Cosa succede quando un ex musicista depresso incontra una donna in crisi? In una classica commedia hollywoodiana sarebbe d'obbligo il lieto fine, ma nel delizioso film di Pierre Salvadori, In the Courtyard, presentato al 64.mo Festival di Berlino nella sezione Berlinale Special e in prossima uscita italiana grazie a Good Films, nulla è prevedibile; Catherine Deneuve e Gustave de Kervern sono capaci di farci sussultare ed emozionare anche nei panni di due personaggi disillusi dalla vita e venati di malinconia. Li abbiamo incontrati in conferenza stampa e ci hanno confermato quanto visto sullo schermo: lavorare al film di Salvadori è stata davvero un'esperienza fuori dal comune.
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Signora Deneuve, torna a Berlino a un anno di distanza dalla sua partecipazione in concorso. C'è un legame particolare con questa città? Catherine Deneuve: Posso solo dire che quando un mio film viene scelto per essere presentato alla Berlinale è uno dei più grandi riconoscimenti al mio lavoro di attrice e mi commuove. E' una sensazione ancora più forte legata a questo film. Però, se devo essere sincera vorrei venire in città in estate, insomma vorrei avere più tempo a disposizione per vederne le bellezze, che sono tantissime.
Il film si regge su un miracoloso equilibrio... Pierre Salvadori: Torniamo al discorso dell'armonia narrativa. Volevo concentrarmi sulle emozioni incarnate da questi personaggi, che sono delle figure dolorose; Antoine, ovvero Gustave, ha lasciato la musica, Mathilde, ovvero Catherine, è impegnata in beneficenza, ma è terrorizzata dal mondo. Sono due personaggi diversi, che non sono protetti, né da un plot né da un genere, per così dire. Tra loro esiste un'empatia così forte che trasforma il film in una fiaba, perché grazie all'intervento di Antoine, Mathilde torna a prendere il suo posto nel mondo.
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Sì, al personaggio femminile di un racconto di Cechov, di cui putroppo non ricordo più il nome; la protagonista è una giovane sposa che si sveglia nel cuore della notte e voltandosi verso il marito che dorme tranquillamente lo vede improvvisamente cambiato. Mi interessava rappresentare questa sensazione.
Il film è ambientato in parte nel cortile che dà il titolo alla pellicola, ha per lei un valore particolare questo spazio?
Certo, esso è emblematico è la metafora della società ed è anche, se vogliamo, una struttura teatrale.
Signor Kervern, il suo personaggio possiede una dote rara, sa ascoltare le persone... Gustave de Kervern: E' vero, la società di oggi non ha dimestichezza con la solidarietà, Antoine ha empatia. È un orecchio che ascolta.