Canneseries colpisce ancora. Il festival francese dedicato esclusivamente alle serie (TV e streaming) ritorna per il secondo anno, anzi una seconda stagione, promettendo a pubblico e stampa una settimana intera ricca di novità seriali, con opere provenienti da ogni parte del mondo: quest'anno nessun prodotto italiano, ma vedremo e vi racconteremo di serie americane, europee, israeliane e giapponesi che, speriamo, potranno prima o poi trovare spazio anche nei palinsesti e cataloghi nostrani. Ma, prima ancora di mostrarci le tante attese immagini degli show che ci accompagneranno nei prossimi giorni, il festival ci stupisce unendo la bellezza di uno dei lungomari più celebri al mondo a quello dello star system del piccolo schermo.
I primi divi a solcare la Croisette quest'anno sono proprio i giurati di questa seconda edizione: a presiedere la giuria internazionale c'è il regista e sceneggiatore tedesco Baran bo Odar, già autore di Dark per Netflix; insieme a lui, ad assegnare i premi, ci sono anche il compositore e musicista francese ROB oltre che tre splendide attrici e donne: la canadese, ormai hollywoodiana d'adozione, Katheryn Winnick nota per il ruolo di Lagherta in Vikings; la giovanissima Emma Mackay, franco-britannica, una delle prime rivelazioni di quest'anno con Sex Education; e per finire la nostra Miriam Leone, protagonista del piccolo e grande schermo e amatissima anche qui all'estero grazie a prodotti seriali di culto come Non uccidere.
La maggioranza di donne all'interno della giuria è una delle piacevolissime novità di questa edizione ed anche, come vedremo, argomento di discussione e orgoglio per la giuria intera. Nessuno di loro ha mai fatto parte prima d'ora di una giuria internazionale, la prima domanda, quindi, è praticamente d'obbligo.
Cosa si prova ad essere in giuria qui a Cannes e quali sono le vostre aspettative sulle serie che vedrete?
Katheryn Winnick: Sono ovviamente molto felice di avere una chance di vedere tutte queste serie nuove, e anche orgogliosa di essere qui in veste di giurata perché non c'è niente di più bello per chi fa il nostro lavoro che mostrare la propria serie sul grande schermo. È un modo fantastico per celebrare le serie TV. In più, io poi sono l'unica del gruppo che proviene dagli States e sono molto curiosa di vedere tante opere di paesi diversi, perché noi siamo i primi ad essere un po' chiusi, ma ci sono tante altre serie che invece meritano di essere conosciute a prescindere dal paese da cui provengono. Viviamo in un mondo multietnico ed è importante esplorare il più possibile le altre culture, anche solo attraverso film e serie. Poi, ovviamente, spero che queste serie che vedremo riescano ad intrattenermi e conquistarmi anche solo attraverso i primi episodi!
ROB: devo ammettere che mi ha colpito molto la possibilità di premiare, tra le tante cose, anche le migliori musiche di una serie, perché è un qualcosa che non si vede spesso. Ovviamente giudicherò ogni aspetto delle serie, ma professionalmente mi interessa molto la musica e l'utilizzo che se ne fa e ci starò particolarmente attento. Inoltre, dai pochi minuti di anteprima che abbiamo potuto vedere ieri sera (alla cerimonia di inaugurazione ndr), sappiamo che ci saranno molte sorprese, per esempio mi ha colpito molto la serie norvegese, Magnus, pena di mostri e stranezze. Non siamo abituati a vedere spesso prodotti che arrivano dalle altre parti del mondo, e sono curioso di vedere cosa succederà.
Baran bo Odar: anche solo pronunciare la parola Cannes fa venire i brividi, quindi immaginate quanto sia orgoglioso di essere qui. Poi io provengo dal cinema, ma da quando ho scoperto le serie sono convinto che questa nuova forma d'arte e penso che rappresentino il futuro dello storytelling, soprattutto per quanto riguarda i formati. Forse avremo meno film da due ore perché (purtroppo)la gente andrà meno a cinema e penso che cambierà il modo di vedere film, ma sono certo che non cambierà la voglia di raccontare storie. Amo moltissimo i film classici ma penso che ormai siano legati al passato e forse irripetibili. Forse anche come pubblico siamo un po' stanchi di certi film. Con le serie si possono fare cose differenti, sono più simili ai libri, legati ai personaggi più che alla trama.
Emma Mackey: amo molto le serie, penso siano perfette per le nuove generazioni, che forse vogliono appassionarsi ai personaggi per più di due ore. Qui abbiamo serie da tutto il mondo, serie che non avrei mai potuto vedere altrimenti, anche solo per questo è un privilegio essere qui, sono giovane e ho tanto da imparare e questo forse è il modo migliore per farlo. Poi sono sicura che tra una settimana saprò parlare tantissime nuove lingue grazie alle serie che vedremo! (ride ndr)
Miriam Leone: stiamo per guardare tante serie molto diverse tra loro, ciascuna nella propria lingua e già questo è una cosa importante e bellissima. Le serie stanno diventando sempre più rilevanti, stanno raggiungendo un nuovo pubblico sempre più vasto, anche grazie alle nuove piattaforme, e ci danno l'opportunità di creare e interpretare personaggi sempre più complessi e affascinanti. Sono come una nuova forma di letteratura, ti portano a voler andare avanti, capitolo dopo capitolo, e spero che lo stesso ci succederà qui anche se vedremo solo pochi episodi.
Da Twin Peaks a Il Trono di Spade: le serie che hanno cambiato la TV
Quando vi siete resi conto che le serie TV stavano diventando così importanti? C'è qualche titolo in particolare che vi ha fatto capire che qualcosa stava cambiando?
Katheryn Winnick: prima gli attori puntavano a fare cinema e vedevano la TV come un ripiego, e ora le cose sono chiaramente cambiate. Ho avuto recentemente la fortuna di debuttare alla regia con un episodio di Vikings e aver avuto la possibilità di raccontare in prima persona una storia, una parte di quella storia a cui ho lavorato per tanti anni, è stato incredibile. Vikings penso sia stata una serie importante e fuori dal comune, così come ovviamente lo sono Il trono di spade, Downton Abbey, Peaky Blinders e tante altre. Stiamo diventando sempre di più una cultura da binge watching, vogliamo sempre di più delle cose che ci piacciono, diventiamo quasi ossessionati. Io stesso guardo 10 episodi alla volta quando posso!
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Baran bo Odar: Non amo il fantasy e non amo roba come i draghi, eppure mi piace moltissimo Il trono di spade (che tornerà sugli schermi il 14 aprile ndr) perché fanno continuamente cose che non mi aspetto, come uccidere i protagonisti e andare in direzioni sempre diverse. Penso che il cambiamento maggiore sia arrivato con I Soprano, perché ha una scrittura di altissimo livello ed è da lì che è cominciato tutto: per la prima volta seguivamo un personaggio che fa cose orribili, è un cattivo, eppure il mondo intero non poteva che amarlo. A livello produttivo poi ormai non c'è grossa differenza con il cinema, vedi certe battaglie de Il Trono di Spade e ti accorgi che sono più imponenti di un film Marvel.
ROB: io sarò forse troppo vecchio, ma non posso non citare I segreti di Twin Peaks: David Lynch ha cambiato il modo di fare TV e lo ha dimostrato ancora una volta anche con la nuova stagione.
Netflix ti ascolta e ti dà libertà
Pensate che il panorama delle serie sia destinato ad essere sempre più internazionale o continuerà ad esserci un'egemonia americana?
Baran bo Odar: penso che questa cosa stia già cambiando, ultimamente ci sono stati molti successi internazionali e stanno avendo sempre più spazio. Molto merito va riconosciuto anche a Netflix che sta producendo molto in ogni paese: anche La casa di carta è diventato un successo enorme grazie a Netflix che l'ha portata in tutto il mondo. Anche io sono cresciuto con il mito delle serie americane, ma qualcosa sta cambiando. Anche il mio Dark è stato un successo eppure è uno show molto complesso e difficile, a volte perfino io e mia moglie mentre leggiamo le sceneggiature non capiamo bene cosa sta succedendo! Non penso che alla gente interessi davvero la provenienza di un film o una serie, basta che sia bello, la qualità è quello che conta.
Come sta cambiando il mondo con lo streaming e il nuovo modo di guardare e produrre le serie?
Katheryn Winnick: un po' di tempo fa ero in India, e sono capitata in villaggi poverissimi dove magari non avevano neppure l'acqua corrente, eppure quasi tutti avevano uno smartphone e guardavano le serie sui loro telefoni!
Baran bo Odar: ho lavorato in Germania, negli Usa e ora anche con Netflix. La differenza è che loro sono nuovi e hanno idee nuove, perché hanno cominciato da zero, sono in qualche modo dei geeks e non vecchi come i boss degli studios. Quando lavori con uno studioa, ci sono questi vecchi capi che ti dicono esattamente come fare e non accettano suggerimenti, semplicemente perché loro sanno cosa funziona e cosa no e non vogliono nulla di differente. Quelli di Netflix ti ascoltano, ti danno libertà, perché solo loro stessi in primis a non avere certezze, ma puntano solo a fare il meglio possibile e sperare che funzioni. Dark è stato un azzardo, non avevamo alcuna certezza. Per questo mi arrabbio quando sento parlare di Roma di Cuaron: per me è un capolavoro, ma è facile parlare dopo; in realtà è un film difficile - in lingua straniera, bianco e nero, lento - e nessuno lo voleva prima di Netflix e nessuno lo avrebbe proiettato al cinema.
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Le serie TV e il passaparola hollywoodiano
Da spettatori come scegliete le serie da vedere?
Katheryn Winnick: se sono stanca, mi accontento di quello che capita. Se ho voglia di vedere qualcosa di bello, vado su Rottentomatoes, mi fido del giudizio dei critici, perché ho poco tempo e voglio sfruttarlo bene, voglio qualcosa che mi rimanga e mi possa anche aiutare a migliorare come persona e per il mio lavoro. Poi ho ovviamente molti amici e colleghi a Hollywood che mi consigliano cosa vedere, ci sono serie su cui c'è molto passaparola.
ROB: penso anche io che il passaparola sia importante, perché temo che lo spettatore sia diventato troppo passivo e si affidi troppo ad un algoritmo. Ci vorrebbero persone di cui ci fidiamo, come registi e autori, che possano suggerire le cose imperdibili da vedere, fossi in Netflix proporre i consigliati dai registi non dall'algoritmo
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Il ruolo delle donne? C'è ancora molto da fare
Cosa ne pensate di movimenti come #MeToo e Time's Up? E come vivete la fama e la popolarità anche sui social? Ne sentite la responsabilità?
Katheryn Winnick: fin da bambina ho studiato arti marziali, a 13 anni avevo già la mia prima cintura nera, e prima di fare l'attrice insegnavo arti marziali agli altri attori e self defense alle donne. Ho un background forte e quando sono diventata un'attrice volevo un ruolo che potesse mostrare la mia forza. Sui social ho accesso a 3-4 milioni di persone che mi seguono ed è una cosa strana: io sono una persona molto riservata di carattere, ma mi rendo conto che in questo momento da parte di molte ragazze c'è questo bisogno di role model forti, qualcuno o qualcosa che possa ispirare, quindi se possiamo dare una mano in questo senso ben venga. Tempo fa sono andata in Argentina per un compleanno di un amico e mi sono trovata invasa da fan per strada, addirittura abbiamo dovuto mettere extra security all'hotel perché c'erano tante persone che mi aspettavano. All'inizio non riuscivo a capire, poi mi è stato spiegato che in questo momento in Argentina c'è un movimento femminile forte ed è in atto una vera e proprio lotta sociale. Non mi piace la fama, ma quando sento le storie di queste ragazze che scappano da situazioni di violenza, e che anche solo un personaggio di una serie TV può dare ispirazione o speranza, mi rendo conto che quello che possiamo fare è, nel nostro piccolo, comunque una cosa importantissima. C'è molto da lottare e migliorare, questo è l'inizio: ma per esempio sono orgogliosa di essere in una giuria composta da tre donne forti.
Da Captain Marvel a Star Wars: le donne stanno davvero "rovinando" il cinema?
Emma Mackey: è vero, c'è ancora molto da fare in tutte le industrie, non solo nel cinema. I problemi veri, il nucleo centrale dei problemi, continuano a non essere risolti e quindi dobbiamo continuare a lottare, però si percepisce che qualcosa sta cambiando. Sui social ci sono cose davvero tossiche e vergognose, però ci sono anche tante persone che stanno portando avanti cose molto positive e questo è molto bello. Con Sex Education siamo stati molto fortunati, metà del cast - anche come regia o operatori - più della metà sono donne, ed è qualcosa di molto bello, molto empowering.
Sex Education: chi è Emma Mackey, la sosia di Margot Robbie nella serie Netflix
Miriam Leone: rispetto a prima c'è più sorellanza, non ci sentiamo siamo più sole a combattere. Perché il problema femminile riguarda tutti, uomini e donne. Siamo all'inizio ma stiamo rompendo dei tabù, stiamo lottando per quello che qualsiasi essere umano merita.
Katheryn Winnick: anche per questo per me la regia è stata così importante, perché ci sono cose poche possibilità per le donne in questo senso. Magari finirò nei guai per aver detto questa cosa, ma al mio coprotagonista gli offrirono la possibilità di fare la regia già alla quarta stagione, a me dopo 7 anni. Nonostante questo però devo ammettere di avere avuto il supporto da parte di tutti; cast e troupe hanno fatto tutto per me, e non penso che avrei potuto desiderare nulla di meglio per il mio esordio. Penso sia un'esperienza che ogni attrice dovrebbe provare, e invito tutti a provarci, a insistere e crederci. Iniziate a raccontare ad avere una vostra voce.