Ammettiamolo: dopo quasi due ore di piano sequenza, una colonna sonora composta per lo più da una batteria, un ritmo da commedia e personaggi chiusi nei loro drammi egocentrici, dopo aver intuito le critiche e le bonarie prese in giro verso l'industria cinematografica americana, dopo che la doppia personalità di Riggan sembrava averci rassicurato, siamo arrivati a quell'ultima inquadratura di Birdman con una certa confusione in testa. Riggan si è suicidato o aveva davvero dei superpoteri come il supereroe che lo ha portato al successo nel 1992? Dobbiamo considerare la scena in ospedale come un sogno o è accaduta realmente? Proveremo a dare risposta a ogni domanda nella nostra spiegazione del finale del film.
Un racconto filtrato
Per affrontare al meglio la trama e il finale del film bisogna partire da lontano e riassumere, brevemente, la tipologia di racconto che è Birdman. Il film di Alejandro G. Iñárritu racconta una storia contemporanea (si fa riferimento ai blockbuster, agli Avengers, a Twitter) attraverso due lenti che ne filtrano l'oggettività. La prima e più importante è la scelta di accogliere il punto di vista di Riggan (Michael Keaton): solo noi spettatori entriamo nei suoi pensieri, lo vediamo scagliare oggetti con la forza del pensiero, lo vediamo immaginare scene d'azione da film nati nella sua testa, lo vediamo volare e interagire con il personaggio che gli ha dato successo in passato, il Birdman del titolo. La scelta del piano sequenza, una lunga ripresa senza mai stacchi, sposa al meglio il senso di flusso di coscienza del personaggio e la musica scelta, suonata solo da una batteria che ogni tanto compare pure sullo schermo, dona quel ritmo alle sue giornate frenetiche e alla sua ansia crescente. Riggan, nel tentativo di portare in scena lo spettacolo teatrale tratto da un'opera di Carver si sta giocando tutto: la carriera, la fama, la celebrità, senza contare che i rapporti famigliari con la figlia Sam (Emma Stone), con l'ex moglie e con l'amante sono ai minimi termini e già problematici. Dimostrarsi un attore capace, oltre che un volto di un cinema non considerato di alto valore, essere riconosciuto e amato è l'obiettivo della sua vita.
Birdman e la virtù della verosimiglianza: 10 punti di contatto tra cinema e realtà
Il cinema nella vita
Il secondo filtro del film ha un vero e proprio nome ed è "realismo magico". Nome di una corrente artistica sviluppatasi soprattutto nell'America del Sud, il realismo magico presuppone la presenza di elementi fantastici inseriti in maniera naturale, senza alcun tipo di spiegazione razionale, in un contesto realistico. Il risultato è un ibrido stilistico un po' più magico del reale e meno irreale di un'opera di fantasia. In questa tipologia di racconti è bene sottolineare come gli elementi magici siano comunemente accettati dai personaggi, come possano essere semplicemente intuiti e non spiegati e come spesso e volentieri abbiano a che fare con visioni, sensazioni, distorsioni temporali. Tutto ciò dà vita a un corto circuito per cui il potere del cinema, ovvero il potere di raccontare e rendere fisiche e realistiche le storie di fantasia, compenetra un film che racconta (anche) del mondo cinematografico. Prendiamo come riferimento la bellissima sequenza in cui Riggan schiocca le dita e si ritrova nel bel mezzo dell'azione di un film di supereroi o ancora quando immagina, con la giusta colonna sonora, di volare per le strade di New York. Realtà e finzione cinematografica, così come Riggan e Birdman, si compenetrano e si confondono. Il film gioca su questi due opposti: prima vediamo Riggan volare per tornare a teatro, subito dopo ci rendiamo conto che è tornato in taxi senza pagarlo.
Vivete davvero!
Tutti i personaggi in Birdman sono personaggi problematici. E ognuno è problematico a modo suo. C'è chi è preoccupato delle sue finanze, chi vuole tornare a sentirsi amato, chi vuole essere riconosciuto, chi combatte contro la dipendenza da alcol e droghe, ma in generale due sono gli aspetti che accomunano tutti: l'insicurezza e le contraddizioni. Sono personaggi che, come il tono del film che passa continuamente dalla commedia al dramma, mutano l'umore nel tempo di un discorso, reagiscono a quello che succede, pensano di essere capaci per poi credere di essere inadatti. Riggan vuole dimostrare di essere un attore di razza e non solo una celebrità, vuole provare a essere un padre migliore eppure non si impegna abbastanza, ha i nervi saldi mentre è sul palcoscenico e perde il controllo appena rientra in camerino. Il capolavoro di Inarritu (e la bravura di tutti gli attori, nessuno escluso) è quello di giocare con le contraddizioni dell'animo umano allo stesso modo in cui gioca con la realtà e la fantasia.
Uno sparo nel buio
Arriviamo a parlare della scena finale. È la sera della prima e l'opera teatrale si conclude con il suicidio del personaggio interpretato da Riggan. Stavolta la pistola è vera e Riggan tenta il suicidio davanti a 800 persone che, inconsapevoli della verità, applaudono dedicandogli una standing ovation. È a questo punto che il film rompe la ripresa che ci stava accompagnando dall'inizio del film: la lunga corsa ansiogena di Riggan si è conclusa, la decisione è presa, la scommessa è vinta. Lo spettacolo è un successo e, invece, di essere l'ombra di sé stesso, un attore incapace, un volto adatto solo per indossare una tuta da supereroe, Riggan è amato. Ma a quale prezzo! Avvicinandosi troppo al sole, volando troppo in alto, Riggan si è bruciato le ali (il mito di Icaro è esplicitato nel film tramite i pensieri del protagonista) e il prezzo del suo successo di attore "colto" è la morte. La cometa che vediamo a inizio film e subito dopo lo sparo è Riggan stesso, in forma di metafora, e facendo attenzione si può vedere come il fuoco si divida in due sezioni, come a richiamare due ali. Un Icaro perduto o una fenice pronta a rinascere dalla proprie ceneri?
Birdman, o le imprevedibili virtù del piano sequenza: nei cinema il film da Oscar con Michael Keaton
Birdman: il volo della fenice
È il titolo del film che Riggan si immagina nella propria testa per tornare nel mondo del cinema con successo ed è anche la spiegazione di quell'ultima enigmatica inquadratura del film, quello sguardo di sorpresa e meraviglia nel volto di Sam. Uno sguardo che richiama la "Spielberg Face", quei momenti dove i personaggi dei film di Spielberg si trovano di fronte allo straordinario e ne rimangono sbalorditi (Alan Grant ed Ellie Satler davanti al brachiosauro per la prima volta in Jurassic Park, per dirne una che tutti ricordiamo). Come interpretare gli eventi di quell'ultima scena? Riggan è morto sul palco e quello che vediamo in ospedale è solo una sua fantasia prima di morire? Seppure affascinante, questa è un'interpretazione che non ci convince particolarmente e che stonerebbe con il resto del film anche se la critica positiva allo spettacolo, questo lieto fine in cui anche i rapporti famigliari sono risolti, la consacrazione sia in campo artistico che dal punto di vista del trending topic sui social, sarebbero il giusto premio per Riggan. E per certi versi è così. Ma conscio di aver dato tutto e di essere arrivato all'apice (e, come Icaro, di aver volato troppo in alto), ben sapendo che il successo è effimero, Riggan decide di chiudere la storia a modo suo e si getta dalla finestra. È morto? O come una fenice è rinato? Trovare risposte razionali farebbe perdere tutta l'ambiguità e - ancora una volta - la contraddizione del film. È fantasia? È realtà? A ognuno la propria interpretazione. Lo stesso Iñárritu dichiara che non esiste una versione ufficiale per spiegare il finale e che si può vederlo in maniera metaforica o razionale (ovvero che Riggan ha veramente dei superpoteri che gli permettono di volare). Dipende da quanto vogliamo riempire il nostro sguardo di meraviglia. È la forza del realismo magico. La forza del cinema.