Si è rivelato un curioso esempio di horror italiano, Bloodline. Un pastiche a basso costo che omaggia esplicitamente l'horror italiano e americano degli anni '80, contaminato, citazionistico e un po' sgangherato, con tanti difetti di sceneggiatura ma altrettante buone intenzioni e una evidente buona dose di passione messa nel progetto dal regista Edo Tagliavini e da tutto il cast tecnico e artistico (nel primo, figurano tra gli altri i nomi eccellenti di Claudio Simonetti alla colonna sonora e di Sergio Stivaletti al trucco). Proprio il regista, insieme al produttore Mario Calamita e agli attori Francesco Malcom e Paolo Ricci, ha presentato il film in conferenza stampa a Roma, rispondendo alle tante curiosità dei giornalisti presenti.
Com'è nata l'idea di fare un film horror?
Mario Calamita: E' un'idea nata dalla passione che abbiamo per il genere. Se non c'è passione e non c'è vera volontà, fare un film come questo è impossibile.
Ci potete dire qualcosa sul budget? Mario Calamita: Il film è costato intorno ai 150.000 euro, un budget più elevato di tanti altri film di questo genere italiani. Abbiamo cercato di fare le cose per bene e pagare tutti, e abbiamo coinvolto persone come Stivaletti e Simonetti. La nostra volontà era di realizzare il prodotto con professionalità, evitando il classico film low budget fatto in casa, e abbiamo guardato anche al mercato internazionale.
Ma c'era qualche premessa di ritorno, per questo investimento? Mario Calamita: Avevamo già dei contatti negli USA, ma devo dire che, in gran parte, è stato un salto nel buio, dettato dalla voglia di sperimentare. In America il film ha visto la luce ad agosto sulle tv via cavo, dove ha avuto buoni risultati, e uscirà in DVD e Blu-Ray nel 2012; per la distribuzione internazionale abbiamo invece il supporto di Uwe Boll. Dalle prossime produzioni, comunque, abbiamo deciso di girare direttamente in inglese, visto che film come questi devono sempre avere un occhio per il mercato estero.
Il fatto che l'horror attualmente abbia poca fortuna, in Italia, secondo voi dipende dal pubblico o dalle produzioni? Mario Calamita: Difficile rispondere, è un po' un serpente che si morde la coda. Quando escono al cinema horror americani, ad esempio Saw - l'enigmista o Paranormal Activity, il pubblico li va a vedere; ma questi film hanno un circuito distributivo diverso, ben più capillare. La distribuzione è proprio uno dei problemi del cinema di genere in Italia.Taglavini, quali sono state le sue fonti di ispirazione per questo film?
Edo Tagliavini: Io sono entrato nel film quando in qualche modo il progetto era già avviato, c'era una sceneggiatura che era in sé abbastanza seria; io ci ho aggiunto di mio una linea ironica, e ovviamente ci ho inserito il mio amore per Sam Raimi e per i film del primo Peter Jackson. D'altronde, quando si lavora con cifre del genere è quasi obbligatorio essere citazionisti e ammiccare allo spettatore dei film di genere.
Quanto è stato importante l'incontro con Stivaletti? Edo Tagliavini: Noi inizialmente lavoravamo con i ragazzi della scuola di Carlo Rambaldi, di Terni, poi in un secondo momento è arrivato Sergio. Ha lavorato con la solita grande professionalità, ma devo aggiungere che in questi casi è la volontà più che l'esperienza a fare il risultato. Quando si lavora con bassi budget, spesso bisogna adattarsi e decidere lì per lì, magari modificando quello che si era pensato in un primo momento.
Dopo tanti anni, l'horror è ormai un genere strettamente codificato, con regole e topoi precisi. Come mai, allora, si parla ancora di rinnovamento del cinema proprio attraverso questo genere? Edo Tagliavini: Va detto che il nostro scopo non era quello di fare un film rivoluzionario. Noi volevamo solo dimostrare come, con pochi soldi, si potesse girare un horror che fosse diverso dal solito prodotto amatoriale. Il nostro scopo era quello di dare una nuova veste a qualcosa di già visto, riproporre un cinema stile anni '80 con un linguaggio però più moderno, che si potrebbe volgarmente considerare "videoclipparo".
Malcom, per lei che viene dal porno, come è stata l'immersione nel cinema dell'orrore?Francesco Malcom: Mi sono divertito moltissimo! Ho percepito molto la passione, il fatto che tutta la troupe si divertisse molto a girare il film, e che volesse trasmettere lo stesso divertimento agli spettatori.
Ricci, il suo personaggio è un regista di film pornografici che si chiama Klaus Kinky, con un nome che è una divertente storpiatura...
Paolo Ricci: Sì, è un gioco di parole che contribuisce a rendere il senso di follia e ironia del personaggio. Secondo me, nonostante ciò che avete detto, l'horror è davvero un genere nuovo, almeno per noi, e devo dire che sul set di questo film c'è stata una grande considerazione per il cast artistico e tecnico, nonostante il low budget; il lato umano è stato molto presente. Il futuro, secondo me, è fatto proprio da produttori che come loro sappiano sfruttare i mezzi che hanno a disposizione, che in una società globalizzata e multimediale sappiano guardare al mercato internazionale e riescano a mostrare un film su tutte le piattaforme disponibili.
Come ha lavorato sul personaggio? Paolo Ricci: Quella del mio personaggio è una progressione verso la follia, e per ottenerla ho lavorato in sinergia con altri reparti; abbiamo fatto un lavoro che includeva il testo, la recitazione e anche i costumi, il cui look cambia con l'andare avanti della storia. Il personaggio arriva lentamente alla follia interiore, facendo una specie di esplosione a ralenty.
Cosa potete dirci sulla colonna sonora? Edo Tagliavini: Prima ancora di iniziare a girare avevamo già la canzone dei titoli di coda, un pezzo che mi piaceva molto dei Pazi Mine, un gruppo dell'Emilia Romagna. Quando poi è arrivato sul set Claudio Simonetti, mi ha colpito molto l'umiltà e la professionalità con cui si è approcciato al suo lavoro.
Nel film c'è, almeno a livello narrativo, una fusione tra horror e pornografia. Come mai? Mario Calamita: Beh, tra i nostri scopi c'era quello di mantener viva l'attenzione dello spettatore sulla parte centrale del film, parte che spesso, negli horror italiani, risulta soporifera. Unire l'horror con il porno, secondo me, ha evitato questo rischio, creando al contrario un effetto molto divertente.Con un budget un po' più alto, ad esempio 5 milioni di euro, cosa avreste fatto di diverso?
Edo Tagliavini: Innanzitutto avrei distribuito le riprese su un tempo più lungo, ad esempio sei settimane al posto delle quattro che abbiamo impiegato, con giornate lavorative che duravano in media 10-11 ore. Avrei senz'altro fatto una pre-produzione più lunga, avrei lavorato di più sulla scenografia e in genere avrei dato un budget maggiore a tutti i reparti. Va detto però che, probabilmente, con 5 milioni di budget avremmo fatto un film totalmente diverso.
Mario Calamita: Personalmente, avrei realizzato questo stesso film in sei settimane anziché quattro. Ma, poiché il problema in Italia è la distribuzione, e molti film validi che si realizzano restano invisibili, avrei usato molto del budget per pubblicizzare il film.
Ci raccontate qualcosa sull'incontro con Uwe Boll? Mario Calamita: Lui ha già un precedente col cinema italiano, visto che prese sotto la sua ala il film Eaters. Comunque di lui mi parlò David Bracci, ex collaboratore di Stivaletti, io gli ho scritto e in seguito Edo l'ha incontrato personalmente, a Orvieto. I suoi film possono piacere o meno, ma lui è uno che il cinema lo fa, che è abituato a buttarsi nelle cose senza tanti calcoli.
Uno degli aspetti più interessanti del film è il montaggio, potete parlarcene?