Antonio è un padre di famiglia, un lavoratore onesto ma, come tanti uomini, anche un po' distratto: è solo grazie alle sollecitazioni di un amico che ricorda il proprio anniversario di matrimonio e, ritagliandosi un permesso dal lavoro, organizza una serata speciale per la moglie Diana. La quale, però, non è in vena di romanticherie: da troppo tempo nasconde la propria infelicità, cercando di negare a sè stessa la fine dell'amore con Antonio. Quella che doveva essere un'occasione di festa diventa quindi l'inizio di un incubo: Diana è finalmente risoluta nel volersi separare da un compagno troppo poco attento a lei e ai suoi bisogni, e gli avvocati, le spese di mantenimento e, soprattutto, la difficoltà nel vedere il figlio Andrea diventano presto una dolorosa quotidianità per Antonio, costretto ad abbandonare la casa, gli affetti e tutte le proprie certezze.
Quello dei padri separati è un tema difficile, molto spesso ignorato da chi non è protagonista di una realtà simile, e la Rai dimostra un certo coraggio nel metterlo al centro di queste miniserie in due puntate, che vede come protagonista il bravo Beppe Fiorello, qui a suo agio in un ruolo intenso, forte ancora una volta della propria sensibilità di attore, e Ana Caterina Morariu, nei panni di una moglie non certo indulgente. Insieme agli interpreti principali, abbiamo avuto modo di commentare la prima puntata della fiction insieme al direttore di Rai Fiction, Fabrizio del Noce, al regista Lodovico Gasparini, e agli sceneggiatori Francesco Asioli e Anna Maria Carli, nel corso di una conferenza stampa che offerto anche scampoli di dibattito.
Fabrizio Del Noce: Come sempre la famiglia Fiorello assicura un auditorio numeroso... Per RaiUno in particolare, poi, Beppe è un portafortuna: il rilancio della rete è stato anche merito del suo Salvo D'Acquisto, il cui successo non era affatto scontato. Insomma, con lui c'è stato l'inizio di questo trend positivo, la sua presenza è ormai sinonimo di risultati e anche per questo ho accettato con entusiasmo questo progetto. All'inizio la fiction era nata per essere una commedia, ma poi si è trasformata in una storia vera, o meglio in qualcosa che racchiude tante storie simili, e che continuano ad accadere. Quattro matrimoni su dieci in Italia finiscono con una separazione, e quindi il problema qui affrontato è quanto mai comune, tanto più perché aggravato dalle problematiche economiche che spesso anche famiglie del ceto medio si trovano a dover affrontare. La vicenda è stata sempre trattata con garbo, credo, anche grazie alla caratterizzazione psicologica realistica dei personaggi, evidente in special modo nelle loro reazioni alla perdita degli affetti, alla mancanza di dialogo. E' stata anche l'occasione per evidenziare, inoltre, i limiti della legislazione attuale, che non tiene in conto gli aspetti economici della separazione, così come la penalizzazione della figura paterna, che spesso, essendo tenuta al mantenimento della moglie e del figlio, non riesce più a condurre una vita dignitosa. Insomma è una fiction di grossa attualità, in cui credo molti possano identificarsi, ma che offre spunti di riflessioni a tutti. Non mancano nemmeno gli elementi di commedia: d'altronde, come diceva Oscar Wilde, c'è qualcosa di meschino nel guardare alle disgrazie altrui, ma ci sono anche tenerezza ed ironia, e per questo sono molto soddisfatto del lavoro svolto.
Ludovico, si potrebbe dire che "sarò sempre tuo padre", nonostante tutto, in un certo senso? Ci sembra che tu non abbia voluto tanto indagare le colpe della separazione, quanto quello che le fa seguito. Lodovico Gasparini: Questa prima puntata che abbiamo appena visto è una sorta di introduzione a quella che sarà la vera caduta in basso di Antonio, e quello che volevo fare io era raccontare il dolore di un padre che riceve di colpo la notizia della separazione, dopo che probabilmente aveva cercato di negare a se stesso l'esistenza di qualsivoglia problema. Non mi interessava capire chi dei due avesse ragione e chi avesse torto, ma mostrare quello che succede a una persona costretta a staccarsi dalla propria casa, la fragilità e la debolezza psicologica a cui va incontro. Volevo testimoniare questa discesa, ed è una sfida che io e Beppe abbiamo affrontato perché nel quadro generale della fiction italiana si sentiva il bisogno di denunciare l'esistenza di queste situazioni, di cui io so qualcosa, perché, pur in maniera completamente diversa, ho vissuto in prima persona una separazione.Beppe, ci ha colpito una tua frase in cui dichiaravi che, durante la lavorazione della fiction, tutti i giorni tornavi a casa e ti rendevi conto della fortuna che avevi, e pregavi che quello che stavi interpretando non dovesse mai accaderti. Beppe Fiorello: Si, più che altro è stato paradossale a causa del momento in cui abbiamo girato: io mi ero sposato solo da qualche mese, e quindi c'è stato uno scontro di emozioni e di sentimenti tra quelli che dovevo interpretare, quelli di un padre separato, e i miei, che ho una famiglia unita, e dei figli che posso vedere quando voglio. Vivevo costantemente con questa domanda: "ma io, cosa avrei fatto al posto di Antonio?", e si trattava di un lavoro a livello attoriale, ma anche prima avevamo lavorato molto sulla sceneggiatura. Io sentivo l'esigenza di rimanere il più possibile vicino al copione, agli sceneggiatori, per riuscire a fare mia questa storia, ad essere più credibile nell'interpretare la figura di questo padre di oggi, che è già molto diverso da quello che poteva essere un padre come il mio, magari più presente ma meno attivo; oggi invece un papà fa tutto, dal cambio dei pannolini all'accompagnare il figlio all'inizio di una carriera. Voglio solo aggiungere che questa è una delle tante storie che esistono, al centro della quale c'è un padre abbandonato, e abbiamo scelto di raccontare questa, come due anni fa avevo scelto di raccontare, attraverso un video, il dramma della violenza sulle donne di cui, come è giusto sottolineare, spessissimo è responsabile il partner. Questa esperienza è stata altrettanto interessante e ci tenevo moltissimo, come già diceva Lodovico, a far emergere questo tema: non voglio lanciare messaggi, ma semplicemente proporre una riflessione.
Ana, spezziamo quindi una lancia a favore delle donne, anche se il tuo è un personaggio a prima vista un po' duro? O forse avido? Ana Caterina Morariu: Non è assolutamente una donna avida, quanto una moglie e madre che non viene più considerata donna, e che quindi rivendica la propria indipendenza. Non lascia il marito per un altro, ma perché non riesce più a credere e nemmeno a sperare che qualcosa possa cambiare. Quando ti innamori tutto è bello, credi di poter fare tutto per la persona che ami, ma a volte l'amore si trasforma in routine, e non c'è una colpa da attribuire a una delle parti: c'è semplicemente il silenzio, il nulla.Rodolfo, sembra che l'aspetto più vicino alla commedia sia demandato al tuo personaggio. Come hai lavorato su di lui? Rodolfo Laganà: Sono molto contento di ciò, di aver potuto portare un po' di leggerezza anche in un argomento serio come questo. Intanto, io, per evitare il problema, non mi sono proprio sposato! Il mio ruolo è quello di regalare dei momenti teneri, che facciano sorridere, più che un umorismo da battuta: questa è la mia seconda esperienza in una fiction importante e devo dire che mi sono trovato molto bene, e ho amato da subito il mio personaggio, che è anche quello più disperato, quello che meglio conosce il sacrificio, ma che ha anche la chiave per sdrammatizzare tutto.
Qual è stata la genesi della storia? Francesco Asioli: Dobbiamo ancora una volta essere grati a internet, perché il soggetto della storia è nato dalla Legge 53, quella sull'affido condiviso. Abbiamo lavorato molto con la Casa dei Papà, che ai tempi esisteva solo a Bolzano, ed è stato difficile inserire un po' di tutte le quattrocento storie con cui siamo venuti in contatto: mi ricordo quella del maresciallo che si era incatenato davanti al Quirinale per protestare contro la legge che gli impediva di vedere il figlio, o anche il caso di quel padre che aveva combattuto tanto per un figlio che poi ha scoperto non essere biologicamente suo.
E' difficile simpatizzare con il personaggio di Diana: è stata una scelta voluta quella di renderla così aggressiva? Anna Maria Carli: Non è del tutto vero: qui abbiamo visto solo una puntata e per questo non si è potuta scoprire la natura completa del personaggio. Attraverso Diana volevamo rendere la perdita di identità molto spesso subita dalla donna, la sua confusione nello scegliere se rimanere incastrata nel suo ruolo, quello di moglie e madre perfetta che un po' tutti si aspettano che ogni donna impersoni, o, invece, assecondare il suo bisogno di un diverso tipo di amore. Non volevamo creare un personaggio cattivo, anzi io parteggio per lei: Diana cerca una sua dimensione, e le sue reazioni sono spesso dovute alla mancanza di comunicazione, alla perdita della propria identità.Stefania De Luca: Vorrei aggiungere che lavoriamo a questo progetto dal 2008, e al tempo in pochi erano a conoscenza del problema dei padri separati, quindi abbiamo colto un tema dal grande potenziale esplosivo. Sulla stessa Diana ci siamo posti molte domande, ma quando si sceglie di raccontare uno spaccato della realtà si deve scegliere anche una chiave di lettura, e cercare di seguirla, sempre cercando di dare voce a tutte le persone coinvolte. Quindi si, c'è l'amica che tifa per la separazione, ma anche il controcanto, quella che la esorta a ripensarci. Diana non è una persona cattiva, è semplicemente una donna che prende le proprie decisioni: ha "covato" i suoi problemi per anni, senza esprimerli, e quindi quando decide di agire la situazione le sfugge di mano, ma poi avrà un'evoluzione. E' un personaggio umano, e, per come la vedo io, portato avanti con molta serietà.
Ma ha senso fare questa guerra tra madri e padri? Beppe Fiorello: Per me è un grosso errore: allo stesso modo, poi, in tantissime fiction sono stati gli uomini ad essere dipinti come la parte negativa della coppia, addirittura come degli assassini a volte. Seguire questo punto di vista non vuol dire essersi dimenticati di tutti gli altri: ci sono donne abbandonate, uomini abbandonati, figli usati come baratto dalle parti. Quindi no, fare una guerra non ha senso.
Sei preoccupato per il confronto con tuo fratello, che sarà in onda sulla stessa rete un giorno prima di te? Beppe Fiorello: Diciamo che sarà un traino importante! Ovviamente c'è uno scalino enorme rispetto a quello che fa lui, e in più qui io rischio anche il pubblico femminile, quindi è un test ancora più importante. Io comunque lunedì sarò in studio da lui, e per me spero in una buona serata: io ho mirato al servizio pubblico, a portare alla luce un tema importante. A differenza di quanto detto da qualcuno all'ultimo festival della fiction, non è vero che in Italia la televisione non tratti temi importanti: io personalmente mi sono sentito chiamato in causa in questa critica, perché cerco di proporre storie, personaggi, fatti storici di rilievo, insomma di fare un servizio pubblico.Come commentate la scelta dei tribunali di affidare i figli, nella stragrande maggioranza dei casi, alla madre?
Gioia Spaziani: Io interpreto un'assistente sociale e per prepararmi al ruolo ho avuto modo di incontrare molte persone che lavorano in questo ambiente, e di approfondire questo tema che non conoscevo. Quindi trovo incomprensibile questa scelta, perché la parte esclusa dall'educazione dei figli soffre sempre molto, specialmente ora che la differenziazione dei ruoli tra madre e padre non è più così marcata: bisognerebbe scindere la coppia genitoriale da quella coniugale.
Anna Maria Carli: Ricordiamo che esiste la possibilità dell'affido condiviso, ma purtroppo è un'alternativa scarsamente applicata e che si dovrebbe, al contrario, rendere più effettiva.
Beppe Fiorello: Il problema è quello della mancanza di controllo, nel privato è sempre il più forte della coppia a vincere, e spesso anche ad usare il figlio come arma di ricatto.
Un commento di Dario Fiorica, che interpreta il piccolo Andrea?
Dario Fiorica: Io mi sono divertito tanto a girare questa fiction, e non vedo l'ora di vedere come è venuto il risultato finale.