Era il 2012 quando lo scrittore texano Ben Fountain debuttò con un romanzo, Billy Lynn's Long Halftime Walk, destinato a diventare in patria un acclamato caso editoriale tanto da vincere il prestigioso National Book Critics Circle Award, in passato assegnato a giganti della letteratura come John Updike e John Cheever. Due anni dopo il regista premio Oscar Ang Lee, che proprio con Vita di Pi (adattamento dell'omonimo libro di Yann Martel) si era aggiudicato la sua terza statuetta d'oro, decise di portare sul grande schermo la storia del soldato semplice Billy Lynn. Un'ispirazione "cartacea" che da Ragione e sentimento ha accompagnato ogni sua successiva opera cinematografica, da La tigre e il dragone a I segreti di Brokeback Mountain, con tanto di incursione nel fumetto nel 2003 con Hulk.
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Presentato in anteprima al New York Film Festival del 2016, il film è incentrato sui dieci militari della squadra Bravo, dei quali fa parte lo stesso Billy (Joe Alwyn), considerati dall'America degli eroi nazionali dopo che, per puro caso, le telecamere di un tg hanno immortalato una loro coraggiosa azione di guerra in Iraq. Richiamati in patria per due settimane, sono protagonisti del Victory Tour - interviste, incontro alla Casa Bianca con il Presidente Bush Jr, un breve permesso premio in famiglia - che si conclude il Giorno del Ringraziamento. Accompagnati da un produttore cinematografico determinato a realizzare un film sulla loro storia ed ospiti d'onore dei Dallas Cowboy durante il Super Bowl, i Bravo dovranno partecipare in diretta nazionale all'halftime show al fianco delle star della serata, le Destiny's Child.
"Il sacrificio supremo"
Letto così il plot di Billy Lynn - Un giorno da eroe potrebbe sembrare una follia, la trama di un racconto di David Foster Wallace o la celebrazione dello spirito americano, tanto è impregnata e circondata di quei simboli iconici degli Stati Uniti. Chi ha letto il romanzo di Ben Fountain è consapevole, invece, di come quegli stessi simboli rappresentino una satira sociale che dal conflitto bellico si espande per includere frecciatine alla politica, all'industria cinematografica, ai mass media e, più in generale, all'America. Un film non di guerra ma (anche) sulla guerra. Sottile ma essenziale differenza e base necessaria per "accogliere" il racconto. Ambientato durante l'ultimo giorno del Victory Tour il film, sia nella regia di Ang Lee che nella sceneggiatura curata da Jean-Christophe Castelli, mostra una forte aderenza al romanzo, riportando fedelmente dialoghi o ricostruendo visivamente sequenze impresse su carta. In un sistematico uso del flashback vediamo il diciannovenne Billy diviso tra l'Iraq ed il suo permesso premio, scopriamo la contrastante dose di emozioni provate, la sensazione di straniamento avvertita dall'ossessione mediatica e dei civili che vedono in lui e negli altri componenti della Bravo, tutti giovani ragazzi arruolati per ragioni ben diverse dall'amor di patria, degli eroi pronti a sacrificarsi per il proprio Paese.
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Il regista taiwanese, senza rinunciare all'ironia che attraversa il romanzo, insieme al direttore della fotografia John Toll ha riprodotto visivamente la confusione ovattata nella quale è immerso Billy Lynn, girando il film in 3D 4K a 120 fotogrammi al secondo. Il risultato, anche nella canonica distribuzione a 24, è quello di una nitidezza inedita ma al contempo irreale, onirica, enfatizzata anche dall'uso parsimonioso del commento musicale. Una scelta perfetta, affiancata dall'utilizzo di molte soggettive e primi piani, per dare vita al senso di turbamento avvertito dal suo protagonista "onorato per il giorno peggiore della sua vita".
"Soldier"
Tra cheerleader così innocentemente convinte dell'importanza della missione in Iraq e ricchi imprenditori ipocriti, spinelli fumati di nascosto e l'idea latente di non tornare su quel polveroso campo di battaglia, Ang Lee sacrifica parte del racconto dedicato al breve permesso familiare del soldato, condensandolo tutto nella figura della sorella Kathryn (Kristen Stewart), contraria alla guerra ma beffardamente causa indiretta del suo arruolamento. Un ruolo che insieme a quello del sergente Dime (Garrett Hedlund) rappresenta e sintetizza le due famiglie alle quali appartiene ora il protagonista, interpretato dall'ottimo Alwyn, qui al suo debutto sul grande schermo. Ma Billy Lynn è, allo stesso tempo, anche lui figura di riferimento per gli altri soldati della Bravo e per l'America che proietta sul suo gesto necessario (ma doloroso) ciò che vuole che lui sia. È proprio nell'halftime show che si concretizza al meglio l'allineamento dei vari temi alla base del film, connessi tra di loro. I soldati della Bravo diventano parte integrante della grande macchina dell'intrattenimento americano con le loro mimetiche e la marcia al tempo di musica sulle note di "Soldiers" delle Destiny's Child, mentre il montaggio di Tim Squyres alterna i fuochi d'artificio che illuminano lo stadio di Dallas ai proiettili e alle esplosioni del giorno in cui sono diventati eroi nazionali in diretta tv.
Due facce contrastanti di una medaglia che mostra ciò che realmente Billy e gli altri ragazzi provano, pensano e vivono rispetto al conflitto e alla missione in Iraq e come, invece, li percepisce il loro Paese. Un film ambizioso sotto il duplice profilo tecnico e narrativo, ricco di sfumature ironiche, grottesche, critiche e ambigue, che rischierà di non essere d'impatto immediato, specie per chi si aspettava un più canonico film di guerra e si ritroverà a guardarla con gli occhi confusi di un ragazzo che non si sente un eroe.
Movieplayer.it
3.0/5