Da YouTube al grande schermo, attraversando l'A24 (la società di distribuzione, non l'autostrada). Danny e Michael Philippou sono i nuovi prodigi dell'horror contemporaneo. Il jumpscare ridotto al minimo, e il terrore che viaggia sulle corde di una psicologia sempre più inquieta e inquietante. Dopo Talk to Me, ecco la loro opera seconda, Bring Her Back. Al centro, di nuovo, il dolore come grancassa capace di far risuonare gli aspetti più neri dell'anima umana. Li abbiamo incontrati, in occasione del virtual junket, per farci raccontare il film, partendo proprio da un tema che sembra accomunare molti horror movie recenti: l'elaborazione del lutto.
Bring Her Back: intervista a Danny e Michael Philippou

L'appuntamento con Danny e Michael Philippou è abbastanza inusuale: alle 7 di mattina. Del resto si collegano dall'Australia, e il fuso - almeno per noi - non aiuta. L'alzataccia, però, è stata subito ripagata: i due autori-fratelli ci (ri)portano dentro Bring Her Back partendo proprio dal processo emotivo che ruota attorno alla perdita. "Subire un lutto è un'emozione ed un'esperienza estrema", spiega Danny. "Elaborare il dolore attraverso una lente horror, cercando di trovare un modo per esprimerlo è terapeutico. È un modo per controllare qualcosa che sembra così incontrollabile. Direi che forse è proprio questo il motivo per cui si addice agli horror".
Tuttavia, per Michael, il dolore ha a che fare anche con l'amore. Almeno nel contesto del film. "In Bring Her Back c'è l'amore di Laura per sua figlia, l'amore di Andy per Piper, la mancanza di amore da parte del padre di Andy nei suoi confronti e il senso opprimente di amore da parte del papà di Andy a Piper. Per me il tema è la lunghezza a cui ti spingi per amore rispetto al dolore. Ma il problema è che ognuno lo interpreta a modo suo".
Le influenze

La trama in una riga: Bring Her Back - Torna da me vede protagonisti un fratello e una sorella (Billy Barratt e Sora Wong) che si ritrovano al centro di uno sconvolgente rituale dopo essere stati accolti nella casa della loro tutrice, Laura (Sally Hawkins). Senza rivelare troppo, le inflessioni di Psyco sembrano dominare la sceneggiatura, tuttavia per ammissione dei registi le influenze sono molte. "Abbiamo tratto ispirazione da così tanti luoghi diversi", spiega Danny Philippou. "È sempre difficile individuare con precisione le cose. Ma sì, quando ripenso a Psyco, trovo alcuni punti di ispirazione. Le suggestioni arrivano anche dal genere Psycho Biddy, o a Che fine ha fatto Baby Jane? e Il collezionista di occhi. Penso anche a Hush...Hush, Sweet Charlotte. Persino L'Esorcista o persino Sam Raimi. Ci sono così tanti luoghi diversi da cui attingiamo che sono fanno parte di noi".
L'acqua: il significato del film

È decisamente curioso che Sally Hawkins - un vero valore aggiunto del film - sia tornata a confrontarsi con l'elemento acquatico dopo The Shape of Water. L'acqua è infatti un filo rosso in Bring Her Back. "L'acqua rappresenta il loro dolore in modo diverso. Laura ha perso sua figlia in piscina mentre pioveva e Andy ha perso suo padre sotto la doccia. E così l'acqua sembra poter rappresentare così tante cose", continua Danny. "Emozioni diverse perché può essere davvero rilassante e calmante, ma anche violenta e aggressiva. E questo è sempre stato parte integrante del sound design e del paesaggio sonoro: cercare di trovare il modo diverso in cui questa pioggia è collegata ai diversi personaggi, come sarebbe stata forte e aggressiva. È diventata una parte integrante della storia dal punto di vista tematico. Ma che incubo girare quando c'è l'acqua".
Una possibile spiegazione simbolica (che risuona nel finale) arriva da Michael Philippou: "Nel film c'è l'immagine di una piscina vuota. Questo rappresenta il cuore di Laura, in quel momento. È una scelta metaforica commovente e perfetta".
La paura di essere giudicati

Abbiamo parlato di quanto Danny e Michael Philippou sappiano maneggiare il terrore. Dall'altra parte, c'è qualcosa che li spaventa? La risposta non è affatto banale. Per Danny: "Ho paura di molte cose. Prima di girare abbiamo perso la nostra amica Holly, e lei aveva solo 23 anni. Qualcosa che può succedere a chiunque, e succederà a tutti noi. È terrificante. È una cosa così difficile da capire. Tutti noi stiamo andando verso quella direzione. Essere morti è triste e terrificante". Ma è terrificante anche girare un film: "Sei davvero vulnerabile ed esposto, ci metti anima e corpo in qualcosa, e poi viene buttato via su un palco e tutti ti guardano e ti giudicano", continua. "Ti senti come se fossi nudo sul palco e tutti ti criticano per il tuo aspetto fisico".
Della stessa idea anche Michael: "Sembra proprio un processo spaventoso e vulnerabile. Immagino che anche l'accettazione faccia parte della paura, essere accettato dalle persone. Ed è proprio questo che fa paura nel realizzare un film, soprattutto quando toccherà dei tasti dolenti o andrà troppo oltre nella mente di alcune persone. Non viene accettato. Ma è tutto legato al nostro terribile bisogno di approvazione, forse".