Bernardo Bertolucci: quando il cinema è sogno, desiderio, rivoluzione

Bernardo Bertolucci, scomparso a 77 anni, ha raccontato le contraddizioni del nostro tempo attraverso personaggi inquieti, tormentati e travolti dalle proprie passioni.

L'unica realtà è davanti alla macchina da presa. Ogni film che faccio per me è un po' un ritorno alla poesia, o perlomeno un tentativo di creare una poesia.

Bernardo Bertolucci
Bernardo Bertolucci

La poesia e la realtà sono due degli estremi entro i quali gravita il cinema di Bernardo Bertolucci: un cinema liberissimo, refrattario a regole e convenzioni, in cui si affastellano le suggestioni e gli spunti più diversi. E così il mondo interiore, regno dell'immaginazione, dei sogni e della psiche, nei suoi film arriva invariabilmente a collidere a collidere con la realtà: quella realtà a cui Bertolucci dichiarava di dover "lasciare la porta aperta", affinché il suo odore contagiasse l'opera e l'arricchisse, spesso in maniere inaspettate.

La poesia, del resto, doveva essere inscritta nel codice genetico di Bernardo Bertolucci, figlio di uno dei più importanti poeti italiani del Novecento, Attilio Bertolucci. La realtà, la sua irruzione selvaggia e disinibita nel cinema, l'aveva osservata invece fin da quando, non ancora ventenne, assisteva Pier Paolo Pasolini sul set del folgorante esordio del poeta bolognese, Accattone. Ed è lo stesso Pasolini a firmare insieme a lui il film che, nel 1962, segna il debutto dietro la macchina da presa di un Bertolucci ancora giovanissimo: La commare secca, noir ambientato nelle borgate della Roma popolare e primo tassello di uno dei percorsi cinematografici più straordinari dell'ultimo mezzo secolo. Un percorso che, in occasione della scomparsa del cineasta di Parma, proviamo a rievocare ripercorrendo alcuni degli elementi-chiave che legano tra loro i film di Bertolucci.

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Sognando la rivoluzione

Prima Della Rivoluzione
Prima della rivoluzione

L'Italia degli anni Sessanta, il rifiuto del modello borghese, l'utopia comunista e infine la svolta del Sessantotto. Almeno in parte, forse, anche per l'influenza di Pasolini, la prima fase del cinema di Bernardo Bertolucci è profondamente radicata nel proprio tempo e nel proprio contesto storico: film quali Prima della rivoluzione e Partner adottano l'ottica privata dei personaggi per descrivere i mutamenti sociali, gli ideali delle nuove generazioni, la riflessione politica e le tendenze al ribellismo. Sul piano stilistico e narrativo, l'evidente modello di riferimento del giovane Bertolucci è il cinema della Nouvelle Vague, in particolare Jean-Luc Godard, uno dei suoi numi tutelari: quello stesso cinema a cui, quattro decenni più tardi, il regista renderà un omaggio esplicito e appassionato con il sensuale The Dreamers - I sognatori - che potete rivedere su InfinityTV - una rievocazione del Sessantotto parigino, ma anche dell'amore viscerale per la settima arte, chiave di (ri)lettura dell'esistenza. Al fallimento della classe borghese e alla crisi dei suoi valori Bertolucci dedicherà invece uno dei suoi film più amari, La tragedia di un uomo ridicolo, interpretato da un magistrale Ugo Tognazzi.

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The Dreamers I Sognatori Film
The Dreamers

L'Italia conformista tra fascismo e antifascismo

Il Conformista
Il conformista

Nel 1970, Bernardo Bertolucci realizza in contemporanea due pellicole basate entrambe sulle opere di due dei massimi scrittori del ventesimo secolo. Nato come una produzione televisiva della Rai, La strategia del ragno si ispira a un racconto di Jorge Luis Borges, Tema del traditore e dell'eroe, per osservare con sguardo demistificante il mito dell'antifascismo, demolito mediante un dramma che adotta la struttura del giallo e del noir e, soprattutto, che recupera uno dei temi centrali della poetica del regista, il rapporto fra le generazioni. Il meccanismo del noir spionistico è anche quello alla radice de Il conformista, magnifico adattamento dell'omonimo romanzo di Alberto Moravia, in cui il volto pervaso di inquietudine del Marcello Clerici di Jean-Louis Trintignant, ingaggiato dal regime fascista per compiere un delitto politico, diventa la maschera ambigua del conformismo italiano e delle sue meschinità morali. La parabola del Marcello de Il conformista, messa in scena attraverso i superbi giochi di luci, di ombre e di colori del direttore della fotografia Vittorio Storaro (fedelissimo collaboratore di Bertolucci), crea un intreccio fra dimensione storica e privata che sarà ripetuto, sei anni più tardi, nell'ambizioso dittico Novecento.

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L'uomo e la Storia, dall'Italia alla Cina

Novecento
Novecento

Uscito nel 1976 in due parti distinte e con un ampio cast internazionale, Novecento costituisce un colossale affresco dell'Italia dall'età giolittiana al ventennio fascista, fino alla Resistenza e alla Liberazione, mediante le vicende di Alfredo Berlinghieri (Robert De Niro), membro di una famiglia di latifondisti delle campagne emiliane, e Olmo Dalcò (Gérard Depardieu), figlio di contadini. Così come Il conformista pure Novecento, seppure con un tocco meno raffinato, punta a raccontare la Storia adottando una prospettiva individuale, sostituendo però ai codici del thriller di spionaggio quelli del grande melodramma familiare.

Lultimo Imperatore
L'ultimo Imperatore
The Last Emperor
L'ultimo Imperatore

L'impianto epico e spettacolare di Novecento sarà replicato un decennio più tardi, nel 1987, in uno dei più fortunati capolavori di Bernardo Bertolucci: L'ultimo Imperatore, affascinante ritratto di Pu Yi (John Lone), ultimo erede di un Impero millenario, nonché il testimone privilegiato del tramonto di un'epoca storia e del collasso di un intero sistema politico e culturale. Le crudeltà della Storia, i suoi orrori e i suoi atti di violenza, dalla Seconda Guerra Mondiale alla Rivoluzione Culturale del 1966, sono rivissuti con gli occhi di un uomo sconfitto in partenza e condannato a un'inesorabile solitudine. L'ultimo Imperatore si rivela un trionfo di portata mondiale e conquista nove premi Oscar, tra cui il trofeo come miglior film e due statuette a Bertolucci per la regia e la sceneggiatura.

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Assedi amorosi: il tango fra Eros e Thanatos

Maria Schneider accanto a Marlon Brando nel cult Ultimo tango a Parigi di Berbardo Bertolucci
Maria Schneider accanto a Marlon Brando nel cult Ultimo tango a Parigi di Berbardo Bertolucci

L'Eros: da un lato istinto vitalistico, suprema manifestazione di una carnalità gioiosa, del sopravvento dell'impero dei sensi sul dominio della ragione; dall'altro un impulso fatalmente correlato alla pulsione di morte, l'estremo tentativo di sottrarsi allo spettro del dolore e della solitudine tuffandosi in un vortice autodistruttivo. Eros e Thanatos, declinati secondo gli archetipi della cultura classica o della psicanalisi, sono i due poli attorno ai quali si sono sviluppati capitoli fondamentali del cinema di Bernardo Bertolucci: a partire da Ultimo tango a Parigi, clamoroso film-scandalo che nel 1972 scatena le ire della censura cattolica e conduce il regista in tribunale, ma in compenso ottiene un gigantesco successo di pubblico in tutto il mondo (America inclusa) e vale a Bertolucci la nomination all'Oscar per la miglior regia.

La Luna
Jill Clayburgh ne La luna
The Dreamers
The Dreamers

Autentica pietra miliare, con Marlon Brando in uno dei suoi migliori ruoli di sempre nella parte del maturo Paul, travolto dall'attrazione per la ventenne Jeanne di Maria Schneider, Ultimo tango a Parigi rimane il film più celebre e influente nella carriera del regista. Un erotismo meno esplicito ma altrettanto problematico è quello che percorre La luna, gioiello seminascosto nella filmografia di Bertolucci, con una splendida Jill Clayburgh nella parte di Caterina Silveri, cantante lirica divisa fra il dolore per la perdita del compagno e l'angoscia per il figlio adolescente Joe (Matthew Barry). Se ne L'assedio il desiderio è invece trattenuto, e sublimato nel tòpos della "prova d'amore", è una sensualità esplosiva e senza regole, al contrario, quella che lega il triangolo composto dall'americano Matthew (Michael Pitt) e dai gemelli parigini Isabelle (Eva Green) e Théo (Louis Garrel) in The Dreamers, fra pulsioni incestuose e conturbanti giochi erotici.

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Io e te, ballando da soli: crescere, amare, morire

Piccolo Buddha
Piccolo Buddha

Se The Dreamers traccia una sorta di educazione sentimentale, ma anche culturale (mediante l'oggetto di venerazione per eccellenza, il cinema) e politica per il ventenne Matthew, nel cinema di Bernardo Bertolucci non mancano altri esempi di racconti di formazione costruiti attorno a personaggi impegnati nella scoperta di se stessi. Una scoperta che può consistere nell'immersione in tradizioni millenarie e in un nuovo approccio alla religione e alla spiritualità, come in Piccolo Buddha; o nel primo contatto con l'amore e la morte sperimentato in Io ballo da sola dalla diciannovenne americana Lucy Armon (Liv Tyler) nell'idillio della campagna toscana, fra musica classica e jazz d'annata, Billie Holiday, Cocteau Twins, Jimi Hendrix, Stevie Wonder e Mazzy Star.

Stealing Beauty
Io ballo da sola
The Sheltering Sky
Il tè nel deserto

Ma Bertolucci ha saputo mettere in scena pure la solitudine: quella in cui si rinchiudono i due fratelli del claustrofobico Io e te, l'ultimo film di Bertolucci, tratto dal libro di Niccolò Ammaniti, e quella a cui si abbandona la viaggiatrice Kit Moresby, interpretata da una magnetica Debra Winger ne Il tè nel deserto, dal romanzo di Paul Bowles (anche questo disponibile su InfinityTV ). Costretta a confrontarsi con l'amore, con la follia e con la morte, indispensabile al suo percorso di rinascita, Kit è un altro fra i personaggi memorabili a cui Bertolucci ha dato vita sul grande schermo: arditi, inquieti, pronti a farsi travolgere dal turbine delle passioni... a precipitare fino in fondo all'abisso, ma con forza sufficiente per risalire in superficie e sollevare lo sguardo verso lo sheltering sky.