La storia della Reggia di Carditello non è molto nota al di fuori della Campania. Sontuosa residenza borbonica nei pressi di Caserta, abbandonata a se stessa e depredata in decenni di scorrerie, la reggia è finita casualmente al centro del nuovo documentario di Pietro Marcello, Bella e perduta, unico film italiano in concorso a Locarno 68. La ragione per cui questo luogo d'arte e storia ha acquistato peso cinematografico è a causa del suo custode, Tommaso Cestrone, noto come 'l'angelo di Carditello', morto improvvisamente la notte di Natale del 2013.
"In un primo tempo Bella e perduta doveva essere un film a episodi sull'Italia" spiega Pietro Marcello. "All'inizio dovevamo lavorare su un racconto di Piovene. Dopo aver concluso l'episodio di Carditello, avevamo iniziato a girare un'altra parte dedicata a un pastore del Lazio, ma quando Tommaso è morto abbiamo scelto di restare lì e trasformare il film in una fiaba contemporanea. Lo dovevamo alla sua memoria".
Tommaso Cestrone, gestore di un'azienda agricola proprio di fronte alla reggia, si era assunto il compito di custodire e occuparsi della manutenzione dell'edificio volontariamente per proteggerne la memoria. Anche se il film non ne fa cenno, la sua morte è avvolta nel mistero. Racconta lo sceneggiatore Maurizio Braucci: "Tommaso è morto la sera di Natale, il giorno prima dell'acquisizione della reggia. Non è stata fatta l'autopsia, non serviva visto che è morto d'infarto, ma pare che qualcosa possa averlo spaventato. Non dimentichiamo che la reggia era luogo di latitanza di criminali, e lui si era sempre opposto".
Pulcinella ecologico
Pietro Marcello racconta con passione gli eventi legati alla sua terra, ma il suo cinema sceglie la via dell'astrazione e della fiaba. Bella e perduta mostra solo in parte la figura di Tommaso per poi intraprendere un lungo viaggio nella terra dei fuochi accompagnando due insoliti protagonisti, Pulcinella e un bufalo parlante che ha la voce di Elio Germano. Come spiega Maurizio Braucci "Tommaso allevava bestiame, salvava i bufali e li portava nella reggia per farli crescere. La realtà si è fusa con la fiaba, così abbiamo deciso di dar voce a un bufalo per raccontare la storia della morte e della 'resurrezione' di Tommaso".
Come spiega Sergio Vitolo, il non attore che interpreta Pulcinella, la presenza della celebre maschera partenopea nel film è qualcosa di profondamente radicato nel territorio: "I campani se lo tengono dentro Pulcinella. Io e Pietro ci conosciamo da vent'anni, ma io nella vita faccio il fabbro. Pietro mi ha voluto per il film, ha insistito tanto e alla fine ho accettato". "Il problema era trovare un attore che si portasse in giro un bufalo da cento chili e sapevo che tu eri la persona giusta" gli risponde Marcello, aggiungendo che, oltre alla funzione mitologica di traghettatore dei morti (Pulcinella in origine nasce dal lenzuolo con cui veniva avvolto il cadavere e la maschera nera serviva a coprire il volto del morto), c'è una ragione autobiografica per cui ha inserito la maschera nel film. "Sono cresciuto nei pressi della Reggia di Caserta. Da piccolo, nel mio palazzo viveva un uomo che si travestiva da Pulcinella e girava per la città vivendo dell'elemosina che raccoglieva. Era un personaggio molto triste, viveva in una soffitta da solo. Una volta lo vidi senza maschera per le scale e ho voluto inserire quel ricordo nel film".
La speranza di una rinascita
Opera poetico-fiabesca, Bella e perduta uscirà in sala a fine ottobre distribuita da Cinecittà Luce. Il film, girato in 16 mm con un budget di 400 euro usando pellicola scaduta per abbattere i costi, nasce da un misto di scrittura e improvvisazione. In un mercato ipertrofico invaso da comic movie, blockbuster e commedie, non sarà facile per una pellicola artistica come questa trovare spazio. Pietro Marcello, però, non se ne preoccupa e confessa: "La nostra società si chiama Avventurosa. Lo spirito d'avventura, nel cinema, è necessario, ma il cinema è soprattutto forma. Io ho scelto di fare film perché è un lavoro che amo. Quando preparo un film, non penso al pubblico. La tv italiana, che era una delle migliori, è stata rovinata, ma credo che l'importante sia educare gli spettatori a cercare la qualità. E' un problema della distribuzione cercare di far vedere il film nella maniera più ampia possibile".
In questa dimensione sospesa tra fiaba e mito atavico, tra Pulcinella giramondo, bufali parlanti e pastori che declamano D'Annunzio, a un certo punto irrompe la realtà. Pietro Marcello ha scelto di inserire nel suo documentario frammenti di manifestazioni degli abitanti della terra dei fuochi che aprono uno spaccato politico. "Raccontando il mio territorio, non si poteva fare a meno di fare riferimento alla situazione attuale. I materiali sulla terra dei fuochi, in origine, erano molti di più. Abbiamo scelto di partire dalla realtà per poi trasporla. Alla fine del film Pulcinella si toglie la maschera perché diventa un pastore reale, consapevole, ma anche così il mio resta un film pastorale. Il paesaggio italiano è stato disegnato da un mondo contadino, questa è la bellezza che rischia di andare perduta. La Reggia di Carditello è bella e perduta, ma la natura si rigenera quindi c'è sempre speranza". In realtà anche per la reggia c'è ancora speranza, visto che il Ministro Bray è riuscito a far sì che il MiBACT acquistasse l'edificio per cui ora si attende una riapertura. "Negli ultimi anni la reggia è stata depredata, sono state portate via molte parti ed è stata abbandonata. Gli affreschi sono stati deturpati. Questo fa capire che cos'è il nostro paese" commenta Pietro Marcello con una punta di amarezza. Un futuro radioso attende, invece, il bufalo co-protagonista del film: "Nella filiera produttiva oggi i bufali maschi non servono più perché viene usata l'inseminazione artificiale. Il loro destino è la morte, ma il nostro bufalo ha ottenuto un vitalizio. Grazie al film, avrà una vita dignitosa".