Strane patologie colpiscono noi malati seriali. Ad esempio la mancanza di una fitta allo stomaco, di un persistente stato di nausea, di un vero malessere di colpo diventato leggero fastidio. Chiamatelo masochismo oppure sindrome di Stoccolma, ma è esattamente questa la sensazione che stiamo provando scrivendo la recensione di Black Mirror 5x01 - Striking Vipers, uno dei tre episodi che va a comporre la quinta stagione dello show ideato da Charlie Brooker disponibile su Netflix. Una serie tv che adesso graffia laddove prima pugnalava. Una serie tv che ha perso molta della sua vecchia ferocia.
Ve ne abbiamo parlato anche nella recensione di Black Mirror 5, e qui non possiamo che confermarvi che "lo specchio nero", adesso, riflette nuovi umori. Diversi, non necessariamente peggiori. Questo Striking Vipers, infatti, conferma l'inevitabile cambio di pelle di Black Mirror 5. Un processo di mutazione iniziato con la terza stagione, quando qualche episodio iniziava già a mitigare il pessimismo cosmico dei primi tempi.
Un processo ora giunto a compimento. Impossibile da ignorare. Più cinico che spietato, Striking Vipers si inserisce nel solco del Black Mirror 2.0. Un episodio molto intimo, in cui la visione d'insieme tipica della distopia cede il passo alla psicologia in divenire del protagonista, Black Mirror ha il sapore acre del compromesso. Un ritratto familiare tinteggiato di cinismo dove specchiarsi creerà parecchio prurito.
La trama: se accettarsi è un duello
Discoteca, flirt, buon sesso. E persino il tempo per lunghe nottate davanti ai videogame. Danny e Karl si godono i loro vent'anni suonati, concedendosi il lusso di lunghe sessioni di gioco al loro picchiaduro preferito: Striking Vipers. Niente di diverso da grandi classici del genere come Street Fighter e Moral Kombat. La trama di Black Mirror 5x01 si apre sull'onda della spensieratezza, presentandoci due amici che si godono la vita. Undici anni dopo le cose sono molto diverse. Quel divano su cui i due amici condividevano le loro passioni è diventato un bivio che li vede ai poli opposti. Danny è un padre di famiglia imbolsito, trascurato, che si trascina in un matrimonio fiacco. Karl, invece, è un aitante single ancora in grande forma, ancora capace di godersi la vita. Poi sarà proprio quel famoso videogame e unirli di nuovo, perché la nuova versione di Striking Vipers ha avuto un intrigante upgrade: un dispositivo di realtà virtuale che ti immerge completamente nel corpo del tuo avatar. Ogni sensazione, calcio o pugno viene avvertito come reale. È l'inizio di una nuova dipendenza, che non avrà a che fare soltanto con il gioco, ma obbligherà i due uomini a scavare dentro parti scomode di sè.
A lottare, con e senza joypad tra le mani. Senza mai toccare le vette poetiche ed evocative del tanto amato San Junipero, Striking Vipers ci racconta il rapporto travagliato tra due persone, cercando di metterne a fuoco la vera natura. Un episodio molto personale, tutto dedicato a un'impietosa raffigurazione dei canoni borghesi. L'idea di famiglia convenzionale si sgretola e deforma, prendendo le fattezze di una gabbia dorata, dominata dalla frustrazione. Un limbo in cui si sopravvive soltanto accontentandosi, tacendo qualsiasi insoddisfazione, barattando la propria felicità autentica con un briciolo di serenità. Insomma, il vecchio Black Mirror ci aveva abituati alla sua struttura ad imbuto, proprio come un girone dantesco. Adesso quell'inferno è diventato un purgatorio.
Il futuro era ieri
Un futuro prossimo inquietante e inquieto, che quasi faceva comodo immaginare lontano, spostare il più in là possibile per sentirci più protetti, più sicuri. Questo era Black Mirror. Da un paio di stagioni quella irrequietezza si è placata, proprio come fanno molti amori dentro il rassicurante abbraccio di un matrimonio. Ecco perché riteniamo questo Striking Vipers un perfetto esempio di quello che la serie britannica è diventata. Non c'è più quella sensazione di una distopia imminente, perché questa volta la tecnologia non è più la lente attraverso cui scorgere il peggio di cui siamo capaci. Questa volta (come già successo in passato, dalla terza stagione in poi) la tecnologia è un semplice pretesto attraverso cui sussurrare tra i denti una lezione amara. Spesso, per mantenere salda una coppia, è necessario fuggire da quella coppia, concedersi un diversivo, sperimentare un altrove per capire cosa ci stiamo perdendo fuori da quel regno ovattato che sono molti rapporti amorosi. Grazie a un finale molto efficace, puro elogio del compromesso, Striking Vipers resta un buon episodio, che (purtroppo per lui) stuzzica uno scomodo paragone. Vita di coppia, fughe, il contesto domestico al centro del racconto. La mente non può che andare al meraviglioso episodio Ricordi pericolosi (The Entire History of You), il terzo della prima stagione. Quello sì che faceva sanguinare gli occhi. Qui ci si limita a leccarsi le ferite, perché Black Mirror è diventato più innocuo. O forse è solo stato troppo bravo a somministrarci gli anticorpi che ci proteggono dai suoi stessi orrori.
Conclusioni
Leggendo questa recensione di Black Mirror 5 - Striking Vipers, avrete capito che siamo preda di sensazioni contrastanti. Perché, da una parte, questo episodio della quinta stagione è cinico, amaro, pieno di disincanto. Una disillusione che investe la famiglia e la sua concezione occidentale. D'altra parte, però, è impossibile non rendersi conto che Black Mirror ha perso la ferocia delle prime due stagioni, diventando una serie più canonica e meno coraggiosa.
Perché ci piace
- Il finale che lascia l'amaro in bocca.
- La scelta di focalizzarsi sul dilemma intimo del protagonista, senza accontentarsi del risvolto più ovvio.
- La cinica riflessione sul concetto di relazione matrimoniale.
Cosa non va
- La tecnologia, in questo caso, è davvero un pretesto debole.
- Il confronto con episodi simili del "vecchio" Black Mirror è abbastanza impietoso.