Ha scelto la festa del Cinema di Roma Bertrand Bonello per presentare in Italia il suo Nocturama, che racconta di un gruppo di adolescenti pronti a sovvertire il sistema organizzando atti terroristici in giro per Parigi. Un tema molto forte e quantomai attuale, che durante l'incontro con il regista francese ha sollevato non poche questioni - nonostante si tratti di una sceneggiatura che Bonello ha scritto anni fa, molto prima degli attentati nella capitale francese, gettando un'ombra oscura che ancora oggi fa davvero fatica a diradarsi. I legami con l'attualità sembrano però aver perseguitato il regista, che ci ha raccontato come già il titolo abbia rappresentato una sfida, e che ciò che è avvenuto ha richiesto un repentino cambio di rotta.
"Quando ho scritto la sceneggiatura, anni fa, il titolo era 'Paris est une fête' (letteralmente 'Parigi è una festa'), la traduzione francese di un libro di Hemingway. Dopo gli attentati di novembre però questo libro divenne una sorta di simbolo: tutti lo acquistavano, se lo scambiavano, in molti lo offrivano in regalo e le librerie lo avevano in vetrina. Non volevo che il mio film fosse legato a quegli avvenimenti così a doppio filo, quindi dovevo per forza cambiare titolo. Un giorno, guardando nella mia collezione di dischi ho trovato un cd di Nick Cave, Nocturama, e mi è parso un ottimo titolo perché significa appunto 'visione notturna', introduce quindi l'elemento fantastico del film" ha spiegato il regista. "Solo dopo ho scoperto che il Nocturama è una parte dello zoo in cui si tengono gli animali notturni, è mi è parso quindi doppiamente coerente."
Gli attentati a Parigi tra finzione e realtà
Non solo il titolo però ha sollevato questioni nel regista, che durante i fatti contro Charlie Hebdo aveva appena iniziato a girare il suo film. "In quel periodo ero in piena fase di ripresa, e avevo appena iniziato quando è stata attaccata la redazione di Charlie Hebdo. Mi ricordo di aver avuto molte discussioni con i miei distributori, riguardo il continuare o meno a fare il film, ma alla fine ci siamo detti che non potevamo lasciare che l'attualità interferisse sulla finzione. Arrivati a novembre eravamo già a fine montaggio, e i secondi attentati hanno riportato a galla quelle stesse domande. Di nuovo però la conclusione è stata la stessa... alcune cose del film possono giustamente sconcertare, ma non potevamo aver paura di portare avanti la nostra idea".
Il pubblico non è stato dello stesso avviso però: il film all'uscita ha sollevato non poche polemiche. "La critica francese è stata piuttosto generosa", ha raccontato Bertrand Bonello, "Tranne qualche episodio isolato, prevalentemente nella stampa di destra. Il pubblico al contrario ha avuto una reazione molto divisiva, molti non avevano davvero voglia di tornare a vedere la loro città, i luoghi che amano distrutti dal fuoco e dalle macerie. Ci sono state molte discussioni e parecchi dibattiti sul tema del film però, soprattutto sui blog e sui social, e questo mi ha fatto molto piacere: il film d'altronde è molto più complicato per chi non lo ha visto, perché genera dei pregiudizi sul tema: una volta guardato ci si rende conto che quello che voglio raccontare è altro".
La violenza della società attuale
Il film affronta infatti solo in superficie il discorso terrorismo, mentre ad un'occhiata più approfondita è chiaro che ciò che il regista francese vuole mostrare è soprattutto un sentimento di insurrezione che nasce dall'interno del paese. "In questo difendo molto il mio film: in molti hanno contestato la veridicità degli attentati, come se dovesse essere un copia e incolla della realtà, ma io non sono un sociologo né un giornalista, non è il mio compito dare spiegazioni: non posso spiegare niente a nessuno, né accontentare chi dal mio film voleva risposte su ciò che è accaduto al nostro paese. Molte persone si aspettavano di trovare l'immagine della realtà, ma io non voglio rappresentare il terrorismo". L'idea di Bonello in realtà è proprio nel film, e parla attraverso il personaggio di Adele Haenel, che regala un piccolo ma fondamentale cameo. "La battuta di Adele è 'qualcosa doveva pur accadere': in quel momento sono io che parlo, ed esprimo una sensazione che ho avuto da molto tempo, ovvero quella di essere quasi scollegato dalla realtà contemporanea. Per me la situazione era talmente tesa che questo senso di straniamento mi ha fatto capire quanto fosse pronta ad esplodere da un momento all'altro; è esattamente quello che vedevo e percepivo io".
Attori, messa in scena, musica: tutto in funzione di un grande film
Il regista francese ha parlato a lungo anche degli aspetti tecnici del film, a partire dalla ricerca degli attori che, come lui stesso ricorda, è stata tutt'altro che semplice. "Il casting è durato nove mesi, e ho visto decine e decine di giovani. Con tutti avevo paura ad instaurare un rapporto intellettuale, temevo che trovassero la mia sceneggiatura troppo vecchia, invece una volta scelti i protagonisti - che ho cercato negli ambienti politicizzati di Parigi e nelle manifestazioni radicali - mi sono sorpreso nel vedere come loro fossero riusciti subito a capirne il senso. Il lavoro cinematografico è stato lungo, ma non quello intellettuale: perfino quando gli ho chiesto di scegliere alcuni simboli da attaccare hanno pensato agli stessi luoghi che io avevo scritto, come i palazzi del potere o le multinazionali". Molto importante è stata anche la messa in scena, che a detta di Bertrand Bonello è l'elemento che ha richiesto più lavoro. "Il film è diviso in tre atti, e in tutti e tre il modo in cui il tutto viene messo in scena è fondamentale e molto diverso: nella prima parte sono importanti i movimenti di macchina, la concentrazione su gesti e motivazioni, e ho voluto accompagnare i ragazzi come se fosse una sorta di balletto. nel secondo atto invece loro entrano nel magazzino e il tempo si ferma, quindi il mio intento era raffigurare l'attesa in cui non succede niente. Infine la parte finale, in cui mi interessava rappresentare l'assalto visto dalla parte del personaggi, come se chi attacca non fosse altro che un'ombra nascosta. Per questo ho scelto il grande magazzino, perché rappresenta perfettamente l'idea di caos nella testa dei giovani, la confusione totale delle ideologie e il senso di smarrimento. Il magazzino per me è la creazione di un mondo perfetto all'interno di un mondo imperfetto".