caso era importante la vita prima dell'opera.
Come ha scelto gli attori?
Carlos Saura: Gli attori italiani sono terribili, insopportabili. Scherzo! Ma la verità è che è stata una grande sorpresa quando abbiamo fatto il casting a Roma e ho trovato gli attori che volevo per film con grande facilità. Anche Nicola Tescari e i cantanti/interpreti li ho trovati subito. Penso che in Spagna sarebbe stato molto difficile. Lino Guanciale (Mozart) per esempio è meraviglioso! Il suo personaggio era preoccupante per me perché quando si pensa a Mozart si pensa al film di Milos Forman. Io ho letto il libro autobiografico di Mozart e mi sono ispirato a quello. Lino poi ha composto un po' il suo personaggio. Anche Francesca Einaudi, la moglie di Mozart, è molto timida e molto brava! Eppoi c'è Vittorio, che è un grande professore, un accademico della fotografia, lui è direttore della fotografia, una definizione che in Spagna è un insulto, ma non nel suo caso.Quanto è stato fedele ai fatti avvenuti realmente tra Mozart, Casanova e Da Ponte? Li ha raffigurati liberamente, con qualche forzatura o si è attenuto alla realtà?
Carlos Saura: Il film è sempre una visione personale, è come un saggio. Ho fatto sempre film sui personaggi che mi appassionavano come Goya... e questo specialmente.
Vittorio Storaro lei ha sempre portato al cinema risultati che mostravano una ricerca molto approfondita. Ci sono artisti ai quali si è ispirato per l'ambientazione?
Vittorio Storaro: È molto difficile fare uno o due nomi. C'è un'epoca precisa con cui mi dovevo confrontare, ma c'è anche la storia che riguarda chi affronta un'opera. Io mi sono sempre espresso attraverso la luce, un linguaggio che accompagnasse la parola. Un film è fondato sull' immagine, sulla musica e sulla parola. Se nel linguaggio luce-parola non ho mai avuto problemi, ho avuto invece difficoltà nel rapporto immagine-musica, nel trovare il ritmo del movimento, della voce, della musica con quello della luce. Ho potuto vedere questo rapporto con altri artisti come Ennio Morricone e Ryuchi Sakamoto. Ma il musicista entra in campo quando il film è già fatto. Poi prende le sue decisioni, mi sono quindi reso conto soltanto dopo di questo rapporto. Poi ho avuto Bernardo Bertolucci come maestro, che mi ha battezzato in questo rapporto, con la musica di Verdi, con Giuseppe Patroni Griffi con la Tosca a Parigi, dove avevo in diretta questa possibilità di coniugare il movimento dell'immagine-luce con il movimento della musica. E non mi ero ancora reso conto di quanto la musica mi guidasse. La grande maturità l'ho avuta conCarlos Saura 15 anni fa con Flamenco, mi disse che non voleva raccontare questo momento in maniera tradizionale, ma che la musica e il ritmo raccontassero questa storia. Questa è la nostra quinta collaborazione, stiamo realizzando un altro film insieme, il proseguimento di Flamenco.
In questo film c'è stato qualcosa di additivo in questo rapporto musica-immagine perché quell'"io" del titolo individua qualcosa di molto preciso, molto forte, che è cosciente. Ci siamo chiesti come potevamo entrare in questa storia. Che tipo di immagine potesse dare il rapporto tra la realtà e la fantasia. Siamo stati a Vienna, a Venezia, ci siamo informati sulla pittura austriaca, certamente su Canaletto... poi abbiamo visto che c'era qualcosa che andava trovato in noi, nel nostro cinema fatto insieme. E quel qualcosa è nato dal rapporto tra creatività e insieme. Avevo bisogno di una collaborazione ancora maggiore, abbiamo tentato con il costume un percorso cromatico ma soprattutto con la scenografia, che legasse i due mondi di realtà e fantasia, un ambiente che negli oggetti era vero e nello stesso tempo un'immagine, solo una tela. Questo ci permetteva ogni volta che volevamo di uscire dalla vita e dalla creatività e di trovare un'immagine adatta. Vivevamo ogni giorno il piacere del mistero.
Quanto è stato emozionante per gli attori lavorare con Carlos Saura?
Lorenzo Balducci: Il nostro incontro è avvenuto anni fa, l'ho conosciuto a Vienna nel 2006, poi abbiamo iniziato le riprese, ma verso la fine del 2006 sono state interrotte. Poi sono state riprese lo scorso anno. È stato un vero viaggio proprio come quello del mio personaggio, tra Venezia e Vienna. Mi sono ritrovato un anno e mezzo dopo di fronte al mio personaggio ed ero cresciuto. Il più grande insegnamento di Saura era quello di fare attenzione a quel passaggio, a Vienna: Lorenzo è molto più sicuro, cinico, calcolatore e questi tratti, che mi appartengono difficilmente, erano i punti su cui lavorare. Mi sono documentato, ho letto libri, guardato quadri per cercare un contatto con un'epoca che non mi apparteneva. Solo quando ho vestito i panni di Lorenzo e ho detto le battute avveniva la trasformazione: era solo questione di pratica! Il sentirsi addosso un personaggio, cercando anche di attualizzare un'epoca, va oltre ogni teoria.
Emilia Verginelli: Il primo contatto è stato con questo mondo musicale perché non conoscevo in maniera approfondita alla lirica, poi mi sono appassionata tantissimo. Lavorare con Carlos e con Storaro è stato meraviglioso, per me è stata anche la prima esperienza cinematografica e loro sono stati molto calorosi, erano pazienti con tutti gli attori, c'era una grande serenità sul set. Ho avuto modo di studiare il violoncello e mi sono appassionata. Quello che ho vissuto mi ha insegnato molto, mi sono trovata molto accolta da tutti. È stata un'esperienza che ricorderò per sempre.
Francesca Interlenghi: Lavorare con due maestri, che si chiamano maestri proprio perché t'insegnano, non ha bisogno di definizioni! Giravo su tre/quattro set contemporaneamente ed era un'oasi di pace, silenzio e concentrazione. Era un sollievo rispetto alla confusione della mia vita lavorativa in quel momento. L'accoglienza umana è stata importante e ogni reparto mi ha trasmesso entusiasmo.
Lino Guanciale: Per me proprio perché era la prima volta sul set è stata un'esperienza straordinaria e arrivavo sul set anche alle 6 del mattino, ero il primo ad arrivare ed ero l'ultimo ad andare via. Ho vissuto il set in lungo e largo, per me è stata un'esperienza importantissima. Ero stato chiamato per fare un provino in cui bisognava suonare il pianoforte e dire due battute e solo dopo mi hanno detto che si trattava di Saura e ho avuto un riflusso dai sangue! Il mio ruolo, che è anche un po' ingombrante, ho cercato di studiarlo facendo leva sulla mia conoscenza artistica e musicale di questo gigante e ho pensato anche ai lavori degli altri. Quello che mi ha stupito di più era la calma sul set. Mi sono sentito liberissimo.
Carlos Saura: Alla prima prova musicale di Lino gli ho detto che non era importante che fosse tanto bravo a suonare ma che fosse un grande attore. Poi devo dire che è stato un bene per il film che ci sia stata l'interruzione perché era cresciuta la maturità artistica del cast!
Signor Occhipinti ci parla del suo ruolo in questa produzione?
Andrea Occhipinti: Sono il produttore italiano che negli ultimi anni ha lavorato di più in Spagna e quindi era quasi naturale che questo film arrivasse a me quando Gomez ha avuto dei problemi. Conoscevo Saura attraverso il mio agente, perché nella mia vita "precedente" sono stato attore. Ho visto il progetto ed era bellissimo. Poi abbiamo coinvolto tecnici italiani. Questa pausa quindi non è stata drammatica. Penso che fosse importante l'atmosfera sul set perché essere motivati e avere una buona armonia sul posto di lavoro permette di essere più creativi e più sereni. Il film è stato presentato al Mercato al Festival di Cannes e a Toronto. Sarà distribuito in Francia, Germania, in molti paesi dell'Est, in Giappone, in Corea, in quasi tutto il mondo!