Renee Lomito-Smith è un'agente di polizia reduce da un trauma nel suo recente passato e ora tornata in servizio dopo otto mesi di congedo forzato. La protagonista di Body Cam, ancora tormentata dalla morte del figlioletto, viene affiancata dal giovane Danny e insieme hanno il compito di pattugliare le strade notturne di Swinton, in Louisiana.
La situazione precipita quando, durante un controllo di routine, trovano il corpo senza vita di un collega, ucciso in circostanze tanto brutali quanto apparentemente inspiegabili. Una serie di successive morti misteriose che colpiscono altri membri del dipartimento, portano Renee a sospettare che questi omicidi di matrice apparentemente sovrannaturale siano direttamente collegati a un caso irrisolto, relativo all'uccisione di un adolescente afroamericano. L'indagine la spingerà in un territorio insidioso, nel quale non potrà fidarsi di niente e nessuno.
Body Cam: dalle strade allo schermo
Sulla carta ci troviamo davanti a un'operazione che puntava a ibridare l'horror con il thriller poliziesco, cercando di innestare un forte elemento di critica sociale sulla brutalità della polizia e il razzismo sistemico che lo rende particolarmente rilevante nel contesto degli eventi che hanno scosso l'America negli ultimi anni. Basti pensare che in patria la pellicola è uscita nel maggio del 2020, pochi giorni prima che il Paese venisse scosso dalle proteste per la tragica e assurda morte di George Floyd, ucciso proprio dalla polizia.
Ecco perché Body Cam ha avuto probabilmente più risalto del dovuto, con la spinta del movimento Black Lives Matters che ha sicuramente influito sul passaparola del film. Film che altrimenti non offre molte sorprese di sorta, con una sceneggiatura spesso squilibrata e una gestione della paura che vive su soluzioni abbastanza classiche, offrendo ben poco di effettivamente originale.
Le vie del black horror
Malik Vitthal arrivava a Body Cam forte del successo di critica del suo esordio Imperial Dreams (2014), dramma sociale con John Boyega che aveva vinto l'Audience Award al Sundance Film Festival. Quel film dimostrava la capacità di affrontare tematiche sociali complesse, come la difficoltà di reinserimento nella società dopo il carcere, il ciclo di povertà e criminalità nelle comunità di colore e così via, con sensibilità e uno sguardo non giudicante.
Con quest'horror che cerca di riflettere sulle violenze da parte delle forze dell'ordine nei confronti della popolazione nera, tenta un'operazione più commerciale ma altrettanto valida socialmente, almeno nella premessa: utilizzare le convenzioni del genere, con minacce sovrannaturali di vario genere, per parlare di quest'argomento quanto mai sensibile nell'opinione pubblica d'Oltreoceano. Il problema è che laddove i migliori esempi recenti del filone black horror, basti pensare alle opere di Jordan Peele, sono in grado di fondere perfettamente il messaggio a una sana dose di intrattenimento a tema, Body Cam procede invece su soluzioni che lo gettano nell'anonimato, classico "film da cestone del supermercato" che non ha manco, date le ambizioni di partenza, un'anima da b-movie a supporto.
Questione di sguardo
Mary J. Blige, star musicale non nuova alla carriera davanti alla macchina da presa e già candidata all'Oscar per Mudbound (2017), porta sullo schermo una Renee Lomito-Smith che dovrebbe essere il cuore emotivo pulsante del film, ma complice i limiti dello script il suo personaggio si adagia su un'apatia quasi catatonica, anche nelle sequenze potenzialmente più spaventose.
Interpretazione che si rispecchia parzialmente nelle scelte del direttore della fotografia Pedro Luque, il quale costruisce un'estetica volutamente cupa e claustrofobica che accompagna l'ora e mezzo di visione dall'inizio alla fine. La pressoché totalità del film si svolge di notte, illuminata principalmente dai lampeggianti delle volanti e dalle fonti di luce artificiale delle ambientazioni interne, ma non si respira mai quell'atmosfera malsana che la presenza di qualche oscuro spirito inquieto dovrebbe insinuare nel racconto. Il buio permette alla sequenze più cruente e dal taglio vagamente splatter di essere pressoché innocue, potabili anche per quel pubblico maggiormente impressionabile.
Nonostante qualche buono spunto che resta in superficie, Body Cam non trova la corretta chiave di lettura per affrontare il complesso background narrativo, con la contestualizzazione all'orrore reale incapace di affondare gli artigli con la dovuta cattiveria.
Conclusioni
Un film che ha tempisticamente anticipato la nascita del movimento Black Lives Matters, dove un'agente di polizia nera si ritrova a indagare sulle brutali uccisioni di alcuni suoi colleghi, probabilmente invischiati in qualcosa di losco inerente alla morte di un giovane afroamericano. Body Cam aveva molte potenzialità ma non le ha espresse appieno, con una sceneggiatura sin troppo timida e scontata e la protagonista Mary J. Blige che non entra mai cuore e anima nel personaggio della tormentata poliziotta. Le scene puramente horror mostrano qualche spunto potenziale, ma paura e tensione rimangono ai minimi termini e il sapore è quello di un'occasione mancata.
Perché ci piace
- L'ambientazione notturna ha un certo fascino.
- Il tema era scottante...
Cosa non va
- ...ma è stato sfruttato in maniera prevedibile.
- L'interpretazione di Mary J. Blige è fin troppo apatica.
- Dinamiche di genere scontate e a corto di tensione.