Boys, la recensione: Road movie dal sapore rock

La recensione di Boys, un film di Davide Ferrario in sala dal 1 luglio: il racconto di un viaggio on the road tra i ricordi di una rock band un po' vintage.

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Boys: la prima foto del cast

"Rock is so much fun" diceva Jimi Hendrix e Davide Ferrario ci tiene a ricordarlo, citandolo tra i titoli di testa del suo nuovo film che arriva sei anni dopo La luna su Torino. Documentarista, scrittore, critico e soprattutto narratore appassionato di piccole storie di provincia, il regista torna a parlare di tempo e memorie sospese come leggerete nella recensione di Boys, film d'apertura del 67° Taormina Film Festival in sala dal 1 luglio. Al centro del racconto il rock, i ricordi, la nostalgia dei leggendari anni '70 e il tentativo di un gruppo di vecchi amici rockettari di sopravvivere e ritrovare un'identità nei tempi moderni delle storie su Instagram e dei trapper che resuscitano vecchie glorie del passato. Nello spazio della provincia italiana si consuma una storia di amicizia e malinconie senili, in cui il registro comico si combina con un road movie che porterà una bizzarra combriccola di anziani disillusi dal nebbioso Nord alle campagne del Molise.

Una storia dal sapore vintage

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Boys: Saba Anglana e Neri Marcorè in una scena del film

Davide Ferrario imbastisce la trama di Boys affidandosi al ritratto di una senilità costretta a fare i conti con se stessa, i propri acciacchi e la nostalgia di un passato dominato dalla convinzione di poter cambiare il mondo a colpi di rock progressive. Joe (Marco Paolini) , Carlo (Giovanni Storti), Bobo (Giorgio Tirabassi) e Giacomo (Neri Marcorè) sono amici da sempre, e Boys è il nome della band fondata negli anni Settanta e protagonista di un successo fulmineo. Legati dalla passione per la musica e da un'amicizia autentica, continuano a esibirsi per locali o ad apparire in qualche programma televisivo, ma il mondo non è più solo rock'n roll e anarchiche ambizioni, i Boys sono poco più che cimeli "vintage", li definiscono così ormai "come ai mercatini dell'usato".

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Boys: Giovanni in una scena del film

Suonano gli stessi pezzi da quarant'anni anche se nel frattempo tutto è cambiato; i rivoluzionari anni '70 li hanno visti giovani, sognatori, ribelli e capelloni, poi sono arrivati gli '80 a spazzare via musica, sogni e speranze. E ognuno ha ripiegato sulla vita reale come Carlo nonno e notaio o Giacomo finito a gestire un ristorante di polpette sull'orlo del fallimento. Tra ginnastica perineale, visite alla prostata e il ricordo amaro di un passato assai migliore del presente, si ritrovano davanti a una possibilità che potrebbe riportarli sotto i riflettori: un trapper con l'intenzione di fare la cover di un loro vecchio successo. Per dare il via all'operazione serve però anche il consenso della loro vocalist, Anita, sparita da anni; la band si metterà così sulle sue tracce, in viaggio su un furgone scalcinato che li porterà in Molise.

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La retorica del "passato vs presente"

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Boys: una scena del film

Nonostante la raffinatezza con cui Ferrario cerca di trasformare in immagini la storia di quattro rockettari un po' agée, malinconici e incapaci di accettare l'idea di invecchiare, la scrittura non brilla per originalità: non paga così riproporre temi triti e ritriti come la contrapposizione tra un presente fatto di social, nonsense e trapper che misurano il successo in like, e un passato necessariamente migliore, evocato da immagini di repertorio in bianco e nero. Insistente il concetto tra una modernità frivola ("Voi avevate Jimi Hendrix, noi abbiamo X-Factor", dirà il giovane giornalista che li segue) e la purezza degli ideali di un tempo lontano, che i quattro sessantenni sembrano costretti a sacrificare a malincuore in cambio di una situazione economica più stabile.
Resta sullo sfondo il senso della rievocazione amara che ben si combina con i siparietti più comici affidati a Giovanni Storti e Giorgio Tirabassi, mentre a Neri Marcorè e Marco Paolini spettano i toni più riflessivi e agrodolci. Il cast fa del suo meglio, gli interpreti si spalleggiano e dettano il ritmo al racconto anche quando questo rischia di sfilacciarsi e indugiare in situazioni prevedibilissime. Suggestiva la colonna sonora realizzata da Mauro Pagani, lui sì, davvero rock.

Conclusioni

La recensione di Boys si conclude ribadendo quanto la ricercatezza di Davide Ferrario non basti a salvare il film da una scrittura spesso scontata. Una storia nelle premesse molto rock, che si sviluppa nello spazio della provincia italiana sulle note di malinconie senili, in cui il registro comico si combina con un road movie che porta la bizzarra combriccola di anziani rocker disillusi dal nebbioso Nord alle campagne del Molise. Le musiche di Mauro Pagani fanno il resto insieme agli interpreti che, tra battute e amare rievocazioni, si spalleggiano e dettano il ritmo del racconto.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • La rievocazione nostalgica del tempo che fu.
  • I toni comici ben si combinano con quelli malinconici e riflessivi del viaggio on the road.
  • Gli interpreti fanno del proprio meglio e dettano il ritmo del racconto.
  • L’idea retorica e abusata di contrappore una modernità vuoto e frivola, a un passato che invece è necessariamente migliore.

Cosa non va

  • La storia spesso rischia di sfilacciarsi e indugiare in situazioni prevedibili.