Ieri l'area che circonda il Berlinale Palast era un cantiere innevato, ma oggi il sole battezza la 65° edizione del Festival di Berlino che si apre all'insegna dell'avventura al femminile con l'epico Nobody Wants the Night di Isabel Coixet. Un festival che scommette sulle donne, sui grandi maestri e sui diritti civili, ammiccando al tempo stesso ai giovani a cavallo tra fiabe romantiche ed erotismo. Ma soprattutto un festival che valorizza il proprio cinema ospitando gli ultimi lavori di due autori del calibro di Wim Wenders e Werner Herzog.
A guidare la giuria, alla sua seconda esperienza da Presidente, è il regista Darren Aronofsky il quale enuncia scherzosamente i suoi criteri. "Sappiamo che il nostro è un lavoro impegnativo, ma non ci lamentiamo. Dovremo vedere 19 film, alcuni da soli, alcuni col pubblico. E poi inizieremo a discuterne. Non ho letto niente, non so neppure quali sono i film in concorso. Ogni giorno sarà Natale. Non mi interessa la nazionalità dei film, ma i personaggi, il loro viaggio, la relazione dell'artista con le sue creature". Riguardo alla possibilità di scaramucce con gli altri giurati, il regista newyorkese aggiunge scherzosamente: "Non cercherò di impormi. La nostra è una giuria democratica. Le mie esperienze sono sempre state positive, non abbiamo mai litigato. Ci siamo riuniti e abbiamo discusso pacificamente, come faremo anche stavolta, anche se so che Bong Joon-ho è un po' polemico".
Audrey Tautou, la permalosa
A fianco di Aronofsky, la giurata più sbarazzina è Audrey Tautou. Capelli cortissimi, occhi sgranati, la protagonista de Il favoloso mondo di Amélie parla in un inglese incerto con un marcato accento francese ammonendo la stampa "Mi avete vista interpretare personaggi sempre molto dolci, ma io potrei diventare il membro più pazzo di questa giuria. La spontaneità per me è uno degli elementi più importanti in un'opera e la cercherò anche stavolta. Noi giurati abbiamo tutti sensibilità diverse, ma cercheremo di amalgamarci".
Pensando al compito ingrato dei giurati, quello di scegliere solo un vincitore a fronte di tanti partecipanti e alle critiche negative riservate spesso ai film, Audrey aggiunge: "Non ho smesso di fumare, ma ho smesso di leggere le recensioni quindi non ricordo più cosa significa ricevere una recensione negativa. Però voglio chiarire che noi giurati non votiamo contro qualcosa, ma a favore di qualcosa. Cercheremo di premiare ciò che ci colpirà di più. Non credo che questo debba essere per forza un processo doloroso". Le fa eco Aronofsky: "Io invece ricordo bene il trauma di fronte alle recensioni negative. I film sono soggettivi, io ho partecipato al concorso varie volte perciò conosco entrambi i lati della barricata. Eviteremo i cliché e cercheremo i film che ci diano qualcosa. Il giudizio è soggettivo. Il bello dei film che partecipano ai festival è che ottengono un'attenzione speciale. Dopo il Leone d'oro, The Wrestler ha ottenuto un'enorme attenzione. Quando un film vince è perché si trova al posto giusto nel momento giusto".
La Berlinale tra serie tv e amarcord
Vincitrice dell'Orso d'oro nel 2009 con Il canto di Paloma, la giurata Claudia Llosa, giovane regista peruviana, sembra particolarmente felice dell'esperienza che sta per intraprendere e ricorda l'emozione della vittoria a Berlino: "Cinque anni fa non mi aspettavo di essere in concorso. La vittoria è uno dei miei ricordi più belli. E' stato molto importante, non solo per me, ma anche per il mio paese. E' molto positivo ciò che sta accadendo al cinema sudamericano negli ultimi anni. Il supporto al sistema è cambiato, i giovani vengono incoraggiati e sono emerse tante voci. Credo che per i piccoli film sia essenziale essere mostrati nei festival altrimenti non ne parlerebbe nessuno".
Oltre a giurati più strettamente legati alla settima arte, quest'anno il direttore della berlinale Dieter Kosslick ha deciso di 'aprire' a un esperto di televisione come il creatore di Mad Men Matthew Weiner, il quale riflette proprio sulla scelta di aprire il festival alla serialità televisiva: "Quando mi hanno chiamato, mi sono sentito molto emozionato e anche un po' nervoso. Non vedo l'ora di vedere tutti i film. Non daremo un giudizio commerciale, ma artistico. Non mi sento estraneo al mondo del cinema. Quello delle serie TV è un linguaggio specifico, ma universale, tutti ne godiamo, si è creato uno spazio creativo grazie a cui le opere si diffondono in tutto il mondo. Il linguaggio televisivo stimola la creatività e oggi la tv economicamente è più vantaggiosa per gli artisti che trovano finanziamenti e uno spazio in cui esprimersi liberamente".
La presentazione della giuria si chiude con un siparietto tra Darren Aronofsky e Dieter Kosslick. Mentre il regista di Noah ammonisce la stampa dichiarando di voler essere "il più cattivo possibile, anche se sarà difficile superare Bong Joon-ho che è più pazzo di me", viene messo in difficoltà quando gli viene chiesto quali sono i vincitori dell'Orso d'oro che più lo hanno ispirato. Aronofsky, dopo aver citato Wim Wenders e Cenerentola di Disney, esclama a voce alta: "Dieter, dov'è la mia lista di vincitori?" E Kosslick si affaccia nella sala conferenze in tuta di acetato per citare Terrence Malick e concludere tra le risate generali: "Non posso aiutarti oltre. Di vincitori ne conosco solo due!".