Li avevamo lasciati alle prese con gli esami di maturità negli anni '80, ora li ritroviamo compagni di università ai giorni nostri. Cristiana Capotondi e Nicolas Vaporidis, coppia già rodata del fenomeno Notte prima degli esami, portano stavolta sullo schermo due mondi diversi destinati a scontrarsi ed attrarsi. Come tu mi vuoi, opera d'esordio di Volfango De Biasi, racconta infatti dell'improbabile storia d'amore tra una studentessa modello dall'aspetto orribile ed un figlio di papà tutto donne e motori. Il film, prodotto e distribuito da Medusa, arriverà nelle sale venerdì 9 novembre in oltre 300 copie destinate ad aumentare nelle settimane successive. Grandi aspettative quindi per questo film che ha già la sua versione cartacea: è in vendita da qualche giorno, infatti, in tutte le librerie, il romanzo che lo stesso De Biasi ha scritto arricchendo la storia che ha portato sul grande schermo. Alla conferenza stampa di presentazione di questa nuova commedia italiana che strizza l'occhio al pubblico giovane sono presenti il regista, i due protagonisti e le attrici Giulia Steigerwalt ed Elisa Di Eusanio.
Volfango De Biasi, com'è nato il film?
Volfango De Biasi: Un po' di tempo fa stavo guardando in televisione Veline, un programma condotto da Teo Mammuccari, e una delle tante prove che venivano fatte fare a queste ragazze aspiranti veline era mangiare budini con le mani legate dietro la schiena. E' stata una cosa che mi ha scioccato, anche perché sono stato cresciuto da una mamma femminista, e mi sono chiesto "Ma perché le donne non si ribellano?". Così ho scritto il film, avendo in mente la lezione dei college movie americani, ed ho avuto la fortuna di avere un gran bel gruppo attorno a me che ha partecipato con grande entusiasmo alla realizzazione di Come tu mi vuoi. C'è stata davvero grande collaborazione e spero che la felicità che si respirava sul set passi e venga recepita dal pubblico. Inoltre, accanto al film, ho avuto la fortuna di scrivere il libro che è una sorta di director's cut in cui ho avuto la possibilità di stare ancora insieme ai personaggi e dire quello che restava da precisare su di loro.
Nel film si parla di differenti stili di vita, sottolineando soprattutto il peggio di una condizione agiata tutta dedita alle apparenze. Come pensa che verrà accolto il film dal pubblico in questo senso?
Volfango De Biasi: Ho un infinito rispetto per il pubblico, che spero sia composto da persone senzienti. Credo che là fuori ci sia un mondo crudele e io ne ho voluto mostrare solo un piccolo spaccato. Ritengo che il compito della commedia sia di dire e dare delle cose, di far riflettere e creare discussione. Rappresentare a un pubblico intelligente quello che sta avvenendo e fornire un'occasione di discussione credo che sia un atto dovuto. Non è un film generazionale e basta, ma una commedia a tutto tondo in cui dico cose che sentivo di dire e spero vengano capite ed apprezzate le buone intenzioni.
Non ha paura di essere caduto eccessivamente nello stereotipo costruendo i suoi personaggi?
Volfango De Biasi: Questo film lavora sullo stereotipo che faccia da ponte con il pubblico. Io ricordo i miei quindici anni, quando cominciavo a vestirmi un po' più carino e arrivavano i primi apprezzamenti. Nel momento in cui passi da una condizione di "sfigato" alla possibilità di giocare la partita la vita ti sembra più facile. La dimensione favolistica del film, che è classica e può sembrare uno stereotipo, rappresenta perciò un ponte di dialogo col pubblico. Come la favola è simbolo di qualcosa, quell'emozione di buttarsi nelle fiamme, di farsi lepre rispetto ad una condizione è assolutamente realistica.
Perché nel film il conflitto tra il personaggio interpretato da Nicolas Vaporidis e suo padre viene mostrato così tardi, cioè verso la fine?
Volfango De Biasi: Ho strutturato la mia commedia, come il grande cinema americano insegna, in tre atti e avevo bisogno di una Redenzione del protagonista proprio in quel momento. I personaggi del film sono sfumati, non ci sono colpe ben precise ed ognuno di essi vive dei conflitti. Per onestà cerco di mantenere le scene sempre ad un certo livello di ambiguità.
Nicolas Vaporidis: Quello di Riccardo, il mio personaggio, verso il padre è uno sfogo dettato dall'ira per una serie di circostanze sfavorevoli che gli hanno fatto capire che il suo stile di vita forse non era il meglio. Il padre è solo un capro espiatorio di questa condizione. Certo, avrà le sue colpe, ma non è il mostro da condannare, perché anche Riccardo ha fatto tanti sbagli. Forse il padre non capisce totalmente il figlio e lo sfogo arriva con un tempismo perfetto, quando il ragazzo, dopo aver perso la ragazza e gli amici cerca di rimettersi in carreggiata, mentre l'uomo vuole continuare a comprare l'affetto del figlio a suon di mazzette.
Che ci dice dei luoghi dove avete girato?
Volfango De Biasi: Siccome la mia era un'opera prima, abbiamo avuto un budget generoso, ma non elevatissimo, come può essere quello di un secondo o terzo film, e abbiamo perciò cercato di usarlo al meglio. Ero ben consapevole di non poter disporre di folle oceaniche o effetti speciali e così, per far sembrare il film più ricco, abbiamo giocato sul fotogramma, lavorando con la profondità di campo e cercando appartamenti belli e profondi che restituissero gusti e stati d'animo dei protagonisti, grazie anche a colori e giochi di luci particolari. Per quanto riguarda l'università, abbiamo trasferito Sociologia nelle aule di Giurisprudenza perché ci sembravano più belle e potevamo poi usufruire del fascino della statua di Minerva che campeggia nella città universitaria della Sapienza di Roma.
Quanto è stato complicato far diventare così brutta Cristiana Capotondi?
Volfango De Biasi: E' stato un compito estremamente difficile imbruttire una creatura così meravigliosa, ma ciò che andrebbe detto è che Cristiana ha avuto una possibilità molto rara nel nostro cinema, quella cioè di interpretare un personaggio che gioca un doppio ruolo e lei è stata così brava che non sfigurerebbe di certo a confronto con le più grandi attrici americane.
Cristiana Capotondi: Ci sono volute due ore di trucco al giorno, che poi sono le stesse che trascorro ogni mattina davanti allo specchio per essere carina nella vita di tutti i giorni. Per diventare Giada mi sono state applicate delle bolle speciali in faccia, avevo un apparecchio che mi faceva le guance cicciotte e un tubo nel naso per farlo a palla. Quando ho letto il copione ero già convinta di fare il film perché il personaggio di Giada era molto bello e rappresentava un'occasione unica nel panorama del nostro cinema. E' un po' la storia della mia vita. Anch'io nel corso degli anni ho acquisito una femminilità un po' stereotipata. Giada è brutta, ma è piena di belle cose, ha una sua purezza e una sua ingenuità, valori sani che andrebbero riscoperti.
A proposito del fatto che si è dovuta imbruttire di parecchio per interpretare questo ruolo, c'è un episodio curioso legato ad una scena girata a Piazza di Spagna. Ce lo racconta?
Cristiana Capotondi: Ho girato a Piazza di Spagna la scena di Giada che va a sbirciare le vetrine dei negozi più costosi di Roma. Ero terrorizzata perché la gente guardava stupita questa attrice brutta e goffa. Ad un certo punto uno mi riconosce e fa "Ma quella è la Capotondi, non me la immaginavo così brutta!" e così è cominciato un mormorio tra la gente accorsa a curiosare. Dopo mezz'ora ero diventata viola dalla rabbia e lancio un urlo al ragazzo dicendo "Guarda che sono truccata!" e lui mi risponde: "Ammazza, pensa se non eri truccata!".
Nicolas Vaporidis, lei come ha affrontato un personaggio così odioso come quello che interpreta in Come tu mi vuoi?
Nicolas Vaporidis: E' stata affascinante l'idea di riuscire a fare un personaggio antipatico che se incontrassi nella vita reale sicuramente prenderei a schiaffi. In tutto il film Riccardo è un vitellone con valori oggettivamente lontani dai canoni del bravo ragazzo, sebbene nel finale abbia una sorta di redenzione. Mi è interessato provare a calarmi nei suoi panni, sentire sulla pelle la frattura tra il suo mondo e quello di Giada. Ragazzi borghesi come Riccardo hanno una visione del mondo molto elitaria, fatta di apparenze, e hanno come pilastri della vita il denaro, l'ossessione della bellezza, del corpo, delle macchine. Sono ragazzi che cercano di confermare continuamente la propria autostima attraverso il ricambio di donne. Noi volevamo dare uno schiaffo a quest'idea di vita, ma cercando di dare una speranza al mio personaggio, facendogli usare per esempio la macchina fotografica come una sorta di appiglio. Riccardo ha un interesse che però non coltiva perché vive negli agi, nell'ozio, e solo grazie all'incontro con Giada riuscirà a tirar fuori un'anima. Come capita a tutti noi ci sono incontri che ci fanno cambiare totalmente rotta ed è quello che succederà al mio personaggio.
Giulia Steigerwalt ed Elisa Di Eusanio, voi interpretate rispettivamente la ragazza tutta trucco e vestiti che vuole trasformare Giada in una femme fatale e l'affettuosa coinquilina, nonché migliore amica, di Giada. Come giudicate questa vostra esperienza?
Giulia Steigerwalt: E' stata la prima volta che ho avuto la possibilità di interpretare un ruolo totalmente diverso dal mio modo di essere. Fiamma è un personaggio gelido, agghiacciante, che conosce bene quali sono le regole del gioco e si diverte a giocare fino in fondo. Decidere di trasformare Giada rappresenta per lei una scommessa personale per confermare quelle regole. Per quanto mi riguarda è stato molto difficile perché all'inizio non pensavo di essere in grado di interpretare un ruolo così, ma l'incontro con Volfango ha fugato ogni dubbio, perché lui è un grande direttore di attori ed ha la capacità di trasformarti completamente. Al provino dovevo andare vestita da femme fatale e così mi sono messa un vestito che consideravo particolarmente bello, ma quando sono arrivata lì Volfango mi fa "Cos'è questo vestito monacale? Se mi porti un personaggio costruito va bene, se devi essere Giulia che recita una parte come le altre no." Perciò per l'incontro successivo mi sono calata totalmente nei panni di Fiamma e sono riuscita ad ottenere la parte.
Elisa Di Eusanio: Io vengo dal teatro e Come tu mi vuoi è il mio primo film. Ho cercato di lavorare molto sul personaggio. Avendo saltato i vari passaggi delle ragazze universitarie fuori sede, sono andata in giro per Roma, dove si muovono davvero questi folletti che si aggirano per strade e centri commerciali e ho cercato di rubar loro voci e storie. Sara è l'anima buona del film, una donna giunonica che è sempre accanto a Giada e l'aiuta in tutti i momenti difficili. Credo che sia il personaggio più positivo del film.