4 detective. 4 linee temporali. 1 cadavere. Se già una serie si presenta e si promuove con queste poche accattivanti parole non si può che rimanerne incuriositi, soprattutto se si è fan del genere investigativo. Gli inglesi sono dei maestri nel costruire dei prodotti seriali nel segno del giallo e dipanare un caso su 6-8 episodi e questa miniserie non fa eccezione. Come riproporre però un genere così abusato in tv negli ultimi anni in modo nuovo?
Unendo passato, presente e futuro, riportando in tv alcuni volti amati della piattaforma e partendo dal graphic novel omonimo, targato DC/Vertigo (la loro collana "per adulti") e realizzato da Si Spencer, come vedremo nella recensione di Bodies, che arriva con i suoi otto episodi dal 19 ottobre su Netflix (noi ne abbiamo potuti vedere quattro in anteprima, ovvero la metà). Possiamo già dire che la serie promette benissimo e ha tutte le carte in regola per finire subito nella Top 10 della piattaforma e sulla bocca di tutti in un passaparola che crei al suo prossimo possibile fenomeno.
Algoritmo killer
La trama di Bodies è tanto semplice quanto geniale e ingarbugliata, proprio come il miglior giallo che si rispetti: lo stesso cadavere viene ritrovato a Longharvest Lane a Whitechapel, nell'East End di Londra nel 1890, 1941, 2023 e 2053 e quattro diversi agenti di polizia si ritrovano ad avere a che fare con lo stesso caso nel corso di due secoli. Alfred Hillinghead (Kyle Soller) vive negli anni di Jack Lo Squartatore, e si imbatte in un giornalista dai gusti decisamente anticonvenzionali per l'epoca. Charles Whiteman (Jacob Fortune-Lloyd de La regina degli scacchi) è un poliziotto corrotto negli anni del conflitto bellico e di Hitler disposto a tutto per sopravvivere. Nel 2023, ai giorni nostri, Shahara Hasan (Amaka Okafor) è una detective di origine musulmana e madre single, divisa tra due mondi. Così come l'agente Iris Maplewood (Shira Haas di Unhortodox) è divisa tra i rapporti familiari che ha sacrificato per entrare in polizia e il sistema organizzato da un politico e leader del mondo, Elias Mannix (un sibillino Stephen Graham, visto in Peaky Blinders sulla piattaforma oltre che ex Al Capone di Boardwalk Empire). Ogni volta il caso sembra destinato a finire irrisolto ma le strade dei personaggi si congiungeranno nonostante l'ampio spettro di anni che li divide con una sequela di colpi di scena che tiene incollato lo spettatore e lo porta al binge watching.
Questione di tempo
Le serie tv nate e prodotte per la distribuzione in streaming, in particolar modo quelle di Netflix, spesso vengono tacciate di essere figlie e frutto di un algoritmo, in cui a tavolino vengono riunite tutte le caratteristiche che faranno parlare i potenziali spettatori di quel determinato prodotto. Bodies è la fortunata eccezione perché, sebbene sembra nata proprio con queste caratteristiche, riesce anche ad allontanarsene e creare qualcosa di nuovo e mai visto prima, soprattutto grazie all'eleganza di scrittura e regia tipiche degli autori britannici. Grazie all'adattamento di Paul Tomalin (No Offence e Torchwood) e alla macchina da presa di Marco Kreutzpainter e Haolu Wang, la trasposizione del fumetto originario risulta molto suggestiva per gli occhi, sebbene ripulita di alcuni elementi che avrebbero reso più realistico e "sporco" il passato, a partire dalla fotografia. Ma è proprio quest'ultima insieme al diverso range di colori scelto a farci capire immediatamente in che momento temporale della storia ci troviamo (un po' come accadeva in Cruel Summer), donando ancora più atmosfera tanto al passato fumoso quanto al futuro solo apparentemente limpido.
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Attualità
La storia del fumetto è stata trasposta ai giorni nostri nel serial (originariamente era il 2014), così come la Londra del 2053, e il presente è divenuto l'anno in cui succede un evento sconvolgente che porterà ai cambiamenti visti nel futuro, una sorta di autocrazia apocalittica diretta da Mannix. Bodies, grazie al soggetto di base e allo sviluppo dello stesso incuriosisce e possiede tutte le caratteristiche per appassionare lo spettatore e provare a fargli intuire il puzzle generale composto dagli elementi visti nello show. Ovviamente tematiche come l'intelligenza artificiale e il libero arbitrio sono all'ordine del giorno e l'inquietante frase che accompagna tutte le epoche e i personaggi, ovvero "Sappi che lui ti ama" ricorda la Gilead di The Handmaid's Tale e quel tipo di futuri distopici in cui non vorremmo mai vivere. Non vediamo l'ora di vedere il resto per provare a capire anche noi il ruolo di Mannix e dei quattro detective nella vicenda, e cosa ci dirà tutto ciò della società e dell'epoca storica in cui viviamo.
Conclusioni
Alla fine della recensione di Bodies (i primi quattro episodi) confermiamo come si tratti di una serie nata con le caratteristiche dell’algoritmo ma che allo stesso tempo sa proporre qualcosa di inedito. Il graphic novel originario diventa una sequela a incastro di eventi, protagonisti e piani temporali diversi che il pubblico potrà divertirsi a collegare tra loro, mentre anche il comparto visivo rende bene la differenza tra gli anni esplorati nel racconto, grazie all’uso del colore e alla fotografia.
Perché ci piace
- Un incipit carico di elementi e di tensione.
- I colori che descrivono le quattro epoche raccontate.
- I colpi di scena ben assestati.
- Gli interpreti convincono.
Cosa non va
- La durata degli episodi si fa un po’ sentire.
- La trama è particolarmente ingarbugliata.
- Il passato a livello visivo poteva essere “sporcato” di più.