Innanzitutto, un breve fun fact. Le video interviste internazionali sono divise in piccoli blocchi da pochi minuti. Quando va bene, i minuti a disposizione sono circa sette (ma dipende da tanti fattori), tuttavia il minutaggio consueto non supera quasi mai i cinque minuti. È complicatissimo, quindi, riuscire a stabilire una connessione con gli intervistati. Il tempo è tiranno, la finestra Zoom non aiuta, e le domande, a volte, non riescono ad essere percepite come vorremo per via della differenza di lingua. Tuttavia, ci sono casi in cui la connessione scatta subito. E allora eccoci a raccontarvi di com'è andata con Brian Tyree Henry e Wagner Moura, protagonisti di Dope Thief, serie Apple TV+, sviluppata da Peter Craig, e ispirata al romanzo di Dennis Tafoya.
Dope Thief: intervista a Brian Tyler Henry e Wagner Moura

Ora, né Henry né Moura dovrebbero aver bisogno di presentazioni. Il primo candidato all'Oscar nel 2022 per Causeway (dopo il tripudio di Atlanta), il secondo è, scontato scriverlo, uno dei volti cult della serialità, essendo stato Pablo Escobar in Narcos, ritrovandolo co-protagonista nel 2024 nel capolavoro Civil War di Alex Garland. Insomma, una coppia perfetta, quasi continua, incredibilmente efficace sia sul set che, appunto, in sede di promozione. Parlavamo di connessione: la nostra video intervista agli attori è stata, letteralmente, uno spasso. Dopo esserci presentati, Wagner Moura inizia a parlare in italiano. "Ho studiato italiano, è la lingua più bella del mondo", ci confida. "Adoro l'Italia e amo il cinema neorealista". Non potremmo non essere più d'accordo, dicendogli quanto la sua pronuncia sia buona.
Brian Tyler Henry sta al gioco, anche quando si alza dalla poltrona, dopo che Moura, scherzando, ci dice che vorrebbe fare tutta l'intervista in Italiano. I minuti a disposizione corrono veloci, siamo consapevoli che la nostra intervista sarà abbastanza scarna, ma l'atmosfera è conviviale e traduce al meglio il rapporto tra i due attori, che in Dope Thief interpretano Ray e Manny. Si conoscono da una vita, sono cresciuti insieme (finendo pure in riformatorio, insieme) e, come possono, cercano di sopravvivere tra le strade di Philadelphia. Come? Si fingono agenti della DEA irrompendo nelle case dei piccoli spacciatori, rapinandoli e portando a casa il bottino. Niente colpi di pistola, né violenza. Almeno fino a quando non rapinano l'appartamento sbagliato. Un po' Robin Hood e un po' Butch Cassidy e Sundance Kid? Forse sì, come ci confermano Henry e Moura: "è una visione interessante, non avevamo mai pensato a Butch Cassidy e Sundance Kid", continua l'attore afroamericano, chiedendoci poi chi tra i due sia Butch e chi Sundance.
Soldi, sopravvivenza, resistenza: il volto americano

Dopo aver rotto - anzi, sciolto - il ghiaccio, riflettiamo su quanto Dope Thief sia anche specchio dell'America contemporanea (è ambientata nel 2021, a differenza del libro uscito invece nel 2009). Soldi, resistenza e sopravvivenza sembrano le tre colonne portati della sceneggiatura. A riguardo, Brian Tyree Henry ci spiega che, "Pensa, è interessante perché nel libro i personaggi sono tutti e due bianchi. Questo creava confusione, perché quando mi hanno detto il nome dell'autore pensavo fosse afroamericano! Quando l'ho incontrato è stato adorabile. In qualche modo, abbiamo cambiato gli elementi, e di conseguenza abbiamo cambiato l'ambiente e il modo di raccontare. Un nero e un latino a Philadelphia, inseriti in un sistema che li vorrebbe bloccare lì. Un sistema che lavora contro di loro, che li opprime. Stanno ancora cercando di capire chi sono all'interno della società".

Per Henry, Dope Thief è "Tecnicamente una storia di formazione. Sono ex detenuti, c'è il Covid, trovare lavoro è complicato, c'è povertà. A Philadelphia tra l'altro il tasso di incarcerazione è alle stelle. Una città famosa per i penitenziari e per i musei", continua l'attore, "Li seguiamo per la città, affrontiamo diversi temi, come il recupero e la dipendenza. Abbiamo dato una scossa anche al genere: mettiamo in scena un rapporto amicale tenero. Due uomini che ci somigliano. C'è l'azione, è spettacolare, ma non è tutto lì. C'è sentimento. Loro piangono, si spaventano, hanno bisogno dell'uno e dell'altro. Speriamo che la serie plasmi il concetto di come dovrebbero essere le amicizie maschili. Osserviamo il loro rapporto, come si sviluppa, i loro lati teneri".
Alla fine, Brian Tyree Henry cerca l'approvazione dell'amico Wagner Moura: "Come sono andato?", gli chiede, e lui "Benissimo!", prima di dire, rivolgendosi sia a lui che a noi: "Ok, ora ripetete tutto ciò che ho detto in italiano!". Purtroppo, i minuti a disposizione sono finiti. Ci ringraziano con affetto e li salutiamo. Nemmeno a dirlo, una delle migliori (non) interviste che che abbiamo mai fatto.