Il grande pubblico televisivo la conosce soprattutto per l'interpretazione di Cettina, la ragazza alla pari arrivata direttamente da Mondragone a rallegrare la quotidianità della famiglia Martini in Un medico in famiglia. Eppure Lunetta Savino è un'attrice teatrale che, solo dopo molti sforzi, è riuscita a conquistare l'attenzione del grande schermo. I primi ad identificare il suo talento versatile sono stati Francesco Laudadio (Grog) e Nanni Loy in Mi manda Picone, mentre Ferzan Ozpetek si accorge delle sue qualità da caratterista sul set di Saturno Contro e Mine Vaganti. Oggi, protagonista di Tutto tutto e niente niente, ultimo film di Giulio Manfredonia, e reduce da una stagione teatrale ricca di soddisfazioni, l'attrice arriva al Bellaria Film Festival DOC per ricoprire il ruolo di giurata e ripercorre parte della sua carriera.
Signora Savino, in questi giorni sta vestendo i panni di giurata per il Bellaria Film Festival DOC. Qual'è il suo rapporto con il documentario? Lunetta Savino: Sono molto contenta di essere qui e di affrontare una nuova avventura. In realtà mi avvicino a questo genere cinematografico, pur non conoscendolo molto. D'altronde, la sperimentazione e il mettersi alla prova fa parte del mio carattere, visto che sono sempre curiosa e attenta.
In questo momento, però, si trova anche sul set del nuovo film di Manfredonia accanto ad Antonio Albanese. Come definirebbe l'esperienza? Lunetta Savino: Antonio è un artista sorprendente. Lavorare con lui ti fa confrontare con una comicità dalla cifra insolita che non può non coinvolgerti. Prima del film di Manfredonia, però, sono stata in Calabria per girare Fiabeschi torna a casa di Max Mazzotta, dove interpreto una zia bizzarra malata di Alzahimer. Parallelamente al cinema continuo a portare avanti anche il mio impegno teatrale. Quest'anno, ad esempio, ho lavorato con Emilio Solfrizzi nello spettacolo Due di noi, che riprenderà la prossima stagione. Inoltre, ho partecipato ad Intrattenimento violento di Eleonora Danco. Lei è un'autrice molto interessante ma anche estremamente particolare. Lo spettacolo è strutturato in monologhi e, per la prima volta nella mia carriera, mi sono ritrovata sul palcoscenico travestita da rana. Grazie a lei mi sono misurata con un linguaggio molto asciutto, quasi pasoliniano. L'affrontare territori sconosciuti è un privilegio offerto dal nostro lavoro e, in modo particolare, dal teatro, la vera ragione per cui ho scelto di diventare un'attrice.Lei ha ottenuto grande popolarità grazie alla serie Un medico in famiglia. Non ha temuto di rimanere incatenata al personaggio di Cettina? Com'e' riuscita ad evitare le insidie di una lunga serialita'? Lunetta Savino: Prima di tutto ho continuato a lavorare in teatro anche con grandi sacrifici, visti gli orari serrati imposti da una fiction. Poi ho deciso di lasciare il progetto e considerate che, liberarsi da un personaggio piacevole e riconoscibile a livello popolare come Cettina, è ancora più difficile. Per molto tempo, il pubblico, pur vedendomi nelle mie attività quotidiane, continuava a non fare distinzioni tra me e lei
Fino ad ora il cinema le ha riservato ruoli ben costruiti, ma da caratterista. Come mai è così difficile trovare una storia incentrata esclusivamente su una figura femminile? Lunetta Savino: E' praticamente impossibile. Se penso ai miei colleghi uomini, vedo che loro hanno avuto la possibilità di mettersi alla prova e di gestire questo lavoro con maggiore possibilità di scelta. Il problema è che i ruoli non vengono minimamente scritti e per questo ci troviamo a dover rappresentare sempre madri, figlie, amanti o mogli. Inaspettatamente, a darmi più soddisfazione in questo campo è stata proprio la televisione.Per evitare il problema, non ha mai pensato di mettersi dietro la macchina da presa? Lunetta Savino: Assolutamente no. Non mi sono mai sentita attratta dall'idea. Le difficoltà che vivono i giovani registi sono enormi. Trovare i soldi e la distribuzione è quasi impossibile. Per non parlare del tempo che devono aspettare per realizzare un'opera seconda. Noi attori, al contrario, possiamo metterci in gioco in modo trasversale, riuscendo a rimanere sempre attivi.