Si chiude col trionfo a sorpresa della Cina la Berlinale dei record. In un'annata in cui la competizione ufficiale ha regalato poche pellicole indimenticabili, ma il pubblico è aumentato facendo segnare la cifra di 330.000 biglietti venduti, un film ha messo d'accordo gli addetti ai lavori facendo battere i cuori anche dei più cinici. Mentre la critica scommetteva sull'immenso BoyHooddi Richard Linklater, presentato nell'ultima giornata del concorso, la giuria presieduta da James Shamus andava in direzione diversa. L'Orso d'oro va in Oriente a seguito di Black Coal, Thin Ice, sofisticato noir ambientato negli ipnotici paesaggi glaciali della Cina del nord, diretto da Diao Yi'nan. Linklater deve accontentarsi dell'Orso d'argento per la regia mentre festeggia a distanza Wes Anderson. Il suo Grand Budapest Hotel ha avuto l'onore di aprire la 64° Berlinale e oggi, dieci giorni dopo, conquista il Gran Premio della Giuria. Parla orientale anche il palmares degli attori. Il grintoso Liao Fan, protagonista di Black Coal, Thin Ice, vince l'Orso d'argento per la miglior interpretazione maschile confermando la passione della giuria per la pellicola, mentre la deliziosa Haru Kuroki protagonista di The Little House del maestro Yoji Yamada viene premiata come miglior attrice.
Scatta l'ilarità in sala stampa al momento dell'annuncio dell'Alfred Bauer Prize, premio all'opera più innovativa, provocatoriamente assegnato a Life of Riley di Alain Resnais, maestro 92enne il cui cinema conserva ancora immense qualità cinematografiche, ma di certo l'innovazione non è una di queste. Il bellissimo Stations of the Cross, potente riflessione sull'estremismo religioso, riceve il premio per la miglior sceneggiatura che va ai tedeschi Anna e Dietrich Brüggemann. Il film, giocando tra l'altro in casa, era tra i papabili per la vittoria, ma può festeggiare solo la conquista dell'Orso d'argento per lo script. L'Orso d'argento per il miglior contributo tecnico va a un altro film cinese: Blind Massage, premiato per la fotografia curata da Lou Ye. In un palmares così sbilanciato verso oriente segnaliamo, infine, una grande mancanza (a nostro avviso): il potentissimo '71, pellicola inglese che fornisce uno spaccato dei troubles irlandesi dal punto di vista di un soldato inglese. Il film, ingiustamente escluso, avrebbe meritato almeno un premio. Per fortuna il pubblico italiano lo potrà vedere presto in sala visto che, subito dopo l'anteprima berlinese, è stato acquistato da Good Films. Sentiamo dalla viva voce dei premiati i commenti a caldo sul sorprendente palmares. I primi a concedersi alla stampa sono Anna e Dietrich Bruggeman, autori di Stations of the Cross, i quali dichiarano: "Un orso per due. Come possiamo fare? Dovremo tagliarlo a metà. Ogni film viene realizzato in tre fase, la scrittura, le riprese e il montaggio. Nel nostro caso abbiamo fatto tutto in famiglia. Essendo fratello e sorella lavoriamo in team. Costruiamo il film, la struttura e i personaggi insieme. Abbiamo la stessa visione e lo stesso gusto, ma non sempre la pensiamo allo stesso modo. La nostra forza è che siamo complementari. Nel caso di Stations of the Cross abbiamo deciso di affrontare un film molto serio senza rinunciare ad alcuni momenti di ironia. Questo non ha snaturato la complessità della pellicola, anzi, ci ha aiutato a esplorare nuovi percorsi". Tocca poi alla migliore attrice, la dolce Haru Kuroki, che si presenta vestita col costume tradizionale giapponese e sembra realmente sorpresa per il premio ricevuto. "Sono davvero felice di aver vinto questo premio. Non riesco a esprimere a parole quello provo. Il film di Yamada è molto bello e non credo di aver avuto molto merito in questo. Io ho solo cercato di fare del mio meglio seguendo le indicazioni del regista. E' stato davvero istruttivo lavorare con Yamada. E' una persona deliziosa, si mantiene giovane e si pone sempre nuove sfide. Per me è un vero e proprio maestro. Credo di avere alcune somiglianze con il mio personaggio, Taki, anche se forse non sono così remissiva, ma credo che il suo sia il ritratto di una splendida donna giapponese". Richard Linklater fa buon viso a cattivo gioco e, nonostante il premio 'scippato', si dimostra rilassato: "Credo che questo film abbia a che fare col tempo. Segna la fine di qualcosa, ma non saprei esattamente cosa. Per me i film riguardano solo lo storytelling. Io racconto storie e sono stato fortunato a poter raccontare quella di Boyhood. Mi sento fortunato a poter essere qui a Berlino in questo momento. E' un onore per me, per il film e per tutte le persone che hanno lavorato con me. I miei attori mi hanno seguito per tanti anni. Non avrei potuto mettere sotto contratto la loro disponibilità per un tempo così lungo, ma questo è un film che nasce sulla fiducia e sulla speranza. Sentivo che eravamo sulla strada giusta e che eravamo le persone giuste per fare qualcosa di simile. Da Ethan Hawke ho compreso come funziona la vita di un artista. Ethan è una persona molto seria che scrive libri, fa teatro, fa cinema. Ha un sacco di impegni, ma mi ha dedicato il suo tempo ed è una persona davvero talentuosa. Non sono sicuro che ne sia davvero consapevole. Forse lo capirà appieno quando sarà più vecchio. Non mi dispiace non aver vinto l'Orso d'oro. Non è per questo che faccio questo lavoro. Non mi sento in competizione con nessuno. Mi interessa solo fare bene il mio lavoro". A ritirare l'Alfred Bauer Prize al posto di Alain Resnais, bloccato in Francia da problemi alla schiena, è il suo interprete André Dussollier il quale spiega: "Alain è molto triste di non poter essere qui a ritirare il premio, ma è felice e onorato. A 92 anni di età continua a lavorare incessantemente e questo riconoscimento assume un grandissimo valore per lui. E' un premio fantastico e io sono orgoglioso di far parte di quest'opera. Girare con Alain è un'esperienza incredibile. Sul set c'è grande concentrazione, c'è un'atmosfera rilassata, ma è anche un'esperienza molto energica. Alain chiede a tutti di fornire il proprio contributo ed è molto attento alla sceneggiatura". Tocca infine ai cinesi Diao Yi'nan e Liao Fan, regista e interprete dell'Orso d'oro Black Coal, Thin Ice. Liao Fan dichiara: "Non so cosa mi aspetta il futuro. Quando giravo questo film ero concentrato sul lavoro e non posso che ringraziare il regista Diao Yinan per avermi offerto questo ruolo". Gli fa eco Diao Yinan: "Sono piuttosto sorpreso dal verdetto della giuria, ma il Festival di Berlino spesso produce risultati sorprendenti. Ho lavorato alla sceneggiatura per un anno realizzandone tre versioni diverse. Ci ho messo molto tempo e sono felice di questo risultato. Io e Liao ci siamo abbracciati perché per noi è un traguardo straordinario. In passato in Cina il cinema aveva un approccio realistico, poi è diventato più commerciale perciò si è creata una separazione tra industria e cinema artistico indipendente. Io non posso che ringraziare i registi che sono venuti prima di me perché mi hanno aiutato a coniugare questi due elementi. La dimensione indie mi ha permesso di avere la libertà necessaria per fare il film che volevo. Il cinema cinese è in evoluzione. I film occidentali, soprattutto europei, sono più maturi e forse hanno anche un pubblico più maturo, più pronto a comprendere anche i film difficili.".Berlino 2014: La parola ai premiati
L'Oriente conquista Berlino. Cina e Giappone si spartiscono i premi principali con l'America di Wes Anderson e Richard Linklater che segue a ruota.