Ben Affleck e i suoi segreti
Per chiunque si stesse domandando quale può essere il motivo per avventurarsi nella visione del nuovo film di Mike Binder, la risposta più sensata rimane la seguente: Rebecca Romjin. Alla bellissima modella ed attrice, che col divorzio da John Stamos ha perso per strada uno dei cognomi con cui si è fatta conoscere, non fa certo difetto il fascino, persino aumentato col passare degli anni. Peccato soltanto che il protagonista de Il diario di Jack sia Ben Affleck. Con la sua espressione ammiccante fino allo sfinimento, il divo americano si vede cucita addosso una commedia stiracchiata, fondamentalmente insipida, che nonostante i tentativi degli autori di movimentare la trama regala un numero assai limitato di emozioni; tutto a ridosso delle disavventure cui va incontro Jack Giamoro, personaggio al centro di vicissitudini private e professionali non sempre esaltanti. Siamo comunque nei paraggi del "self made man", da riproporre al pubblico americano e non senza che gli aspetti più vulnerabili del soggetto in questione ne escano minimizzati, ma insistendo al contempo sulla sua capacità di rigenerarsi proprio nelle difficoltà.
Jack Giamoro è un giovane attraente, con una carriera lanciata, ed una moglie adorabile che per giunta continua ad amarlo nonostante il suo maniacale attaccamento al lavoro; un lavoro molto particolare, considerando che Jack dirige una piccola società in cui lui e i colleghi fanno da agenti per scrittori di successo, specialmente coloro che risultano inseriti nella produzione cinematografica e televisiva. Sarà perché la sua vita procede ordinata, apparentemente senza grossi scossoni, ma Jack dietro il sorriso sempre in tiro e rassicurante nasconde un'aria annoiata; e sarà perché stare sempre a contatto con scrittori e sceneggiatori ha acceso in lui la lampadina, fatto sta che Jack si ritrova coinvolto in uno strano corso, la cui terapia consiste nel tenere un diario. Nessuno, però, potrebbe immaginare quanti rischi, sia a livello privato che per la sua agenzia, possano scaturire dalla sparizione di quel diario... Il film, scritto e diretto da Mike Binder, prova a scavare nel colossale ego di un protagonista decisamente pieno di sé, facendone uscire fuori le contraddizioni e tentando parimenti di mettere a fuoco, attraverso i cliché della commedia brillante, i meccanismi che possono regolare i rapporti all'interno di un'impresa di successo, con un gruppo piuttosto solidale di yuppies rampanti e determinati al timone. Il problema è che entrambe le operazioni procedono in modo farraginoso, indebolite da uno script che scivola in troppi luoghi comuni, a partire dai tempi dell'inevitabile crisi coniugale del personaggio di Ben Affleck.
In più, si potrebbe sindacare sul già visto anche a proposito della rappresentazione logora di certi ambienti, quelli in cui gente arrivata e col portafoglio gonfio trascorre gran parte del proprio tempo: dagli uffici moderni e asettici alle ville con piscina dotate di ogni comfort, l'umanità che popola Il diario di Jack vede ridimensionati i propri drammi personali, a beneficio di considerazioni che verrebbe spontaneo fare, se solo si lavorasse per il fisco. A parte lo scarso interesse suscitato dal soggetto e dall'ambientazione, si può imputare alla pellicola di Mike Binder una regia trasandata, che tenta di vivacizzare sequenze di modesto appeal con un uso spesso scriteriato e comunque ripetitivo dello splitscreen. Ma sdoppiare o triplicare l'immagine dei protagonisti non serve a renderceli più simpatici. Con un paio di eccezioni da rilevare, almeno per quanto riguarda il carisma degli interpreti: detto in apertura quanto sia seducente, anche qui, Rebecca Romjin, merita una segnalazione il reclutamento di John Cleese nei panni del Dottor Primkin, titolare del corso su come si tiene un diario. Al grande attore, ex Monty Python, spettano senz'altro i minuti più divertenti del film.